In un'audizione al Senato, Federparchi ha illustrato le proposte di modifica al Piano Nazionale per la Resilienza e la Ripresa (Recovery Plan) avanzando nove proposte specifiche e cioè: bloccare il limite per spese per beni e servizi per i parchi nazionali; estendere i finanziamenti per il clima alle aree protette regionali ed ampliare la tipologia dei progetti finanziabili; permettere alle aree protette di generare più facilmente entrate proprie gestendo direttamente servizi di carattere turistico che, attraverso l'elevata qualità, siano da traino alla ripresa del settore; il finanziamento, rispettivamente, di piani d'azione e monitoraggio, almeno all'interno delle aree protette, per le specie animali e vegetali inserite nelle direttive europee o che siano minacciate di estinzione rispetto alle Liste Rosse italiane; di interventi di miglioramento e ripristino degli habitat nelle aree protette; favorire la gestione forestale sostenibile, migliorare la capacità di assorbimento della CO2 delle superfici e dei suoli forestali e delle praterie, comprese le praterie marine di posidonia; aumentare la resilienza delle foreste e degli habitat marini ai cambiamenti climatici e favorire l'erogazione dei servizi eco-sistemici; realizzare infrastrutture per la fruizione turistica e la divulgazione ambientale nelle aree protette (Centri visita, strutture ricettive, centri di educazione ambientale, piste ciclabili); creare la "grande rete nazionale dei parchi", che metta a sistema i valori naturali e culturali di tutti i parchi italiani attraverso un portale nazionale valorizzato anche dall'Enit; implementare un progetto unico nazionale per il settore "Parchi e One Health" in cui i parchi e le aree protette costituiscano l'hub operativo.
Federparchi ha messo in evidenza anche una serie di problematiche che riguardano la gestione del sistema delle aree naturali protette e che ne limitano le potenzialità sia in termini di conservazione naturalistica che in termini di sviluppo sostenibile e creazione di posti di lavoro e ha chiesto che le Zone Economiche Ambientali (ZEA), istituite nel 2019, vengano estese anche ai Parchi regionali, che sono, la parte economicamente più debole e carente per dotazioni. Vanno inoltre considerate le difficoltà delle Aree Marine Protette e del reticolo di riserve statali e regionali e dei siti Natura2000.
Il problema principale, in termini di politiche di sistema, - si legge nel documento depositato a Montecitorio - è la incomunicabilità istituzionale e la mancanza di coordinamento dei vari comparti, con particolare riferimento ai parchi regionali. Federparchi propone di riattivare il Piano Triennale della Aree protette previsto dalla legge 394 e da anni inapplicato. Uno strumento che potrebbe dare all'azione dei parchi un respiro unitario e una visione strategica comune, in grado di affrontare le sfide del futuro e cogliere in pieno le opportunità che si stanno mettendo in campo sia a livello nazionale che internazionale per far ripartire il Paese.
Per approfondimenti:
Il Documento integrale è disponibile sul sito di Federparchi