Morus alba e Morus nigra sono le due specie principali con cui si indica l'albero del gelso. Si tratta di un albero da frutto maestoso, caratterizzato da una chioma densa e rotondeggiante, composta da grandi foglie dal margine frastagliato. Il tutto poggia su un tronco robusto la cui corteccia è profondamante fessurata. Nei mesi di giugno e luglio le sue fronde si riempiono di piccoli frutti che, a seconda della specie sono a maturità bianchi o neri e dal gusto dolciastro.
Come è arrivato da noi?
Ma come mai queste piante sono così spesso visibili come esemplari sparsi nelle città o nella forma di filari nelle campagne?
Il gelso, in particolare il gelso bianco, è stato introdotto in Europa dalla Cina con lo scopo di usarne le foglie, ricchissime di proteine, per nutrire ed allevare i Bombyx mori, meglio noti come bachi da seta.
Il Bombyx mori è una specie di candida falena che depone le sue uova sulle foglie di gelso o su altre piante della famiglia delle Moraceae. Dopo una dozzina di giorni, dalle uova emergono le piccole larve che da questo momento in poi, si dimostreranno ghiottissime di foglie di gelso. I piccoli bruchi compiono quattro mute con cui accrescono le proprie dimensioni fino a trasformarsi in adulti. Grazie alle ghiandole seriche, l'insetto produce una bava ricca di sericina (una proteina) che mista ad altre sostanze salivari consente al bruco di tessere un filo che può arrivare a misurare da 300 a 900 metri. Il filo in questione è quindi la preziosa seta che serve al bruco per ricreare un ambiente protetto in cui trasformarsi in pupa e poi, dopo circa 15 giorni, sfarfallare sotto forma di falena adulta. Nel caso degli insetti allevati però, questo passaggio alla vita adulta non viene mai raggiunto perchè bruscamente interrotto dalla bollitura dei bozzoli che vengono poi filati.
Dalla seta al nylon
Importati in Italia in primis in Sicilia, poi esportati anche nel resto d'Italia, dal XII secolo fino ai primi del '900, hanno reso il nostro Paese il primo in Europa per la produzione di seta. L'Italia ha saputo mantenere questo primato produttivo fino allo scoppio delle due Grandi Guerre Mondiali che hanno portato all'allontanamento della forza produttiva dalle campagne e dato una forte spinta allo studio di nuovi materiali di sintesi chimica e alla scoperta di nuovi tessuti sintetici come il nylon ed il poliestere, resistenti e riproducibili a basso prezzo su grande scala. I grandi impianti di gelsi per la sericoltura sono quindi stati progressivamente abbandonati, lasciandoci in eredità esemplari di gelso sparsi su tutto il territorio.
Dove osservare i gelsi?
Nei parchi di pianura, in prossimità di quelle che in passato erano grandi aziende agricole, è ancora frequente osservare viali di gelsi che oggi ci regalano apprezzabili momenti di ombra e - nel mese giusto - anche un dolce snack! Per osservare un viale di gelsi vi posso consigliare di recarvi nel Parco naturale di Stupinigi, alle spalle dell'accogliente agriturismo di Cascina Gorgia, oppure di passeggiare nel Parco Dalla Chiesa di Collegno che ne ospita un viale, sito vicino al parcheggio di corso Pastrengo.
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Conversazioni sotto il gelso (da Piemonte Parchi del 26/5/2023)