La notizia di un lupo trovato morto sul ciglio di una strada a Giaveno, in borgata Girba, è soltanto di qualche giorno fa. L'ha segnalato un cittadino agli agenti del Servizio Tutela Fauna e Flora della Città Metropolitana di Torino. Si è trattato di un maschio adulto, deceduto da almeno un giorno e con segni di un investimento, ma sarà l'esame autoptico sulla carcassa trasportata alla Facoltà di Medicina Veterinaria di Grugliasco a stabilire le cause della morte del predatore.
"La collaborazione tra i cittadini che segnalano e le istituzioni che operano è fondamentale", si legge nel nel comunicato stampa della Città metropolitana di Torino, perchè qualsiasi persona di buona volontà, con una telefonata può contribuire alla gestione, allo studio e alla salvaguardia delle specie animali selvatiche" - compreso il lupo - seguendo alcuni semplici accorgimenti: ovvero, di fronte alla carcassa, non effettuare alcuna manipolazione, se non strettamente necessaria, per non rendere più difficile la ricostruzione della dinamica che ha portato al decesso dell'animale.
Il ritrovamento della carcassa, che non deve essere recuperata, deve essere invece comunicato alle istituzioni competenti, come ad esempio il Servizio Tutela Fauna e Flora della Città Metropolitana di Torino, preparate a intervenire sul campo.
Investimento, una delle prime cause di morte del lupo
"La causa principale di morte del grande carnivoro sono gli investimenti stradali che si registrano su tutto il territorio regionale ma si concentrano soprattutto nella Valle di Susa, per motivi di maggior chilometraggio e di più rapido scorrimento della rete rispetto ad altre zone. Subito dopo, in ordine di importanza, vengono gli avvelenamenti. Le rimanenti cause sono di natura sporadica", ci ha spiegato il professore Luca Rossi della Facoltà di Medicina Veterinaria di Grugliasco, nello speciale di Piemonte Parchi 'Occhio il lupo è tornato'.
Quindi, è vero che le cause di morte del lupo sono in larga parte antropiche, ma è anche vero che è più facile trovare carcasse di lupi deceduti per queste cause piuttosto che la carcassa di un lupo ucciso da altri lupi, oppure morto di malattia o in seguito a eventi accidentali.
"In Piemonte - ha spiegato poi Luca Rossi - vige il Protocollo regionale di ritrovamento dei lupi morti, un bell'esempio di collaborazione tra enti pubblici competenti in materia. Storicamente le carcasse di lupo venivano conferite alla Facoltà di Medicina Veterinaria dell'Università. Successivamente, la Legge ha attribuito agli Istituti zooprofilattici l'esclusività della certificazione sui casi di intossicazione. Nell'occasione, come Università abbiamo fatto presente l'elevato valore didattico delle autopsie per i nostri studenti e i due enti hanno così trovato un accordo. Di fatto, quando viene ritrovato un cadavere di lupo ne veniamo informati dalla rete Wolfalps, ci organizziamo con i colleghi dello Zooprofilattico, concordiamo una data comune - nei giorni immediatamente successivi se c'è una necessità urgente (ad. esempio un sospetto di uccisione illegale) o più dilazionata nel tempo (ad esempio in caso di investimento) - e infine si esegue congiuntamente l'autopsia. Ogni cadavere viene esaminato prioritariamente per capire la causa della morte, ma poi vengono fatti esami di ogni tipo, per un uso scientifico ottimale delle carcasse".
Il Protocollo citato da Rossi è stato concordato tra tutti gli enti che afferiscono a Wolfalps e ha valenza regionale. Ciò ha garantito una sua continuità, anche dopo il termine del progetto, avvenuto a marzo 2018.
Gli ultimi dati del Progetto Life Wolfalps
E sempre in questi giorni è uscita la fotografia della popolazione alpina di lupo aggiornata all'inverno 2017/18 nel Report scientifico pubblicato dalla rete Life WolfAlps.
Nelle Alpi Centrali e Orientali italiane la presenza del lupo è ancora una novità, mentre in Piemonte e, principalmente nelle province di Cuneo, Torino e Alessandria, la specie è presente da quasi 20 anni. La popolazione sulle Alpi italiane è cresciuta, raggiungendo, nel periodo 2017-2018, il numero di 46 branchi e di 5 coppie per un totale di 51 unità riproduttive e una stima minima di 293 lupi.
La parte più consistente della popolazione alpina si trova in Piemonte, dove è stimata la presenza di 33 branchi e 2 coppie, per un totale di minimo 195 lupi, presenti principalmente tra le province di Cuneo e Torino (19 branchi e 1 coppia in provincia di Cuneo, 13 branchi e 1 coppia in provincia di Torino e un solo nuovo branco in provincia di Biella).
Il lupo in queste due province ha raggiunto quasi la saturazione territoriale, e occupa oramai tutto il territorio montano interessando anche le zone collinari e pedemontane.
La tendenza di crescita della popolazione è ora principalmente verso il nord del Piemonte e le altre regioni. Nelle province di Vercelli, Verbano-Cusio-Ossola e Novara, è documentata la presenza di individui solitari stabili e di passaggio, ma non ancora di branchi.
Nel resto delle Alpi italiane nel 2017-2018 sono presenti 4 branchi in Valle d'Aosta, dove è documentata anche una nuova coppia, 8 branchi tra il Veneto e le province di Trento e Bolzano, una nuova coppia in Provincia di Trento, una in Friuli Venezia Giulia e 1 branco transfrontaliero in Lombardia, tra la provincia di Como e la Svizzera.
In Lombardia, sono inoltre presenti almeno 1 individuo solitario con territorio stabile da più di un anno e una nuova coppia. Avvistamenti sporadici sono registrati in modo crescente nel resto delle Alpi Centro-orientali e nelle Alpi Occidentali anche nelle zone collinari pedemontane.
I dettagli dell'evoluzione a partire dagli anni '90 della ricolonizzazione naturale della popolazione di lupo in Piemonte e sulle Alpi sono disponibili nel Report "La popolazione di lupo sulle Alpi italiane", redatto dalla coordinatrice scientifica Francesca Marucco, in collaborazione con esperti, genetisti, e tutti i referenti regionali, scaricabile dalla pagina LIFE Wolfalps.
Un documento che è il punto di arrivo di un imponente lavoro scientifico di monitoraggio coordinato dal progetto europeo LIFE WolfAlps e dal Centro di referenza Grandi Carnivori (GCG), che ha mobilitato un network di oltre 500 operatori e tecnici appositamente formati, appartenenti a 43 enti e istituzioni coinvolti dal ritorno naturale del lupo sulle Alpi. Uno studio che rappresenta il riferimento scientifico aggiornato per tutte le parti chiamate a confrontarsi sul tema prioritario della gestione della specie a livello nazionale e alpino.