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Rapunzia, l’erba degli asini

Non pago dell’onnipresenza nella storia, l’asino ha lasciato uno zampino pure nella botanica…

  • Loredana Matonti
  • settembre 2013
  • Lunedì, 10 Marzo 2014
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Rapunzia, l’erba degli asini
Enotera fallacoides Soldano et Rostanski, uno dei tanti ibridi apparsi nella nostra flora
Foto L. Matonti
O. glazioviana al bordo di una strada
Foto L. Matonti

L’impronta asinina è associata ad una bella specie erbacea, che sfoggia appariscenti fiori gialli ed è spesso anche infestante: la rapunzia o enotera, in passato detta onagra, appartenente alla famiglia delle Onagraceae.

Fu Teofrasto nel 350 a. c. ad assegnarle il nome generico. Alcuni ritengono derivi dal greco "oinos" ovvero " vino" e "ther" = "selvatico", forse per l'uso aromatizzante della radice che si credeva avesse la facoltà di ammansire gli animali selvatici e utilizzata come stimolante per le libagioni. Altri ancora ritengono che invece sia attribuibile al greco "onos" = "asino" = e "ther" = "animale".

Anche il nome “onagra” deriva dal greco “onagro” = asino selvatico, alludendo alle lunghe foglie, simili alle orecchie di tale animale a cui, in passato, veniva anche data da mangiare. Genere originario dell’ America, è stato introdotto in Europa a scopo ornamentale ed attualmente è presente con numerose specie, alcuni delle quali nuove poiché createsi per ibridazione, dopo l’introduzione nel nostro continente.

L’unica specie nostrana nell’ambito di questo genere è l'Oenothera biennis L. o enagra comune. Cresce spesso sui bordi delle strade e in ambienti disturbati e può raggiungere i 2 m di altezza. La fioritura va da giugno a settembre e i fiori si schiudono solo al tramonto, emanando un profumo molto forte, che richiama le falene; ecco perché qualcuno la chiama “bella di notte”.

Come suggerisce l’epiteto specifico, è una pianta biennale. E’ conosciuta dalla tradizione popolare e dalla medicina moderna per le sue proprietà terapeutiche e per i suoi i principi attivi, che si presume siano presenti in percentuale rilevante anche nelle altre specie, data la facilità di ibridazione tra di esse.

La pianta intera veniva usata tradizionalmente per uso esterno come vulneraria, ovvero cicatrizzante. Per uso interno le sommità fiorite venivano assunte come sedative per la tosse, pertosse e spasmi bronchiali. Tutta la pianta è commestibile; le foglie basali possono essere cucinate, sia lessate che in insalata, mentre la radice giovane può essere consumata in insalata oppure, a termine fioritura, bollita al pari di una carota o barbabietola e consumata come contorno. Le sue qualità nutrienti erano così apprezzate in centro Europa che un detto tedesco sosteneva che una libbra di queste radici nutre di più di un quintale di manzo. Anche gli indigeni americani del Nevada e Utah le usavano in cucina, ricavandone un cibo dal sapore di nocciola e, prima di andare a caccia, le strofinavano sotto i mocassini per non lasciare tracce dell’odore che avrebbe allertato gli animali selvatici.

Oggi di questa specie si raccolgono i semi, dai quali si ricava un olio estremamente apprezzato in fitoterapia per le sue notevoli proprietà  antinfiammatorie e nutrienti per la pelle.

 

Bibliografia

Pignatti S. 1982 - Flora d'Italia. Bologna.

Conti F.,Abbate G., Alessandrini A., Blasi C., 2005 -An Annoted Checklist of the Italian Vascular Flora. Roma.

Cecere E., Soldano A., Pistarino A., Siniscalco C., 2011. Atlante fotografico dei frutti e dei semi della flora del piemonte e della Valle d'Aosta: Oenothera L., (Onagraceae). Schede Oenothera. Bollettino del Museo regionale di Scienze naturali - torino. vol. 29, n. 1-2.

http://www.actaplantarum.org

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