Quarantuno ispezioni effettuate e oltre 150 chilometri percorsi: questi i numeri dell'operazione messa in atto dai Carabinieri forestali di Cuneo nei mesi scorsi in aree montane e collinari per prevenire la pratica delle esche avvelenate. Sono state battute numerose zone in Valle Stura, Alta Val Tanaro, Valle Po, nonché alcuni comuni dell'albese e del Cheraschese, con controlli svolti dalle unità cinofile in collaborazione con i guardiaparco delle Aree protette delle Alpi Marittime e delle Alpi Cozie e della Città Metropolitana di Torino.
L'avvelenamento è quasi sempre la seconda causa di morte degli animali selvatici, subito dopo gli incidenti stradali. Ma chi sono gli avvelenatori? E quali i rimedi messi in campo dalle istituzioni? E noi cittadini come possiamo contribuire?
L'identikit dei responsabili
"Le esche vengono lasciate dai malintenzionati, soprattutto nel periodo autunnale, approfittando della chiusura degli alpeggi in quota e dello spostamento a valle delle mandrie e dei cani" spiega Mauro Fissore, Guardiaparco dell'Ente di gestione delle Aree protette delle Alpi Marittime e coordinatore del nucleo cinofilo.
"La pratica delle esche avvelenate è infatti utilizzata da individui che in questo modo intendono 'liberare' le aree di caccia oppure i pascoli dai predatori, ma non è inusuale l'uso di bocconi avvelenati nelle zone di ricerca del tartufo, per rivalità tra cercatori. E' difficile individuare i responsabili anche se con le fototrappole, in alcuni casi, è stato possibile riprenderli. Si tratta comunque di persone senza scrupoli al punto che, in alcuni casi, sistemano le esche vicino ad aree gioco o in prossimità di falde acquifere".
Vittime designate e vittime casuali
"Spesso gli avvelenatori colpiscono nelle aree protette, ma non solo: le esche vengono posizionate anche alla periferia dei centri abitati per colpire gatti randagi o cani, utilizzando crocchette o polpettoni avvelenati, oppure bocconi che contengono schegge di vetro o chiodi" prosegue Fissore. "I veleni utilizzati sono i più vari: si va dai comuni topicidi, che possono esser acquistati senza alcun permesso in qualsiasi negozio del settore, ai diserbanti, fino alle sostanze lumachicide usate nell'orto. In questi ultimi anni il destinatario principale di queste pratiche è soprattutto il lupo, ma l'avvelenamento porta alla morte anche di altri animali carnivori, come le volpi e i rapaci, che finiscono per nutrirsi delle carcasse degli animali avvelenati. Dunque la catena alimentare miete più vittime, in successione. Lo scorso anno i casi di avvelenamento segnalati in Piemonte sono stati 270".
I rimedi
"Innanzitutto la prevenzione, che passa per un'azione di educazione e informazione. Grazie al progetto europeo LIFE Wolfalps Eu in questi anni sono stati realizzati diversi materiali informativi, dalle locandine ai manifesti, che vengono distribuiti e affissi, oltre che nelle sedi dei parchi, anche negli ambulatori veterinari, in modo da essere visibili ai proprietari di animali domestici. Poi, laddove queste azioni siano già state poste in essere, occorre intervenire per rimuovere i veleni abbandonati, che possono essere pericolosi anche per le persone, soprattutto i bambini. A questo proposito sono molto importanti le operazioni, spesso condotte con i gruppi cinofili antiveleno, sia dai Carabinieri forestali che dalla Regione Piemonte" conclude Fissore, che è anche coordinatore di uno di questi gruppi.
Le unità cinofile antiveleno
Tra 2021 e 2022 un intenso percorso formativo ha portato all'operatività di sette nuove Unità Cinofile Antiveleno (UCA) costituite nell'ambito del progetto LIFE WolfAlps EU in Italia e Austria, due dei quattro Paesi alpini coinvolti dal progetto.
In Italia le nuove unità operative sono sei, di cui due previste in Liguria e Lombardia e una in Piemonte e in Veneto. L'Ente di Gestione delle Aree Protette delle Alpi Marittime ha istituito l'unità Piemontese e quella ligure.
Le nuove squadre affiancano quattro Unità Cinofile Antiveleno che erano state istituite nell'ambito del precedente progetto LIFE WolfAlps e formate da personale della Città Metropolitana di Torino, dai guardiaparco dell'Ente di Gestione delle Aree Protette delle Alpi Cozie e da militari dell'Arma dei Carabinieri Forestali di Cuneo e di Omegna.
