... E corro ai giorni delle cose antiche
quando il piacer con poco si creava
bastava a volte un frutto di cotogna,
che il vecchio contadino ancora sogna.
Le cose antiche, che si son scordate,
figli di un'esistenza difficile e frugale
s'era felici appena il primo fiore
sbocciava col suo candido colore.
Si seguiva l'ape in giro a impollinare
quel fiore che sfioriva e poi moriva
e nuova vita sorgeva da quel butto
che del cotogno originava il frutto.
...Ed oggi quel profumo ha risvegliato
una ricchezza di cui s'è perso il senso
che la natura ancora ci regala
quando smette il suo canto la cicala.
(Salvatore Armando Santoro)
Un po' di storia
È uno dei più antichi alberi da frutto conosciuti, coltivato già nel 2000 a.C. dai babilonesi. Originario dell'Asia Minore e della zona del Caucaso, oggi è diffuso principalmente nell'areale occidentale del Mediterraneo ed in Cina. I greci consideravano il cotogno (Cydonia vulgaris) sacro ad Afrodite e simbolo dell'amore e della fertilità. Erano cotogne i pomi d'oro di Ercole? Forse: le mele d'oro delle Esperidi, raffigurate negli altorilievi del tempio di Zeus a Olimpia, assomigliano molto alle cotogne conservate nella collezione Farnese al Museo Nazionale di Napoli, in cui Ercole ne tiene tre in mano.
Plinio, oltre ai chrisòmela, cita altre due varietà più piccole: gli struhea, a fruttificazione tardiva, e i mustea, più precoci. Riferisce che i primi, innestati sul cotogno, avevano prodotto una specie a se stante, la mulviana, "unica tra le specie nominate ad essere mangiata anche cruda e che oggi si usa porre perfino all'interno delle camere di ricevimento o appendere alle statue, testimoni delle nostre notti".
Le cotogne, molto apprezzate, erano spesso riprodotte nelle opere d'arte. In un dipinto su un vaso di cristallo rinvenuto negli scavi di Oponti, si riconoscono bene in mezzo ad altra frutta. Nelle pitture di Pompei le cotogne tra gli artigli di un orso, lo smascherano ghiotto di questi frutti aciduli.
La mela cotogna della Cydonia vulgaris è asprigna se mangiata cruda, a meno che non la si lasci ammezzire per un po' di tempo come la nespola. Invece la popolare cotognata è una gradevole e digeribile marmellata.
Dopo Ippocrate e fino al XVII secolo considerata tra i frutti più salutari e utili, come testimoniano lo stesso Plinio e vari autori nel Rinascimento, dal Mattioli al Durante, che la raccomandavano anche come efficacissimo antidoto contro gli avvelenamenti.
Oggi i frutti sono impiegati soprattutto nell'industria dolciaria, mentre hanno conservato un posto modesto nella fitoterapia, se non come astringenti e antidiarroici.
Vi osservo curioso
gialle solari e pesanti
tramutare con forza ogni ramo
in piccola altalena volante.
(Agostino Barletta)
La coltivazione di mele e pere cotogne era molto diffusa in Italia, fino gli anni '60 del secolo scorso. Poi si è verificata una notevole contrazione della produzione: la distribuzione non interessa le grandi reti commerciali, e oggi la cotogna è considerata tra i frutti dimenticati o minori.
Grazie alla loro limitata dimensione, che si tiene sotto controllo facilmente con opportune potature, i cotogni trovano spazio negli orti e frutteti domestici e spesso, nelle coltivazioni industriali, vengono usati come porta innesto nanizzante per il pero.
Son fioriti al limite degli orti
i cotogni, tardiva leggiadria:
tremano al sole i ramicelli corti,
verde la siepe, ed è bianca la via.
O tu che oscilli, dove mi riporti?
Una fragranza nel mio cuor dormia
lieve e soave fra i ricordi morti:
mele cotogne fra la biancheria.
Più dolci assai che non lo spigonardo
od ogni altro profumo casalingo
odoravan l'inverno entro gli armadi;
ed or, traverso a' ramicelli radi
che April rinfiora, i miei sogni di bimbo
io ritrovo, alberello esile e tardo.
(Guelfo Civinini)
Gli utilizzi
Il frutto è usato per la preparazione di confetture, gelatine, mostarde, distillati e liquori. Ottimo anche sciroppato. La condizione di limitata dolcezza della polpa non significa assenza di zuccheri, ma la loro presenza sotto forma di lunghe catene glucidiche. Nella preparazione di confetture, e quindi con la frammentazione dei polisaccaridi, la polpa assume una dolcezza intensa, e libera un profumo di miele. L'elevato contenuto di pectina produce un veloce addensamento della confettura o della gelatina, limitando i tempi di cottura. In epoca precedente alla diffusione dello zucchero raffinato, la confettura semisolida di cotogne era, con il miele (costosissimo), uno dei pochi cibi dolci facilmente disponibili e soprattutto ben conservabili.
I frutti venivano posti negli armadi e nei cassetti per profumare la biancheria, e - secondo la credenza - anche per scacciare gli spiriti maligni.
Paese che vai...
Di paese in paese alcune curiosità: in Iran e in Afghanistan i semi di cotogna vengono bolliti e ingeriti come rimedio contro la polmonite; a Malta un cucchiaino di marmellata di cotogna sciolto in acqua bollente viene usato contro il disagio intestinale; in India e Pakistan la cotogna viene utilizzata dagli erboristi come rimedio a erosioni cutanee e ulcerazioni e, immersa in un gel, contro le infiammazioni alle corde vocali. Nei Paesi del Maghreb come Marocco e Algeria viene usata come ingrediente per preparare alcune pietanze locali, tipo il tajine o la tanjia.
La parola "marmellata" viene dal portoghese marmelo che è il nome lusitano del cotogno.
La famiglia lessicale risale al latino cotoneum, letteralmente di cotogna, dal greco kydonios di Cidonia, città dell'isola di Creta, oggi identificata con la Canea. In greco era già valido il significato di cotogno e kydonaton possedeva l'accezione di cotognata. Non meno curiosi sono i confronti linguistici: coing (francese), cotogno (italiano), codonh (occitano), codony (catalano), membrillo (spagnolo, mentre melocòton indica la pesca).
In Piemonte una specialità culinaria in cui la mela cotogna fa la sua parte: la cognà, un tesoro riscoperto tipico delle Langhe, è una prelibatezza che ha radici profonde. A metà strada tra una salsa e una marmellata, ottima per accompagnare il bollito misto alla piemontese o la polenta, è realizzata principalmente a base di mosto d'uva, con altri ingredienti a piacere tra cui mele renette o golden, nocciole, noci, pere madernassa, mele cotogne, fichi, albicocche secche, chiodi di garofano, cannella, frutta secca e un po' di zucchero. Ogni casa ha una propria ricetta. Il tutto va fatto bollire fino a consumare circa la metà del volume ottenendo una salsa della consistenza della marmellata, che si conserva per mesi. La parola cognà deriva da cotognata, marmellata o confettura di mele cotogne.