Il Pelobates fuscus insubricus è anche chiamato "Rospo della vanga" perché trascorre gran parte dell'anno sotto terra, in gallerie anche molto profonde, dalle quali esce solo per nutrirsi e riprodursi, che scava utilizzando uno specifico "attrezzo" (chiamato "tubercolo metatarsale") posto nelle zampe posteriori, come fosse una vera e propria vanga. Per difendersi dai predatori, che possono essere cornacchie, aironi, ma anche serpenti e ricci, gonfia il corpo per apparire più grosso e minaccioso, emette versi striduli e pure un caratteristico odore di aglio.
Questo piccolo animale (la femmina, più grande del maschio, raggiunge al massimo gli otto centimetri) è uno degli anfibi italiani più rari: è considerato in pericolo dalla Lista Rossa della IUCN e risulta specie prioritaria della Direttiva Habitat. Purtroppo rischia di estinguersi in tempi brevi perché gli ambienti nei quali vive si stanno riducendo giorno dopo giorno.
Il progetto LIFE INSUBRICUS comprende ben quattordici Siti Natura 2000 tra la Lombardia e il Piemonte, regioni alle quali appartengono la maggior parte dei siti dove la specie ancora sopravvive, è coordinato dal Parco Lombardo della Valle del Ticino e ha come partner l'Ente di gestione del Parco Paleontologico Astigiano, la Città Metropolitana di Torino, Eleade Società Cooperativa, Istituto Delta – Ecologia Applicata, il Parco Pineta Appiano Gentile-Tradate, l'Ente di gestione Aree protette del Ticino e Lago Maggiore e l'Ente di gestione delle Aree protette del Po torinese.
Presso quest'ultimo le attività iniziano il primo ottobre 2020 e termineranno il 31 dicembre 2026: fra le prime misure ci sarà la formazione di volontari e di "erpetologi (coloro che studiano rettili e anfibi) junior" che dovranno prendere parte ai lavori di monitoraggio e ripopolamento già dai primi mesi del prossimo anno, affiancando il personale tecnico specializzato ("erpetologi senior"). Essenziale per il successo dell'operazione sarà anche il sostegno della popolazione locale. In tal senso alcuni privati sono già d'accordo a mettere a disposizione dell'Ente-Parco i loro terreni per la ricostruzione degli habitat o per condividere buone pratiche.
Per approfondimenti:
Sito dell'Ente di gestione delle Aree protette del Po torinese