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Di notte, andar per falene lungo il Po...

I risultati di tre anni di ricerca e studio delle farfalle notturne nelle Aree protette del Po piemontese, raccontati da uno degli studiosi protagonisti del progetto.

  • Laura Succi
  • Aprile 2022
Mercoledì, 18 Maggio 2022
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Foto Pixabay Foto Pixabay

Piero ed Elio hanno passato tante notti in bianco nella bella stagione tra il 2019 e il 2021 a caccia di farfalle notturne, notti fruttuose. Anche se a causa delle restrizioni ai movimenti delle persone dovute alla pandemia i campionamenti di primavera e di inizio estate non si sono svolti, il ricercatore Piero Varalda e il fidato Elio Cazzuli, hanno composto il primo elenco di 350 specie, di cui 201 macrolepidotteri e 149 microlepidotteri: nell'uso corrente con micro si intendono le farfalle notturne di piccole dimensioni comprese nei gruppi di Lepidotteri che vanno dai Micropterigidi ai Piralidi e Crambidi, mentre sono esclusi Cossidi e Zigenidi.

Con macro invece si intendono le farfalle notturne di grandi dimensioni comprese in tutti gli altri gruppi, dai Drepanidi ai Nottuidi. Si tenga presente che se le 201 specie "macro" rappresentano una significativa parte della loro reale consistenza, le 149 specie "micro" non danno che un quadro parziale del loro numero effettivo. E' tuttavia ipotizzabile che questo primo elenco rappresenti un terzo del totale delle specie di Eteroceri che costituiscono la biodiversità complessiva del territorio preso in esame.

L'Ente di gestione delle Aree protette del Po piemontese ha voluto e seguito passo passo questo studio, che rientra nell'obiettivo 15 dell'Agenda 2030 UE ("Proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile dell'ecosistema terrestre"), questi dati infatti sono fondamentali per i ripristini ambientali, in quanto la progettazione viene fatta anche tenendo in conto delle esigenze delle singole specie.

Il territorio analizzato ha riguardato il tratto di Aree protette del Po piemontese compreso tra le confluenze della Dora Baltea e la Sesia incluse la ZPS (Zona di Protezione Speciale) "Palude San Genuario" in comune di Fontanetto Po, la ZSC (Zona Speciale di Conservazione) e ZPS "Fontana Gigante" nel comune di Tricerro e la ZSC e ZPS "Bosco della Partecipanza di Trino", per uno sviluppo di circa 40 chilometri in linea d'aria nel Piemonte centro-orientale, questi ultimi tre siti in gran parte compresi nel Parco naturale del Bosco della Partecipanza e delle Grange vercellesi. Tutti i principali ambienti del fiume sono stati esaminati: boschi e vegetazione ripariali, lanche e aree rinaturalizzate, boschi planiziali xerofili e mesofili – definiti tali in considerazione del gradiente di umidità del terreno, rispettivamente più o meno elevato – gerbidi, prati seminaturali, rive di rogge e canali e stagni.

"I micro rappresentano i due terzi delle specie di farfalle note, diurne e notturne, mentre i macro compongono l'altro terzo" racconta Varalda. "Le farfalle diurne prese a sé, che sembrerebbero essere il gruppo più grande, costituiscono in realtà solo il 5% del totale. Il motivo è anche che le falene sono poco studiate, i ricercatori che se ne occupano sono pochissimi, in Italia non siamo neanche una decina. Forse ci sono remore psicologiche alle indagini su questi animali notturni, magari il pensiero di quanto è delicata l'ala di una farfalla fa da freno, eppure anche una farfalla dall'apertura alare di cinque o sei millimetri con garbo può essere preparata senza danneggiarla per la ricerca".

"Un altro impedimento riguarda la loro tutela, ma conoscendo questo mondo viene a decadere anche questa obiezione: bisogna sapere che i microlepidotteri anche se hanno l'apparato boccale efficiente non si cibano. Io mi occupo soprattutto della piccola famiglia degli Elachistidi: quando in primavera la temperatura è tale da consentire la schiusa della prima generazione di farfalle e cioè a fine aprile inizio maggio – il loro metabolismo è sensibilissimo alla temperatura esterna - gli adulti vivono cinque o sei giorni, appena il tempo di schiudere, accoppiarsi e deporre le uova. La seconda generazione invece, quella che schiude a fine giugno o inizio luglio quando le temperature sono molto più alte, non riesce a superare i tre giorni di vita, questo perché gli adulti vivono con le energie immagazzinate dal bruco. Mi sono soffermato con precisione sul loro ciclo vitale tramite l'allestimento di un allevamento: alle quattro del pomeriggio schiudevano, alle sei si accoppiavano e in nottata le femmine avrebbero deposto. Sarebbero ancora vissute per un giorno o due, prima di finire in una tela di ragno o a marcire a terra. Saputo questo si può affermare con certezza che il prelievo per la ricerca non danneggia la loro popolazione" prosegue Varalda.

"Si può aggiungere un'altra considerazione: alcuni maschi hanno un pennello di spine, quando si fanno i rilievi su di loro nella maggior parte dei casi si osserva che tante spine non ci sono più: si ritrovano nelle femmine, perché al momento del prelievo si sono già accoppiate e hanno già deposto".

