I pesci piemontesi
Quando si pensa a un pesce d'acqua dolce presente in Piemonte si pensa generalmente alla trota. Lo conferma anche un "piccolo" sondaggio che abbiamo effettuato: su un campione di 50 persone cui è stato chiesto di dire il nome di una specie ittica presente nella nostra regione, più della metà ha pensato immediatamente a questo pesce.
La fama della trota è dovuta soprattutto al suo utilizzo in cucina che l'ha reso un piatto tipico. Sempre restando al sondaggio, due persone su cinquanta hanno citato l'anguilla. Si tratta di un pesce che purtroppo, stando al "Rapporto sullo stato dell'ittiofauna in Piemonte 1989-2019", risulta "assente" dal 2008 nelle nostre acque. Questo dato ci deve far riflettere sulla fragilità di questi animali che, solo negli anni '80, erano invece ben presenti in Piemonte anche se quasi mai in popolazioni abbondanti.
Che sia colpa dell'intensa pesca, della distruzione degli habitat dovuta alle modifiche antropiche ai corsi d'acqua o all'inquinamento, una cosa è certa: oggi abbiamo forse perso per sempre questo tassello nel panorama dei nostri corsi d'acqua.
Delle altre due specie citate, una è il salmone (che gli intervistati ammettono di aver confuso con la trota salmonata) e l'altra è il pesce siluro (Silurus glanis): un grosso pesce capace di vivere anche in condizioni di bassa ossigenazione dell'acqua, molto resistente e caratterizzato da un appetito insaziabile, che lo porta a nutrirsi non solo di altri pesci ed avannotti (così si chiamano i giovani pesci) ma anche di rane, micromammiferi e pulcini di sfortunate papere. Noto per la capacità di raggiungere dimensioni imponenti, questa «specie aliena» fu importata dal Danubio per motivi sportivi ed ha ormai invaso i nostri fiumi. Il citato "Rapporto" evidenzia come si tratti di una specie pericolosa ed in espansione.
Tutelare la biodiversità delle acque
La fauna ittica non è molto conosciuta ed è soggetta a molti fattori ambientali ed antropici che la mettono a rischio. I principali sono la creazione di alvei artificiali, ponti e chiuse che alterano il naturale corso delle acque, lunghi periodi di siccità, inquinamento delle acque, aumento delle temperature, incremento delle specie invasive ed alloctone acquatiche sia vegetali che animali.
La consapevolezza di queste criticità ha portato ad incrementare le azioni di tutela, mediante il monitoraggio e la realizzazione di progetti di rinaturalizzazione, per migliorare la vegetazione lungo le sponde, creare fasce tampone boschive tra i coltivi e il corso d'acqua, realizzare scale di risalita che consentono ai pesci di superare gli sbarramenti artificiali. Un progetto di riqualificazione complessiva di habitat e ittiofauna, che ha coinvolto anche la comunità locale, è quello che sta interessando il lago di Arignano, bacino artificiale nella seconda cintura della collina torinese. Il progetto, sostenuto da un finanziamento della Fondazione Compagnia di San Paolo, è denominato "Interventi di Salvaguardia e monitoraggio del Lago di Arignano. Progetto per l'aumento della naturalità e della biodiversità del Lago" ma è conosciuto, per semplicità, come I.S.O.L.A.
Il progetto vede la partecipazione di diversi Enti pubblici, tra cui l'Ente di gestione delle Aree protette dei Parchi reali.
Un progetto modello
Per scoprire di più in merito, abbiamo chiesto ad uno degli esperti coinvolti di raccontarci la sua partecipazione al progetto I.S.O.L.A.
Situato al confine tra i comuni di Arignano e Marentino, il lago di Arignano, teatro del progetto, è un bacino artificiale di alcune decine di ettari: rispetto ad altri laghi artificiali non è grande, ma si tratta comunque del maggiore specchio d'acqua della collina Torinese.
"Nell'ottobre 2023 io, i miei colleghi del Parco La Mandria ed esperti ittiologi, abbiamo effettuato due giornate di pesca con natante per contenere l'ittiofauna alloctona" racconta Christian Segreto, Guardiaparco per l'Ente Parchi Reali della Regione Piemonte.
"Abbiamo recuperato 80 esemplari adulti e 3000 avannotti di carpa a specchio e di carpa regina, 60 carassi e 7 esemplari di pesce gatto, che sono stati trasportati in un contenitore ossigenato ad un vicino bacino di pesca no-kill. In quell'occasione l'unica specie autoctona rilevata è stata l'alborella. Questo dato è molto triste e rappresentativo della situazione dei nostri fiumi e laghi. Al contempo però ho una speranza: questo progetto coinvolge realtà locali come Comuni, associazioni e - soprattutto - scuole. Per me questo aspetto è in qualche modo rivoluzionario perché rende partecipe la popolazione degli interventi che si stanno facendo e si faranno per ripristinare e aumentare la naturalità delle acque del lago di Arignano. Gli interventi realizzati, i dati raccolti, le campagne di divulgazione e le attività didattiche potranno essere presi a modello da altri Enti o Associazioni del territorio che riconoscano alle nostre acque un valore non solo turistico o irriguo ma anche ambientale" conclude Segreto.
In conclusione, la conoscenza che la maggioranza di noi ha del mondo dei pesci di acqua dolce è lacunosa e per questo meritevole di approfondimento. Progetti come I.S.O.L.A possono realmente contribuire, oltre che al risanamento delle aree umide, anche alla divulgazione e informazione al pubblico. La prossima volta che intervisteremo i nostri concittadini ci piacerebbe sentire un bell'elenco di specie autoctone che ancora vivono nelle nosgre acque, come alborella, ghiozzo, cobite, luccio italico, tinca... e moltissimi altri!
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