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Coronavirus e animali domestici, ecco cosa c'è da sapere

Non ci sono evidenze scientifiche che gli animali domestici possano essere fonte o vittime dell'infezione: lo dicono le autorità sanitarie e le organizzazioni veterinarie mondiali e lo ribadisce anche il capo della Protezione Civile italiana, Borrelli che ormai tutti abbiamo imparato a conoscere. Ma partiamo dall'inizio. 

 

  • Laura Succi
  • Marzo 2020
  • Lunedì, 23 Marzo 2020
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Coronavirus e animali domestici, ecco cosa c'è da sapere

 

I Coronavirus appartengono a una grande famiglia di virus che infetta sia gli esseri umani che varie specie di animali, inclusi i cammelli, i bovini e i pipistrelli, ma molto raramente gli animali sono in grado di infettare le persone perché generalmente gli animali hanno i propri virus e l'uomo ha i suoi.

Sono chiamati così perché al microscopio si vede chiaramente la particella virale circondata da una corona di proteine, sono delicati e graziosi, esprimono bellezza come l'arte.

Il Coronavirus che ci impesta è stato chiamato SARS-CoV-2 dal Comitato internazionale per la tassonomia dei virus (ICTV), mentre COVID-19 è il nome dato alla malattia causata dal virus.

Un fatto importante riportato dall'American Veterinary Medical Association  è che nemmeno la superficie dei nostri animali può essere fonte di contagio: i materiali porosi, come i peli della loro pelliccia, assorbono e intrappolano il virus, rendendo parecchio difficile contrarre la malattia con il semplice tocco. Tuttavia vale sempre la buona regola di lavarsi le mani bene e spesso. Questo prima e dopo essere stati in giro o aver maneggiato gli animali, il loro cibo o le loro provviste, oltre a evitare baci, leccate o di condividere il cibo. Com'è buona regola di igiene in assoluto e come ci dicevano le nostre nonne tra l'altro, anche la mia.

Al contrario forse siamo noi a infettare loro, come nel caso del cane cinese che ora è in quarantena per precauzione. In un articolo di Repubblica, Umberto Agrimi, direttore del Dipartimento sicurezza alimentare, nutrizione e sanità pubblica veterinaria dell'Istituto superiore di Sanità ragiona così: "Il salto di specie non è inusuale ma in questo caso è verosimile che sia stata la donna a infettare il cane e che il virus sia presente nella mucosa del cane come su piatti o tovaglioli utilizzati. Il dato è comunque preliminare e inconsistente. Detto questo, se in Cina imporranno regole strette di tutela delle specie selvatiche e domestiche sarei molto contento. E non solo per ragioni etiche, ma di conservazione delle specie".

Cosa dicono i veterinari

Dal canto loro le organizzazioni veterinarie mondiali precisano l'importanza che le autorità veterinarie rimangano informate e mantengano stretti contatti con le autorità sanitarie e con le persone responsabili della fauna selvatica, per garantire che comunicazione e gestione del rischio siano coerenti e adeguate. E che dunque qualsiasi rilevamento del virus COVID-19 in un animale, comprese informazioni sulla specie, i test diagnostici e le informazioni epidemiologiche pertinenti, sia rilevato e segnalato.

L'OIE (World Organization for Animal health) le invita anche ad adoperarsi affinché la reazione contro il COVID-19 non conduca a misure che potrebbero compromettere il benessere o la salute degli animali domestici o selvatici o avere un impatto negativo sulla biodiversità.

L'OIE e l'Associazione mondiale dei Veterinari (WVA) mettono pure in evidenza il ruolo e le responsabilità dei veterinari per la salute pubblica e specificano quali sono i lavori chiave per assicurare la continuità della sicurezza alimentare, la prevenzione delle malattie e la gestione dell'emergenza. Tra le numerose attività ci sono quelle che assicurano che solo gli animali in salute e i loro prodotti entrino a far parte delle derrate alimentari, che segnalano le situazioni di emergenza, che si occupano di azioni preventive come le vaccinazioni contro le malattie che possono avere un significativo impatto sull'economia o sulla salute pubblica.

In questo momento il Ministero della Salute emette circolari settimanali che dicono ai veterinari come comportarsi, perché la preoccupazione è per i contatti tra loro e il padrone del cane o del gatto e degli altri animali, oppure per i problemi legati all'approvvigionamento dei mangimi, sia per lei aziende zootecniche sia per i canili che degli allevamenti in genere; ma per quanto riguarda l'interazione animale-uomo non è data alcuna indicazione in merito, visto che non c'è nessuna segnalazione di criticità.

In questo momento non bisogna allarmarsi più di quanto non ci si preoccupi per una risma di fogli di carta o di una moneta che passa di mano in mano. I rischi di interazione con il mondo animale non sono ritenuti importante e dunque non sono stati coinvolti nei protocolli di sicurezza. Gli allevamenti sono controllati e gli animali sono isolati e anche nel caso degli animali domestici, in cui la promiscuità è maggiore, si tratta pur sempre di animali che non hanno grandi possibilità di scorazzare in giro, pure nel caso del cacciatore che se ne va a spasso nei boschi con il suo cane non ci sono le condizioni per la propagazione del virus.

Il Covid-19 non è la priorità per il mondo animale

Attualmente le patologie sotto ai riflettori delle autorità veterinarie sono due: la peste suina africana (PSA) che infetta maiali e cinghiali e l'influenza aviaria che colpisce gli allevamenti avicoli e gli uccelli selvatici, e in entrambi i casi anche in questi giorni di emergenza le attività di controllo sono assidue e puntuali.

Tanto per ampliare l'argomento, i virus sulla Terra ci sono e ci sono sempre stati, è nell'ordine delle cose di questo mondo. Alcuni sono intrappolati nei ghiacciai e nel permafrost, quello che hanno perforato i ricercatori che hanno pubblicato il loro studio di recente sulla rivista BioRxiv.org. Prelevando campioni in profondità fino a 50 metri nei ghiacci di Guliya in Tibet hanno identificato 33 gruppi di virus, 28 dei quali sconosciuti e sepolti da migliaia di anni che i cambiamenti climatici in corso stanno portando alla scoperto. Le conseguenze sono importanti dicono: si rischia di perdere per sempre archivi microbici e virali che possono rivelare molto della storia del clima sulla Terra oppure, nel peggiore dei casi, possono riattivarsi nuovamente propagandosi nell'ambiente.

Il riferimento per eventuali informazioni sono i Servizi Veterinari dell'ASL competente per territorio.

La buona notizia è che cani e gatti e conigli e tutti quanti i nostri animali da compagnia non diffondono il Coronavirus, né tra di loro né agli umani. E proprio per questa ragione, il Garante dei Diritti degli animali della Regione Piemonte lancia un appello: "Non abbandonateli!". 

 

 

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