Giuro che è vero. Alle 16 di giovedì 29 ottobre, giunto all'ultimo giorno utile per la consegna del pezzo, accendo il computer per scrivere il tema che mi è stato assegnato dalla redazione e, contestualmente, accendo il V canale della filodiffusione, quello della musica classica. Lo faccio in automatico, è la colonna sonora che mi accompagna sempre quando sono in casa. Ebbene, esattamente alle 16, trasmettono "La grotta di Fingal" ouverture di Felix Mendelsshon Bartholdy, diretta da von Karajan. Ditemi voi se non è un segno del destino. Tanto vale cominciare di qui. Consultiamo la storia della musica: l'idea di questo lavoro venne a Mendelsshon nell'agosto 1829 durante una visita alla meravigliosa grotta basaltica di Staffa, una delle isole scozzesi del gruppo delle Ebridi.
Mettetevi il cuore in pace, da me non avrete mai un'ouverture ispirata dalla visita a una grotta. Non tanto perché io non conosca la musica, quella faccio sempre in tempo a impararla. Piuttosto perché nessuno riuscirà mai, non dico a convincermi a entrare in una grotta, ma soltanto ad affacciarmi sul bordo e guardare giù. Neanche in una grotta civilizzata, resa accogliente come un albergo a quattro stelle, come la grotta di Toirano o la grotta del Vento, nel Parco delle Alpi Apuane, con un dépliant che promette: «Comodi sentieri permettono di ammirare alla luce dei riflettori tutte le meraviglie del mondo sotterraneo...».
Che gusto c'è, mi chiedo, a calarsi nelle viscere della Terra? Non mi piacciono le spiegazioni degli psicologi della mutua, secondo i quali uno farebbe lo speleologo per il desiderio di rientrare nell'utero materno. E io, allora, che sto male solo all'idea di affacciarmi su una grotta, sarei uno che non desidera tornare a nuotare nel liquido amniotico? Ma per favore, se me lo sogno ogni notte!
Eppure qualcosa c'è che spinge gli uomini a calarsi nel ventre della Terra, troppi segni lo svelano per provare a negare l'evidenza. Non è certamente l'ambizione di legare il proprio nome a un'impresa; al contrario di quello che succede nel mondo dell'alpinismo non c'è una sola grotta che tramandi il nome di colui che per primo l'ha violata ed esplorata, ma è sempre e solo citata con il nome della località, come le due già nominate, e poi Castellana, Frasassi, Postumia, ecc.
Forse la letteratura può aiutarci a svelare il mistero. L'Alice di Lewis Carrol, all'inizio delle sue avventure nel paese delle meraviglie, inseguendo il Coniglio frettoloso dentro la sua tana, a un certo punto si accorge di stare "precipitando giù per un pozzo molto profondo. O il pozzo era molto profondo o la caduta avvenne molto lentamente perché essa ebbe tutto il tempo, mentre cadeva, di pensare a se stessa e di chiedersi cosa sarebbe successo in seguito". Michel Butor, in "Repertorio", dedica 50 pagine, vertiginose per acume e connessioni, all'analisi del "Viaggio al centro della Terra" di Jules Verne; secondo lui, nella spedizione guidata dal professor Lidenbrock non ci sono donne perché la componente femminile è rappresentata dalla stessa Terra all'interno della quale quegli uomini coraggiosi si calano. E' un romanzo che tocca corde profonde, tanto è vero che, quando Collodi Nipote (all'anagrafe Paolo Lorenzini, figlio di un fratello dell'autore di Pinocchio) pubblicò "Sussi e Biribissi", una spassosa parodia di Verne, con due ragazzi fiorentini che esplorano le fogne e le cantine della loro città, suscitò un'ondata di riprovazioni e un vespaio di polemiche.
La grotta è un luogo magico, dove si sovvertono le leggi della natura. Si trova in una grotta il tesoro dei quaranta ladroni scoperto dal mercante Alì Babà nelle "Mille e una notte". Si trovano grotte a Gardaland, a Disneyland, in tutti i parchi giochi. Chi entrava nella famosa grotta di Trofonio, in Beozia, mutava il suo carattere nel suo opposto. Io invece, quando scendo nel grottino due piani sotto casa, per prendere il vino, non muto carattere: tremebondo ero e tremebondo rimango. Ho messo al mondo tre figli, per averne almeno uno a portata di mano per accompagnarmi sotto terra quando resto senza vino. Ora che tutti hanno lasciato il nido per formare le loro famiglie, sono diventato astemio.