Comodamente seduto sul volo British Airways che mi riporta a Torino da Londra, dove ho partecipato all'Amphibian Mini-Summit organizzato dall'IUCN (l'Unione Mondiale per la Conservazione della Natura, associazione che studia
soluzioni pragmatiche per le sfide ambientali e di sviluppo più urgenti), penso preoccupato alle minacce che interessano la sopravvivenza delle oltre 6500 specie di anfibi note a livello mondiale. Fra le altre l'alterazione degli habitat, lo sfruttamento per l'alimentazione, la raccolta per il mercato terraristico internazionale. Per non parlare della funesta chitridiomicosi, il fungo che causa l'estinzione di intere specie! Drammatico: per la prima volta nella storia dell'umanità, un intera Classe di Vertebrati rischia l'estinzione!
Più o meno tutte le problematiche sopra enunciate sono note per il territorio italiano e piemontese, minacciando le nostre popolazioni e specie molto rare. Ma un aspetto di cui si ignora normalmente la portata e di cui viene spesso taciuto l'impatto è l'introduzione di anfibi esotici.
Attenzione agli alloctoni!
L'invasione di specie estranee provoca spesso danni ecologici. È raro che animali introdotti non arrechino sconquassi all'ambiente o alle specie indigene. Inutile parlare degli innumerevoli pesci, provenienti da ogni dove e che hanno reso i nostri fiumi un "brodo globale". O dei mammiferi "disneyani" introdotti qua e là: fra gli altri gli scoiattoli grigi che stanno diffondendosi un po' ovunque nella nostra pianura e addirittura in città, o le nutrie che scorrazzano un po' dappertutto le aree umide Piemonte (e non solo!).
Qui mi piace accennare a quelle specie di rane che, introdotte in Italia, stanno facendo fuori i loro cugini filogenetici. Come dire "rana mangia rana". Quasi da non crederci, davvero! Al momento attuale sono conosciute tre specie esotiche di rane sul territorio italiano: lo xenopo, presente in Sicilia, la rana toro e la rana verde dei Balcani, le ultime due diffuse anche in Piemonte.
Rana toro, l'invasore yankee
La rana toro (Lithobates catesbeianus) è il tipico invasore yankee, come il boccalone, il persico sole e la testuggine dalle orecchie rosse. Deve la sua fortuna in Italia (anche) ad annunci di alcune decine di anni fa, pubblicati su giornali "ameni": a fianco di strumenti miracolosi per spiare a raggi X le case e sotto gli indumenti altrui e a fantastiche scimmie di mare, reclamizzavano la possibilità di allevare, lucrosamente, le rane toro. Per essere poi vendute a ristoranti come prelibatezze. Le rane toro, importate sotto forma di girini e rilasciate per errore o per calcolo, hanno "rimpinguato" i nostri corsi d'acqua, ma non i ristoranti. La loro presenza in Piemonte è oramai conosciuta da anni. Sull'Altopiano di Poirino, nell'Astigiano e nell'Alessandrino adulti e girini di questa super-rana hanno colonizzato stagni e peschiere, mentre altrove la sua presenza è segnalata più sporadicamente. Stranamente non si sa un granché della rana toro in Italia e ancora non sono stati condotti studi mirati, soprattutto sulla sua ecologia. Laddove è presente la rana toro si fatica a trovare altri anfibi. Chissà perché? Sarà per competizione alimentare o per azione diretta (predazione)? Ahimè, non è dato a sapere, ma lo si può immaginare! Poi, la nostra "bullfrog" è uno dei principali indiziati per l'introduzione e la trasmissione del famigerato fungo killer, vale a dire il chitridio, una patologia che sta falcidiando gli anfibi in ogni luogo del mondo. Sarà forse un caso, ma proprio nell'area piemontese di distribuzione della rana toro sono stati riscontrati casi di presenza di chitridio. Che cosa ne pensate?
Rane verdi dei Balcani
Più o meno nelle stesse aree si trova anche un altro clandestino, la rana verde dei Balcani. Probabilmente risponde al nome di Pelophylax kurtmuelleri, ma potrebbe anche essere un'altra specie, in quanto studi dettagliati al riguardo mancano. Gran parte degli individui vivi che si trovano in vendita nei nostri mercati appartengono a questa specie: sfuggiti inavvertitamente, hanno colonizzato diverse aree. La specie è così simile alle nostre rane verdi che, non solo la si distingue difficilmente in natura, ma addirittura si ibrida con Pelophylax lessonae (rana verde di Michele Lessona) e con P. esculentus (il suo ibrido). Con il risultato di inquinare geneticamente le popolazioni autoctone e, addirittura, estinguerle in base a un inquietante meccanismo di esclusione cromosomica.
La scomparsa delle rane verdi originarie, purtroppo, non preoccupa troppo, perché è molto difficile apprezzare la perdita di animali autoctoni (soprattutto quando si tratta di "insignificanti" ranocchie) quando sono, di fatto, sostituiti da animali simili. Ma è ciò che alla fin fine accade: nell'arco di pochi decenni la rana di Lessona e la rana esculenta probabilmente scompariranno dalle nostre risaie (sempre che non siano scomparse prima le risaie stesse). Una perdita che interesserà non solo gli ambienti naturali, ma anche e soprattutto una fetta della nostra storia e cultura. Dunque, è tempo di lanciare un appello accorato: che sia finanziata al più presto una campagna di studio sulla distribuzione, l'abbondanza e l'ecologia delle specie esotiche di anfibi in Piemonte. E' cruciale (anche se forse è già tardi) sapere dove le rane toro e le rane verdi dei Balcani sono presenti. Solo così si potranno mettere in pratica azioni concrete per contenerne la diffusione e l'estinzione delle nostre rane.