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Ambiente in Costituzione, ecco cosa cambia

Lo scorso 8 febbraio la Camera dei Deputati ha approvato la modifica agli articoli 9 e 41 della Costituzione, introducendo – tra l'altro - l'esplicita previsione della tutela dell'ambiente, della biodiversità, degli ecosistemi e degli animali. Ma che cosa cambia in concreto? Proviamo a fare una riflessione sulla riforma.

  • Alessandro Paolini
  • Febbraio 2022
  • Martedì, 15 Febbraio 2022
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Foto Pixabay Foto Pixabay

 

La nostra Costituzione è cambiata. All'articolo 9 della Costituzione, che già prevede che «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione» viene aggiunto che la stessa «tutela l'ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell'interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali».

L'articolo 41 stabilisce al secondo comma che l'iniziativa economica è libera ma «non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, ala libertà, alla dignità umana». Con la riforma a questo elenco vengono aggiunte anche la salute e l'ambiente. Al terzo comma dello stesso articolo si stabilisce ora che «La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali».

L'approvazione in seconda votazione da parte del Senato e della Camera è avvenuta a maggioranza dei 2/3 dell'assemblea, per cui, ai sensi dell'art. 138 della Costituzione, la modifica non sarà sottoposta a referendum confermativo ma entrerà subito in vigore.

Una riflessione sulla riforma

Si tratta di un'importante innovazione normativa che, se da un lato è stata accompagnata da dichiarazioni entusiastiche, dall'altra ha sollevato anche qualche dubbio e perplessità sulla sua necessità e sulle effettive ricadute delle previsioni normative introdotte. Ma come stanno le cose?

Ne abbiamo parlato con il professore Rosario Ferrara, già docente di Diritto amministrativo e diritto dell'ambiente alle Facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Torino e dell'Università degli Studi del Piemonte Orientale A. Avogadro di Alessandria, attualmente professore emerito dell'Università di Torino.

Professore, innanzitutto perché è stata modificata la Costituzione?

Occorre considerare che nel 1948, quando la Carta fondamentale della nostra Repubblica fu varata, l'Italia usciva dalla guerra con l'obiettivo principale della ricostruzione materiale ed economica del Paese. Il concetto di ambiente all'epoca praticamente non esisteva, in quanto è tipico dei Paesi moderni e "avanzati" ed è per questo che nella Costituzione si parlava solo di "tutela del paesaggio". Anche se negli anni la giurisprudenza della Corte Costituzionale ha più volte riconosciuto l'ambiente come un valore da tutelare, ora questa previsione è stata inserita esplicitamente nella nostra Costituzione.

A suo giudizio, si tratta di una modifica necessaria?

Nei Trattati Europei esiste già il principio di integrazione secondo il quale tutte le politiche europee devono essere riprocessate sia nella loro formulazione che nell'applicazione in funzione della protezione dell'ambiente.

Tuttavia, se devo citare i risvolti positivi della riforma, mi viene in mente la sentenza della Corte Costituzionale n.13 del 1985, relativa alla vicenda dell'ILVA, dove si affermava che i diritti fondamentali sono tutti parimenti ordinati e che la scelta di quali siano da preferire agli altri possa essere effettuata a livello amministrativo. Ora, con la riforma degli articoli 9 e 41 della Costituzione, la tutela ambientale è stata inserita esplicitamente fra i valori che devono avere una valutazione prioritaria e ciò rende più difficile che diventi oggetto di una selezione di interessi.

Ho invece qualche dubbio sulla scelta semantica dei nuovi articoli. Parlare, come nell'articolo 9 modificato, di ambiente, biodiversità, ecosistema e animali appare rindondante perché il primo termine ricomprende già quelli successivi. E poi perché dire che questa tutela deve avvenire "anche" nell'interesse delle future generazioni? Forse sarebbe stato meglio ispirarsi alla Costituzione tedesca dove si dice più chiaramente e semplicemente che lo Stato deve tutelare i fondamenti naturali della vita nell'interesse delle future generazioni.

E' possibile prevedere le conseguenze della riforma?

A mio avviso è impossibile fare oggi delle previsioni: si tratta di norme programmatiche e molto dipenderà da come verranno interpretate ed applicate. L'articolo 41, ad esempio, già dice che l'iniziativa economica non può recare danno alla sicurezza umana, ma se pensiamo agli incidenti sul lavoro è chiaro che non sempre un precetto costituzionale trova la dovuta applicazione.

Come gestire, in futuro, il rapporto fra i principi costituzionali che qualcuno vede già in potenziale contrapposizione, come la tutela del paesaggio e quella dell'ambiente?

E' innegabile che si pongano scelte difficili, a volte drammatiche. Pensiamo ancora all'ILVA di Taranto: la chiusura è positiva per l'ambiente ma significa la perdita del posto di lavoro e dunque del reddito per tante famiglie. Non esiste una soluzione facile, io credo che debba sempre prevalere un criterio di opportunità che rimanda a quello di buona amministrazione: i benefici di una scelta dovrebbero sempre essere maggiori dei costi sopportati, sotto tutti i profili, dalla salute ambientale allo sviluppo economico.

D'altra parte, basta pensare a come è mutato il concetto di paesaggio: nella Costituzione si intende il paesaggio "naturale" ma pensiamo ai paesaggi creati dall'uomo che sono oggi Patrimonio dell'Umanità UNESCO, come le Langhe o la città di Venezia. In quest'ultimo caso, ad esempio, molti degli interventi urbanistici fatti nella storia, adesso non si potrebbero più fare perché vietati dalla legge, eppure parliamo di una città museo che tutto il mondo ci invidia...

 

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