Siamo negli ultimi anni dell'Ottocento, in alta Val Chisone. Mentoulles era ancora un Comune autonomo (oggi accorpato a Fenestrelle) e molti abitati erano protetti dal pericolo portato dalle valanghe o da smottamenti, grazie a porzioni di territorio lasciate a bosco e minuziosamente regolamentate: erano chiamate serve (selve), bandite, boschi di protezione a secondo del periodo e dei documenti. Possiamo immaginare, dunque, quale reazione suscitò la decisione del Comune di Mentoulles - riportata sui giornali dell'epoca - di vendere all'asta «una parte della stupenda e famosa foresta di Chambons». La Lanterna Pinerolese, giornale dell'epoca, il 5 novembre 1898 rende noto che il Comune «ha fatto i conti senza l'oste, cioè senza gli abitanti di quella frazione, i quali son decisi ad opporsi, con qualunque mezzo, al taglio di quelle piante secolari, che li hanno fin qui salvati dalle valanghe: meglio morire in galera – dicono essi - che sotto le valanghe!».
La rivolta delle donne
Oltre sessanta donne si radunarono e salirono verso la foresta: «Di là, protette dalla nebbia fittissima, che le rendeva invisibili, si diedero a far rotolare numerosi e grossi macigni giù per la china. Le autorità mandarono allora un consigliere della borgata a parlamentare, ma le donne lo accolsero a sassate ed egli dovette retrocedere. Intanto gli operai, visto il pericolo, se la diedero a gambe e non ripresero più il lavoro in tutta la giornata. Gli ufficiali ed agenti della forza pubblica, dando prova di una longanimità ammirevole, discesero in paese senza reagire, evitando una repressione, che avrebbe potuto produrre sanguinose conseguenze. Per prevenire però che il fatto si ripetesse, stamane prima dell'alba si fecero occupare dagli agenti, alla chetichella, tutti i posti dominanti e custodire i passaggi. Per fortuna nulla più avvenne. (...) La Commissione mandata a Pinerolo ritornò ieri sera colla decisione di adire la via giudiziaria promuovendo ciò che i legali chiamano l'azione di danno temuto».
Dopo la ribellione
Seguì un periodo di calma apparente dove le azioni vennero sostituite dalla polemica verbale. Alcuni insinuarono il sospetto della speculazione privata, altri arrivarono a chiamare in causa persino il sacerdote locale: «Al vicario, che aveva predicato la calma e la sottomissione al volere delle autorità amministrative, un Ciambonese, che non ha peli sulla lingua, osservò: Già a lei, che non sta a Chambons, tornerebbe conto che noi si restasse in molti sotto le valanghe; così avrebbe una bella provvista di sepolture e di messe assicurate!». Altri, invece, intervennero nel dibattito per proporre soluzioni o evidenziare problematiche. Uno dei temuti pericoli, ad esempio, era il vento. Se si fosse proceduto al taglio, la foresta non si sarebbe più opposta in modo uniforme alla violenza delle raffiche con il conseguente aumento dei rischi di schianti e rotture. Altri, per ovviare al pericolo delle valanghe, proponevano la costruzione di un muraglione a sperone come quello realizzato nella vicina Pequerel. Altri ancora chiedevano di tagliare solo le piante vecchie, senza compromettere la sicurezza del paese.
La procedura giudiziaria
Il 14 aprile 1899 cominciò il processo presso il tribunale di Pinerolo. Erano coinvolti otto uomini e tredici donne. Nell'aula gli imputati occupavano due lunghe panche: giovani e vecchi di entrambi i sessi. Alcune donne tenevano i loro bambini in braccio, taluni anziani non sapevano spiegarsi che nel loro dialetto, mettendo a dura prova la pazienza del Presidente del Tribunale. Il loro aspetto suscitava in tutti una favorevole impressione. Era evidente che non si trattava di delinquenti. Fra i citati, c'era pure la maestra che, chiusa la scuola, secondo l'accusa, aveva invitato gli alunni a portarsi sul monte a fianco degli adulti. Nel pomeriggio vennero sentiti i testimoni tra cui il delegato di Pubblica Sicurezza e i Reali Carabinieri. Tutti, inaspettatamente, erano concordi nel ricordare la presenza della nebbia, di conseguenza non era stato possibile riconoscere nessuno. Venne individuata solo una donna che, all'epoca dei fatti, si era gettata a terra fingendosi morta. Gli avvocati difensori si affrettarono a presentare una dichiarazione medica nella quale si affermava che la donna in questione era affetta da accessi isterici. La vicenda giudiziaria si concluse automaticamente con l'emanazione di un Regio Decreto che, dopo aver considerato i vari soggetti coinvolti, così sanciva: «È accolto il ricorso 9 giugno 1898 delli abitanti della borgata di Chambons contro la decisione della Giunta Provinciale Amministrativa di Torino del 23 dicembre 1897, e conseguentemente resta annullata la decisione medesima, che approva le deliberazioni del Consiglio Comunale di Mentoulles pel taglio del bosco Reynaud. Il Ministro proponente è incaricato della esecuzione del presente Decreto, che sarà registrato alla Corte dei Conti».
Tutto è bene, ciò che finisce bene...
Il bosco verrà in seguito fatto oggetto di alcuni interventi gestionali. A ricordo di quei fatti rimase una canzone. Nel testo si narravano le avventure delle donne di Chambons che erano salite in montagna per salvare la loro selva da un imminente taglio.
Oggi è stato attrezzato un sentiero escursionistico che consente di immergersi in un paesaggio storico-naturalistico di grande rilievo, itinerario che conduce a un larice secolare di imponenti dimensioni.
Per approfondimenti:
"La pacificazione di Chambons", articolo apparso su La Beidana, n. 90, novembre 2017, anno 33.
Per visitare i luoghi: