I daini (Dama dama) sono originari dell'Europa orientale, Turchia e aree limitrofe, e sono stati reintrodotti in molti paesi in tempi diversi per motivi ornamentali o venatori. In Italia si erano estinti ai tempi dell'ultima glaciazione e sono ricomparsi nel Medioevo, forse anche in precedenza a opera dei romani o per volontà dei normanni. Si ritiene che le popolazioni più antiche siano quella di Castel Porziano, nell'Agro Romano, e quella della Tenuta di San Rossore, in Toscana, che rimangono oggi le più numerose. Oggi il daino è presente su tutto il territorio italiano, dalla pianura agli Appennini, con popolazioni frammentate e spesso isolate, distribuite in varie regioni, con una preferenza per le aree mediterranee. Per questo la specie è considerata "alloctona naturalizzata", in grado cioè di formare popolazioni capaci di riprodursi e sostenersi senza intervento umano.
Prima regola: adattarsi
Il daino è un erbivoro ruminante con una grande plasticità trofica, si nutre infatti di erba, foglie, frutti e germogli. «L'origine della plasticità ecologica della specie – spiega Marco Apollonio esperto di ungulati e docente del Dipartimento di Medicina Veterinaria dell'Università di Sassari – è probabilmente il risultato di un alto grado di variabilità ambientale dell'areale post-glaciale di origine. Questa adattabilità sviluppata dalla specie ha fatto sì che i daini possano sopravvivere e riprodursi in diversi habitat anche in Italia, dove le condizioni ambientali sono simili a quelle originarie». Anche dal punto di vista della distribuzione il daino ha dimostrato grande capacità adattativa con un modello di aggregazione complesso. «Il daino è una specie gregaria – continua Apollonio – ma la sua organizzazione sociale è strettamente legata al ciclo annuale: nei boschi maschi e femmine rimangono separati per la maggior parte dell'anno. I maschi adulti da una parte e le femmine con i giovani dall'altra, spesso in diverse aree geografiche. All'inizio dell'autunno i maschi raggiungono le femmine per riprodursi e i gruppi rimangono misti fino all'inizio dell'inverno, quando gli animali ristabiliscono mandrie dello stesso sesso. Tuttavia, queste dinamiche possono cambiare a secondo delle disponibilità trofiche e della tipologia di habitat. In spazi aperti, infatti, i branchi tendono a essere più numerosi per aumentare la vigilanza verso i predatori».
Daino vs Cervo vs Capriolo
«Oggi in Italia la presenza del daino è stabile – afferma l'esperto – con oscillazioni che dipendono dalla gestione delle differenti popolazioni». Se da un lato il daino è molto adattabile in ambiente mediterraneo, dall'altro non lo è affatto in ambienti più estremi come le Alpi, dove è anche più vulnerabile ai predatori, per questo la specie mantiene una distribuzione frammentaria». Il problema, tuttavia, si può creare proprio nelle aree più adatte dove, a causa della limitata capacità di dispersione e alla forte socializzazione di questo ungulato, si possono raggiungere localmente densità estremamente elevate. «Rispetto a cervo e capriolo – dice Apollonio –, di cui è competitor alimentare, il daino ha abitudini alimentari più opportuniste e un'eccessiva presenza di questa specie mette a rischio la sopravvivenza delle altre due. È una questione di risorse trofiche disponibili e occupazione dell'habitat». Ciò è stato documentato, per esempio, nel Parco regionale della Maremma dove il daino ha creato interferenza verso il capriolo escludendo quest'ultimo dalle aree di pascolo, anche attraverso aggressioni dirette. Nel Bosco della Mesola, invece, la presenza del daino è stata considerata un rischio per la sopravvivenza del cervo della Mesola (una riserva naturale demaniale in provincia di Ferrara), unico sottospecie di cervo autoctono della nostra penisola, di alto significato biologico e diversa dalle altre popolazioni di cervo rosso. L'importanza della conservazione del cervo della Mesola ha costretto il ministero dell'Ambiente e l'Ispra a correre ai ripari con un programma nazionale di tutela che prevedeva anche il contenimento della popolazione di daino.
Nelle nostre mani
Piani di controllo del daino con abbattimenti selettivi sono previsti anche in aree limitate o chiuse come il Parco nazionale del Circeo. In seguito alla decisione dell'Ente di gestione, il mondo ambientalista però si è opposto spingendo il parco e rimandare la questione o a trovare soluzioni alternative. L'abbattimento – si chiedono in molti – è davvero l'unica soluzione possibile?
«Pensare a sterilizzazioni delle popolazioni di selvatici – ha detto Marco Apollonio -, come si è proposto per il Circeo, è un'impresa utopistica e irrealizzabile. Certo, non è mai facile optare per l'abbattimento ma l'opinione pubblica deve capire che il benessere di un habitat passa attraverso il controllo di tutte le specie che lo abitano dando preferenza a quelle autoctone, che non è il caso del daino, o più vulnerabili e mantenendo in equilibrio le altre. L'unica alternativa all'abbattimento è spostare gli animali in altre zone adatte alle loro esigenze dove però non andrebbero in conflitto con popolazioni locali di altri ungulati. Un altro aiuto significativo arriva dalla presenza dei predatori, il lupo in questo caso, verso il quale il daino è più impreparato rispetto a caprioli e cervi che da sempre si confrontano con lui».
E speriamo dunque che ci pensi il lupo a tenere la bilancia in equilibro lasciando perdere, per quel che è possibile, le doppiette.