Quel giorno non faceva freddo in Val di Viù, la più meridionale delle Valli di Lanzo. Le lunghe piogge della primavera avevano gonfiato i torrenti, rendendone difficoltoso l'attraversamento, e la luce filtrava azzurrognola e un po' obliqua attraverso nuvole vaporose. L'incontro che ha dell'incredibile è avvenuto durante un censimento della tipica fauna alpina, in una situazione particolare che mi vedeva solo e ben mimetizzato nel mezzo di una pietraia compresa tra i canali di sfogo di due grandi valanghe. Macchina fotografica e richiamo alla mano, tentavo l'approccio con una coppia di elusive coturnici decise a far rispettare i confini del loro territorio.
Il sole era sorto da meno di mezz'ora e un gruppo di camosci sostava al sole qualche centinaio di metri più in alto, quando è arrivato il lupo. Fino qui nulla di sensazionale perché l'avevo incontrato già altre volte e non mi ha sorpreso. È stata piuttosto la dinamica dell'incontro a farmi pensare, lasciandomi addosso una sensazione quasi d'euforia: non soltanto per il buon andamento del mio monitoraggio e per la presenza di abbondanti selvatici, quanto per l'intensità della situazione ricca di particolari e scevra da ogni retorica.
Dentro l'ottica della macchina fotografica ho guardato un lupo attraversare la brughiera nell'attenta ispezione di anfratti e radici. Era un esemplare solitario, di cui non ho saputo determinare il sesso: è una specie con cui non ho la stessa dimestichezza che possiedo con gli ungulati che studio da una vita. Certamente un adulto, che avanzava con passo baldanzoso e attento, sicuro di sé come lo è un individuo che si muove all'interno del proprio territorio. Mi pareva avere una meta prestabilita e sulle prime ho pensato che fosse a caccia di camosci. Invece, superato il tratto nevoso della prima valanga, l'ho visto piegare leggermente verso il basso, costeggiando la pietraia per dirigersi direttamente verso di me, ignorando l'emanazione delle pernici che fino a pochi minuti prima erano transitate in quello stesso punto.
L'apparecchiatura fotografica in mio possesso è tutt'altro che all'avanguardia: vetusta e prossima al pensionamento, da qualche tempo mi crea problemi con la messa a fuoco e con l'apertura del diaframma. La vecchia ottica Canon ha ingrandimenti fissi e mi manca un buon cavalletto, perciò mi serviva davvero che le distanze si accorciassero se volevo tentar d'indovinare uno scatto significativo. Così l'ho lasciato avanzare...
Un incrocio di sguardi
Il lupo si è fermato a una quindicina di metri da me, avvertendo forse un riflesso tra le pietre o il suono di uno scatto, ed è rimasto immobile a guardarmi.
Evidentemente mi studiava, valutando le diverse probabilità che gli si paravano di fronte. Si trattava di un animale adulto, ma certamente giovane: il pelo invernale sulle zampe cominciava a lasciare il posto a un mantello fulvo più leggero, in una muta che rendeva poco evidenti le striature nere sopra gli arti anteriori. I denti sani e bianchissimi.
I minuti scorrevano senza che accadesse nulla, come se il tempo si fosse fermato. Lo sentivo respirare, soffiando forte l'aria dal naso, un po' come fanno i camosci quando sono allarmati. Allora ho deciso di muovermi e mi sono alzato in piedi ma lui è rimasto immobile, pietrificato come il paesaggio intorno, grigio come le rocce macchiate di lichene. Ho fatto ancora un passo, alzando la voce e, a questo punto, ho sentito un abbaìo basso e misurato, misto a un brontolio di preoccupazione. La sua paura aveva avuto il sopravvento, mentre si lanciava in una fuga rapida ma non precipitosa verso il basso.
Controllando i dintorni con il binocolo, mi sono accorto che attorno a noi la montagna era rimasta deserta, scomparsi gli ungulati e ammutolite le pernici nascoste sotto ai sassi: avevo vissuto un momento molto intenso, fatto di un incrocio di sguardi come non avrei mai pensato di vivere.
Impegnato in altri censimenti della fauna selvatica, mi chiedo: cosa vedrò domani? Un giorno l'ermellino, un altro il corteggiamento della beccaccia o la nascita di un piccolo muflone, il risveglio della vipera o il volo del primo grifone. Tuttavia, ancora oggi, a distanza di mesi, continuo a sentire il canto roco delle coturnici echeggiare tra le rocce, il fischio dei camosci e lo scalpitare dei loro piedi in fuga: e davanti a me, lo sguardo attento di un lupo.