Uno strano animale a sei zampe
Roberta Bottaro, addestratrice cinofila ENCI specializzata in ricerca sostanze, si è occupata dell'addestramento di tre cani - e di altrettanti conduttori - delle nuove squadre: Sole (che con Paolo opera in provincia di Brescia), Sax (che insieme a Andrea svolge il suo lavoro in Liguria) e il nuovo arrivato Virgilio (che lavora con l'addestratrice Roberta nelle Alpi Marittime). "Se la formazione del cane è importante, quella del conduttore è fondamentale. Si può dire che l'unità cinofila sia composta da un animale a due zampe più uno a quattro" spiega Bottaro. "La formazione del conduttore non è solo tecnica, ma si tratta di un percorso finalizzato a conoscere il proprio amico a quattro zampe come individuo, come razza e – infine - come compagno di lavoro e di vita. I cani si siedono di fronte al boccone, anziché mangiarlo, per avvisare il conduttore dell'avvenuto ritrovamento e ricevere il loro premio preferito, ossia cibo o un gioco. Per poter gratificare il proprio compagno di lavoro nella maniera giusta bisogna conoscere il cane: non a tutti cani piacciono le stesse cose. Quello che per un cane è una ricompensa fantastica è indifferente a un altro cane: c'è chi preferisce i giochi di lotta, chi i giochi di riporto e chi non vede l'ora di ricevere una carezza o un po' di cibo. Le conoscenze tecniche, non sono aride, anzi: sono ciò che aiuta a migliorare la relazione cane-conduttore. Solo così il conduttore può diventare un buon collega per il cane e condurlo in modo comprensibile e congeniale alla sua natura in modo da ottenere i risultati desiderati come squadra" conclude Bottaro.
Perché l'unità cinofila funzioni al meglio è dunque fondamentale che si crei una solida alleanza e reciproca comprensione tra cane e conduttore, attraverso un percorso di training che ha una durata variabile a seconda dell'età del cane e dalla formazione del conduttore, e può durare anche 12 mesi, nel caso di un cucciolo.
Sono diverse le razze di cani adatte per questo tipo di attività e rappresentate nelle unità cinofile del LIFE WolfAlps: il pastore belga malinois, l'espagnol breton, il pastore australiano, il drahthaar e il pastore tedesco.
Le nuove UCA sono già entrate in azione a seguito di diverse segnalazioni.
In Piemonte, a seguito del ritrovamento della carcassa di uno sciacallo dorato il 17 marzo scorso, sono stati eseguiti due interventi urgenti da parte della nuova unità Aree Protette delle Alpi Marittime con il maschio di drahthaar Virgilio, in collaborazione con le unità istituite nel precedente LIFE di Città Metropolitana di Torino e delle Aree Protette Alpi Cozie. Nel sopralluogo fortunatamente non sono state trovate esche.
"Le azioni di intervento sul territorio servono da un lato a trovare e rimuovere le esche, dall'altro costituiscono di per sé un deterrente per i malintenzionati. E' importante che tutti facciano bene il loro lavoro: dai veterinari, al personale dei parchi fino alle istituzioni territoriali. In caso di ritrovamento di bocconi avvelenati, infatti, occorre bonificare l'area che deve essere chiusa al pubblico con un'ordinanza del Sindaco competente e interdetta allo svolgimento di tutte le attività turistiche, alla caccia e alla raccolta di funghi e castagne" spiega ancora Fissore.
Cosa fare in caso di avvelenamento
Se in occasione di un'escursione ci imbattiamo in una carcassa di animale o in un boccone sospetto possiamo avvertire i Carabinieri forestali oppure il servizio veterinario dell'ASL più vicina. Sicuramente la prima regola è quella di non toccare mai nulla. Se invece è il nostro animale domestico a manifestare dei sintomi compatibili con l'avvelenamento la prima cosa da fare è contattare immediatamente il veterinario più vicino e nel frattempo evitare all'animale qualsiasi stress, tenendolo tranquillo e fermo, in un posto né troppo freddo né troppo caldo, lasciandolo respirare agevolmente e fornendogli dell'acqua da bere. Nella malaugurata ipotesi che il nostro animale non dovesse sopravvivere è essenziale effettuare degli approfondimenti per definire la causa della morte, contattando il servizio veterinario dell'ASL locale o il nostro veterinario di fiducia. E' importante perché una conferma della diagnosi di avvelenamento consente l'intervento delle squadre cinofile e la bonifica del territorio ed è anche il primo passo per avviare delle indagini che possano portare a sanzionare i responsabili.
Per approfondimenti:
Sito Aree protette delle Alpi Marittime
PDF Speciale Piemonte Parchi "Occhio, il lupo è tornato"