Scorrendo le fotografie, alcune delle quali ingiallite dal tempo, che portano alla nostra attenzione le diverse ricorrenze che hanno voluto mantenere vivo il ricordo della valanga del Beth che travolse e si portò via la vita di 81 minatori (in un perenne e spiazzante contrasto di chi, da una vita contraddistinta dal nero della polvere e della scarsità di luce, terminò la sua esistenza con una morte bianca), troviamo molti volti abituali.
Don Pasqualino Canal Brunet è sicuramente l'anima delle celebrazioni, insieme al compianto Maggiorino Passet Gros e a molti familiari di ex minatori, ma accanto a loro, costantemente ritroviamo la presenza del personale del Parco della Val Troncea. Tra questi, colui che forse rappresenta la maggior continuità e costanza con un ruolo svolto con un'immutata passione e dedizione, è il guardiaparco Domenico Rosselli.
A lui, dunque, abbiamo posto alcune domande.
Abbiamo incontrato Domenico a Pragelato, nella sede del parco, con uno sguardo rivolto all'allestimento museale dedicato alle miniere.
Domenico, quali ricordi serbi delle prime ricorrenze a cui hai partecipato?
"Ricordo soprattutto la presenza dei vecchi minatori della Val Germanasca che sono sempre venuti al seguito di Don Pasqualino Canal Brunet, la loro partecipazione molto sentita e l'attenzione con cui seguivano la ricostruzione storica fatta dall'amico Prof. Maggiorino Passet Gros. Oggi alcuni di quei minatori che ho conosciuto nei primi anni non ci sono più, e per me il ricordo di loro si accomuna a quello delle vittime della valanga, quando ogni anno i loro vecchi colleghi arrivano e posano un caschetto e una lampada sul tavolo usato da don Pasqualino in occasione della ricorrenza".
Oltre alla funzione religiosa, è iniziata una tradizione di raccontare alcuni aneddoti, fatti, storie, legati alle miniere e al territorio.
Ne ricordi qualcuno in particolare?
"Sicuramente la figura di Giovanni Sanmartino di Salza, in Val Germanasca, che sopravvissuto alla valanga del Beth emigrò in America dove fece il falegname, poi nuovamente il minatore in una miniera di carbone per poi andare a cercare lavoro in Francia e Spagna; tornato in Italia per prestare servizio militare nella Grande Guerra, riprese poi a lavorare nella galleria ferroviaria Cuneo-Nizza, quindi nelle miniere di talco in Val Germanasca e poi nuovamente in Francia come carpentiere. Una vita che è poco definire avventurosa e che si contrappone a quella di Francesco Meytre, anche lui di Salza, morto sotto la valanga del Beth a soli 16 anni. Ora riposano entrambi nel piccolo cimitero di questo Comune della Val Germanasca, e mi piace pensare che l'avventurosa vita di Giovanni possa rappresentare una piccola compensazione per quella negata troppo presto a Francesco".
A questo punto, lo sguardo di Domenico si posa su una fotografia che ritrae un gruppo di minatori del Beth: anche se segnati dal difficile lavoro, dalla fatica, dalla polvere, si possono riconoscere i volti dei più giovani che, come Francesco, lavoravano al cantiere. Il Parco naturale della Val Troncea ha dedicato un ampio settore del suo museo agli aspetti culturali del territorio, cercando di mantenere viva l'attenzione sulle miniere del Beth, promuovendo e organizzando eventi, mostre, pubblicazioni, anniversari speciali, come quello dei 100 anni in cui si è organizzato un convegno a Pinerolo. Sappiamo che per il corrente anno la comunità pragelatese, in collaborazione con il Parco, animerà i prossimi mesi attraverso incontri dedicati all'argomento di cui abbiamo già dato conto.
L'Ente di gestione delle Alpi Cozie ha preparato altre sorprese sul tema specifico per questa estate?
"Oltre a conferenze e letture nelle borgate sono previste uscite sul territorio per scoprire e visitare i luoghi delle miniere. Il 6 luglio faremo una cena-conferenza presso il rifugio di Troncea, nella stessa data è prevista l'inaugurazione della mostra rinnovata che era stata allestita per il centenario del 2004 e che sarà ospitata presso la Casa Escartons di Pragelato, accompagnata da un libretto/guida, realizzato per l'occasione, che riassume questa importante storia e i personaggi che l'hanno caratterizzata. Proietteremo in diverse occasioni un docufilm sulle miniere, una di queste sarà nell'ambito del film festival di Sestriere che si terrà nei primi giorni di agosto. Sul sito dei Parchi Alpi Cozie si possono recuperare tutte le indicazioni puntuali dei vari eventi".
Negli ultimi anni è stato possibile realizzare una importante produzione video sull'impresa del Beth grazie alla disponibilità della famiglia Solimini Giani, Pietro Giani era tra l'altro uno dei principali proprietari nella seconda metà dell'Ottocento delle miniere. Come descriveresti questa esperienza?
"Un'idea nata un po' in sordina, conseguente agli incontri che abbiamo avuto con la famiglia Giani dal 2007 in poi e con Graziella in particolare, preziosa custode dell'importante memoriale di Pietro Giani, l'imprenditore che fondò nel 1860 l'impresa del Beth, la cui "scoperta" ha fatto luce molti aspetti di questa vicenda industriale. Fabio Solimini Giani, discendente diretto di Pietro, è un regista della RAI di Roma ed è dunque venuto quasi naturale pensare di fare qualche ripresa sui luoghi delle miniere, con l'idea all'inizio di realizzare un piccolo documentario. Questa iniziativa è lievitata nel tempo perché troppo bella e importante era la storia di Pietro Giani e delle miniere e dunque dopo quattro anni di riprese e la collaborazione di molti esperti, si è arrivati a questo importante risultato: un docufilm interamente prodotto e finanziato dalla famiglia Giani, della durata di oltre un'ora con una parte recitata che racconta il dramma della valanga e le origini di questa avventura mineraria, gloriosa e tragica allo stesso tempo".
Domenico ci mostra un dvd video con sulla copertina il volto di Pietro Giani. Nel modo in cui lo tiene e lo guarda, percepiamo la soddisfazione e l'impegno che il prezioso oggetto nasconde. Non possiamo dunque esimerci da porgli un'ultima domanda.
Quali significati vedi nel continuare a ricordare e a far conoscere le vicende del Beth?
"È una storia unica nel suo genere e il ricordo lo dobbiamo alla memoria non solo delle vittime, ma anche di tutti i lavoratori che per oltre cinquant'anni hanno fatto rinascere questa impresa dopo innumerevoli fallimenti, sperimentando innovazioni tecniche fra le più avanzate per l'epoca. È una vicenda veramente incredibile e ancora più incredibile è che non sia stata finora valorizzata adeguatamente; compito e ruolo di un Ente come quello dei Parchi delle Alpi Cozie è sicuramente la protezione di un contesto naturale di assoluta eccellenza, che sappiamo però essere legato strettamente alle vicende umane di questi luoghi. Soprattutto nel contesto alpino la natura, la storia e la memoria sono elementi inscindibili, fra loro strettamente connessi e sulla valorizzazione di tutti questi aspetti l'impegno del Parco è sempre stato costante".
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NB: l'articolo contiene il calendario delle principali iniziative organizzate dal 29/6 al 21/8 dalla comunità pragelatese per ricordare la tragedia del Beth.