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Briaglia e il "Sol invictus"

Sulle colline monregalesi, un singolare manufatto ipogeo al vaglio di una preparata equipe di studiosi nei giorni del solstizio rivela insospettate caratteristiche.

  • Aldo Molino
  • dicembre 2013
  • Martedì, 18 Marzo 2014
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Briaglia e il "Sol invictus"
La parte terminale dell'ipogeo - La saletta della sorgente al termine dell'ipogeo
Foto: A. Molino
Menhir nel parco del Belvedere
Foto: A. Molino
Esplorazione all'interno dell'Ipogeo
Foto: C. Chiappino
Il pozzo interno nei pressi dell'ingresso
Foto: A. Molino
Interno dell'ipogeo con nicchia
Foto: C. Chiappino
L'ingresso dell'ipogeo
Foto: C. Chiappino
L'interno della confraternita di san Giovanni con le pietre ivi depositate
Foto: C. Chiappino
Menhir di Briaglia dopo una nevicata
Foto: C. Chiappino
Tramonto sulle collline di Mondovì
Foto: A. Molino

Un pugno di borgate sparpagliate in cima alle colline che non sono ancora Appennino, ma neanche Langhe. Una chiesa, il campanile la confraternita di San Giovanni. Accanto al cimitero l'area camper dalle non grandi frequentazioni e poco più il là il Belvedere con uno splendido panorama sulle Alpi e sulla vicina Mondovì. Un sentiero, consente un rapido giro per vedere alcuni dei monoliti rinvenuti negli anni 'settanta del secolo scorso e interpretati inizialmente come reperti di antiche culture stanziate sulle colline e qui rimessi in piedi. Ad un esame più approfondito difficile dire se si tratti di manufatti o di pietre naturali come spesso si rinvengono lavorando nei campi.
Stessa impressione si ha visitando la Confraternita (quando è aperta): altre pietre, altri dubbi.
Ad essere convinto del contrario era il conte Ettore Janigro D'Aquino archeologo originario di un paesino dell'alessandrino giunto a Briaglia nel 1968 ,dopo aver visionato Vicoforte, alla ricerca delle testimonianze della necropoli di un insediamento di età ligure di cui era certo dell'esistenza.


Riuscì a coinvolgere nelle ricerche la Pro Loco, e alcuni speleologi e intraprese degli scavi a sue spese. Dopo un iniziale entusiasmo e un interessamento della sovrintendenza, gli scettici ebbero la meglio e i sassi con relative incisioni dichiarati di origine naturale e non sculture zoomorfe o statue stele come prontamente ritenute dal D'Aquino e riprese sensazionalisticamente dalla stampa locale del tempo.
Dopo 4 anni di ricerche, gli scavi vennero abbandonati e conseguentemente parte del materiale raccolto andò disperso o a far d'arredo in qualche casa degli intorni e il D'Aquino prese ad occuparsi di altri luoghi.
Solo dopo la sua scomparsa, in anni recenti si è avuta una ripresa di interesse per Briaglia.
In particolare l'ipogeo della Casnea, già individuato da D'Aquino e interpretato come "dolmen", ha suscitato l'attenzione dell'equipe formata da archeologi, ingegneri minerari, speleologi e Comune intenzionata a chiarire, verificare e approfondire i ritrovamenti o presunti tali del passato. La cavità artificiale, dove le ricerche sono tutt'ora in corso, situata a valle del paese lungo la strada che conduce al lago apparentemente è simile agli altri "crutin" della zona, le grotticelle scavate nella marna dagli usi più disparati. Questa però ha delle caratteristiche del tutto particolari. Innanzitutto si apre alla base di un pendio collinare lontano dalle case più prossime, poi presenta all'interno poco dopo l'ingresso, un pozzo semilunato (un altro è all'esterno), un corridoio relativamente stretto con uno slargo a metà circa, una nicchia per illuminazione e al fondo una camera in cui sgorga una piccolissima sorgente. Quasi tutte le pareti sono ricoperte da uno strato di concrezioni. Gli scavi eseguiti sia a scopo di ricerca che per la messa in sicurezza non hanno restituito reperti significativi che possano suffragare una qualsiasi ipotesi circa l'utilizzo e l'origine dell'ipogeo. La più singolare e straordinaria caratteristica della Casnea documentata inequivocabilmente, con un filmato presentato ad un recente e affollato convegno nella sala comunale di Briaglia è il fatto che nei giorni del solstizio di inverno il sole che sorge dietro le colline di fronte intorno alle 8 e 15 del mattino penetra con i suoi raggi nel "crutin" lambendo le pareti e il pavimento e giungendo sino alla camera terminale.
Casualità, antico culto delle acque o dei morti o anche più prosaicamente costruttori particolarmente attenti ? Che il fenomeno sia casuale seppure il fatto non si possa escludere del tutto, dicono i ricercatori, appare molto improbabile.
Qualcosa di molto simile lo troviamo nell'area archeologica di Newgrange vicino a Dublino dove un tumulo è perfettamente orientato verso il solstizio, ma qui ci troviamo di fronte a un manufatto completamente artificiale essendo la sua camera interna formata da lastroni megalitici e la collinetta, artificiale.


Il sole infatti nel lontano passato è stato oggetto di culto in molte culture. Nel tardo impero romano Marco Aurelio Antonino, (il suo nome vero era Sesto Vario Avito Bassiano) detto Eliogabalo introdusse il culto orientale del Sole Invictus anche a Roma. Il "sole invitto" era ovviamente quello del solstizio, un sole di rinascita che riprendeva il suo cammino rivitalizzato e che era festeggiato il 25 dicembre. Non a caso la festività cristiana cade proprio in quel giorno. Il "Natale Invitto" divenne il "Natale" della Chiesa Cattolica nel 337 con papa Giulio I che ne ufficializzò la data, cristianizzando così quel giorno rituale.

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