"Altra riflessione ancora è che l'uso delle immagini fotografiche in questo campo non è dirimente, perché dall'aspetto esteriore si può determinare, ad essere proprio ottimisti, meno del 10% delle specie e in modo approssimativo. La certezza assoluta nello stabilire la specie è data esclusivamente dai preparati microscopici attraverso i quali indagare gli apparati maschili e femminili: occorre sapere che ogni specie ha un aspetto particolare per cui confrontandoli con l'atlante di tutti i genitali di tutte le specie è possibile risalire alla specie esatta. Solo con l'esemplare preparato ogni dubbio è fugato per sempre. In questo modo però il lavoro aumenta enormemente: si dedicano notti intere alle catture e, in estate, si sta in cerca fino all'alba, si torna a casa alle quattro del mattino, oppure si mettono le esche o ancora si caccia con il retino. Ma il vero lavoro inizia quando si torna a casa: si fanno seccare gli esemplari sugli stenditoi, si preparano secondo la procedura standard e poi si separa l'addome per la determinazione attraverso l'uso di microscopio e atlante".

Nei confronti delle falene sono state usate tutte le accortezze possibili: per attrarle non sono state infatti utilizzate trappole, perché in quel caso tutti gli insetti che cadono all'interno rimangono uccisi, ma una lampada a vapori di mercurio da 80 W che illumina la notte e un telo bianco. In questo modo vengono fotografati tutti i "macro" e un buon numero di "micro" a riposo sul telo; parte di questi ultimi sono poi raccolti per la determinazione delle specie.

Un altro metodo di prelievo è il retino, di tela pesante: si compie lo stesso movimento dell'agricoltore che fa scivolare la falce con un moto regolare sull'erba, "zan zan zan", si danno quattro o cinque colpi e poi si guarda dentro e ciò che si trova è solo questione di fortuna: ci sono specie che quando sono disturbate si alzano in volo, altre invece si buttano a terra. Si va alla cieca, trattenendo quelle che non sono sfuggite in volo o cadute a terra.

Ma come si raccolgono le uova? Ce lo spiega ancora Piero Varalda.

"Bisogna allevare le farfalle e attendere che le depongano. Per questo bisogna prima raccogliere i bruchi. Per scovarli si vanno a cercare le "mine", cioè le zone bianche che loro rosicchiamo e che spiccano sul verde delle foglie: alle volte sono rotonde, le cosiddette "mine a piazza", altre volte sono allungate. Negli Elachistidi, per esempio, il bruco che vive sulle graminacee o sulle carici mangia esclusivamente la parte mediana dell'epidermide, che è più tenera, e lascia intatti gli strati che stanno sopra e sotto. Ciò che resta è una trama che sembra un merletto".

Le falene delle Aree protette del Po piemontese e le loro abitudini

I risultati sono sorprendenti ed è davvero notevole il numero di falene rare legate agli ambienti umidi o palustri. Tra le altre Eucarta amethystina, la cui larva predilige le piante della famiglia delle Apiaceae: il silao (Silaum), la carota selvatica (Daucus) e il prezzemolo (Petroselinum). Phragmataecia castaneae e Senta flammea, i cui bruchi vivono sulla comune canna di palude, stanno purtroppo diventando sempre più rare e sporadiche per i tagli di questi vegetali, lungo canali e strade campestri, con strumenti invasivi che distruggono le forme di vita a loro legat. Danni ancora peggiori sono causati dagli incendi delle canne secche in primavera.

Proserpinus proserpina in Europa è rigorosamente protetta dalla Direttiva Habitat 92/43/CEE, allegato IV (specie animali e vegetali di interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa). Difficile osservare gli adulti di questo sfingide a causa delle sue abitudini crepuscolari e per il suo ridotto fototropismo (cioè la possibilità di attirarle con la sorgente luminosa). Le loro larve si cercano quasi esclusivamente di notte, perché durante il giorno restano nascoste alla base delle piante nutrici: l'epilobio (Epilobium), la bella di notte (Oenothera) e la salcerella (Lythrum salicaria).

Sono piuttosto rare anche Leucania obsoleta, i cui adulti alle nostre latitudini sono in volo in aprile-giugno e in luglio-agosto, e Phragmatiphila nexa le cui piante alimentari sono la poa, il carice e la tifa.

Ma il vero e proprio gioiello è la Diachrysia zosimi che nella bassa pianura vercellese è rarissima e in precedenza era stata osservata una sola volta una trentina di anni fa alla Cascina Saletta di Costanzana, a circa 15 km in linea d'aria dalla nuova stazione di San Genuario a Crescentino.

Questo studio conferma dunque l'importanza di conservare ambienti naturali poco o nulla modificati dalle attività umane ma anche la necessità di ricrearli e rigenerarli: le aree cosiddette "marginali" in realtà sono preziose zone di rifugio: dimostrazione ne è il ritrovamento del piccolo gracillaride Ornixola caudulatella che vive su diverse specie di salice che sta ripopolando, dopo trent'anni, l'area rinaturalizzata "ex Brusaschetto nuovo" nel comune di Camino.

Non resta che continuare così, visto che la natura sembra darci ragione: il prossimo passo sarà l'indagine dei dintorni di Coniolo, dove le tante farfalle diurne indicano un ambiente sano e dove quindi belle sorprese sono attese anche per le falene.

 

Deilephila elpenor - Foto E. Cazzuli
Hemithea aestivaria - Foto E. Cazzuli
Macdunnoughia confusa - Foto E. Cazzuli
Trachea atriplicis - Foto E. Cazzuli

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