Una passione silenziosa
Non so bene quando sia iniziata ma è successo: ad un certo punto, camminando in un giardino o in un bosco, mi sono imbattuto in un grande albero e quelle sue forme ritorte, quei suoi legni spessi e cavernosi, quelle sue zigzaggature aeree, l'intensità dei colori, le sfumature del fogliame, il pentagramma di linee impresso nelle cortecce profonde, l'enigma che alberga in ogni essere vivente che abita questo mondo da secoli, o talora addirittura da millenni, si è insinuata in una parte di me: da allora ho iniziato a pellegrinare alla ricerca di questi custodi del tempo, ho sviluppato una vera e propria dipendenza, ma anche un piacere estetico ed estatico che si appaga soltanto arrivando ai piedi di uno di questi giganti silenziosi.
Sebbene io sia lümbard, anzi per la precisione bergamasc, sono finito ad abitare soprattutto in Piemonte, dapprima nell'alessandrino, quindi nel torinese. Qui, in un piccolo paese ai piedi delle Alpi Cozie, ho iniziato a scrivere e a perlustrare gli spazi aperti e naturalistici, tra la densità urbanistica di Torino, Cuneo, Asti, Aosta e le città liguri, ho principiato a vagare in cerca di alberi monumento. Sebbene, mi piace ricordarlo, il principio cardine del mio ricercare, l'avvalorare quell'intuizione poetica che chiamai, non senza una certa autoironia, Homo Radix - Uomo Radice, sboccò durante alcuni viaggi tra la città stato di Singapore e soprattutto in California, strabiliandomi nelle ombre e tra le cortecce millenarie delle sequoie. Furono anzitutto queste creature titaniche, sauresche, incantatorie, che mi rivoltarono, che seminarono nel loro silenzio cantato e immobile l'interesse, la curiosità, l'arbomania o, come l'ho ribattezzata in seguito, la Dendrosophia.
Vagando tra i grandi alberi del Piemonte e del Nordovest
E dunque, abitando in Piemonte, ho iniziato a vagare alla ricerca di alberi particolari, in quel periodo di transizione che è esistito tra il primo elenco redatto dal Corpo forestale negli anni Ottanta, e l'attuale vasto repertorio documentato negli annali dai Carabinieri forestali e dai diversi uffici, regionali e nazionali, competenti in materia di salvaguardia dei nostri patriarchi vegetali. Alcuni degli alberi oggi protetti sono stati documentati e talora per la prima volta da chi scrive, non è un vanto, soltanto una constatazione. Oltremodo non può essere un vanto per la semplice essenziale ragione che questi grandi alberi si presentano ai nostri sensi ogni volta in modo nuovo, come se fosse la prima volta, e ne ho avuta l'ennesima conferma nei giorni scorsi quando sono partito da casa e dopo un'ora e mezza sono arrivato nella borgata Fini Prato di Melle, in Val Varaita. Conosco quella zona da quasi trent'anni, sono risalito a vedere il grande castagno di Melle in diverse occasioni, e praticamente in tutte le stagioni: nell'assolato mese di agosto, nel rigido e imbiancato periodo invernale, nel coloratissimo autunno o nel trionfo di profumi e nuove energie della primavera. Andando a cucire rubriche per i quotidiani e silvari pubblicati da vari editori, ho dedicato molte campagne di alberografia alla documentazione dei grandi castagni, i castanodonti: in Piemonte ve ne sono diversi stimati tra i 300 e 400 anni, come accade per il gigante di Melle, ma altresì per alcuni dei più grandi castagni del Roero, in particolare due a Monteu Roero, o nel biellese, terra ricchissima di alberi monumentali, e penso ai grandi esemplari di Bioglio e dell'Alpe Self, in Valsessera.
Al grande castagno di Melle
Ritorno dunque a Melle, superato l'abitato del centro inizio a inerpicarmi per la stradina che conduce alla borgata dove abbandono l'automobile, apparentemente deserta. I boschi sono per lo più snudati, spogli, e a terra una leggera spolverata di neve. Un sentiero segnalato da una freccia risale fino alle case sparse nelle selve e dopo circa quindici minuti eccolo spuntare, il castagno trionfante noto localmente come Tabudiera d'Titta, ovvero il castagno della varietà tabudiera che fu, un tempo, di un signore che si chiamava Titta, ovvero Battista. Ora la Direzione generale dell'economia montana e delle foreste ha piazzato alla sua base un cartello della serie AMI – Alberi Monumentali d'Italia, dove si può leggere la sua storia, in breve, e le misure aggiornate: altezza 32 metri, circonferenza del tronco 960 cm a petto d'uomo. Età stimata: superiore ai 200 anni. Si poteva osare anche qualcosa di più, le stime circolate per anni accertavano i 350-400 anni.
Da qui sotto mi rendo conto della dimensione imponente della sezione aerea, col grosso tronco che si biforca in quattro poderose branche primarie e secondarie. In passato c'era un sentiero che saliva ma ora quello spazio è occupato da un roveto che oramai ne ha preso il posto. Per girarci intorno e raggiungerlo da sopra, e quindi poterlo ammirare da un punto diverso, bisogna inoltrarsi più in alto. Ecco di nuovo la sua grande bocca alla base, una caverna lignea dentro la quale potrei stare comodamente in piedi. Qualche ramo nel frattempo ha ceduto. L'anziano proprietario, anni fa, durante una nutrita visita estiva, mi diceva che da bambino gli raccontavano che la bocca era nata dopo un temporale, quando la forza del vento aveva abbattuto un altro grosso ramo, stiamo parlando dei primi decenni del XX secolo, il risultato, a distanza di 90-100 anni è questa enorme carie che custodisce tanti silenzi e tante parole. Anzi, se avete qualche segreto da confessare potete venire fin qui e sussurrarle nel tronco del castagno di Melle, lui saprà ascoltarvi senza giudicare. Ah, ho di nuovo misurato il suo tronco e ho ottenuto una misura lievemente diversa: 930 cm.
Per approfondimenti:
Gli alberi monumentali in Piemonte
La poetica dell'uomo radice (da Piemonte Parchi del 30/6/2022)
*Tiziano Fratus ha pubblicato oltre quaranta libri dedicati alla natura, tra i suoi titoli Alberodonti d'Italia, Alberi millenari d'Italia, L'Italia è un bosco, Ogni albero è un poeta, Sutra degli alberi, Manuale del perfetto cercatore di alberi, Giona delle sequoie, I giganti silenziosi, Poesie creaturali, Sogni di un disegnatore di fiori di ciliegio; ha esposto le sue fotografie in diverse personali, ha collaborato con giornali e riviste e cura per Geo di Rai 3 la serie di documentari Grandi alberi d'Italia. Sito ufficiale: studiohomoradix.com