La PSA (acronimo di Peste Suina Africana) è una malattia infettiva che colpisce suini domestici e cinghiali che da quasi vent'anni dilaga in tutta Europa. Per capirne di più Piemonte Parchi ha intervistato il personale dei parchi impegnato nella gestione e contrasto dell'epidemia, in ragione della vasta esperienza sulla fauna selvatica e sull'approccio scientifico che abitualmente gli Enti di gestione delle Aree naturali protette adottano nel loro agire.
Il personale delle Aree protette, coordinato dai Gruppi Operativi Territoriali (GOT) istituiti dalla Regione Piemonte con funzioni di eradicazione della PSA e di contenimento del cinghiale nonchè formati da personale tecnico delle Autorità competenti locali e delle Direzioni regionali Sanità pubblica veterinaria, Agricoltura e Ambiente, delle polizie provinciali e delle Aree protette regionali – ha "un'esperienza e una conoscenza del territorio e dei comportamenti del cinghiale, tali da individuare con maggiore facilità le aree dov'è più probabile rinvenire le carcasse dell'animale", spiegano Monica Perroni e Gianni Innocenti, rispettivamente direttrice e responsabile del Servizio territoriale Bessa Burcina dell'Ente di gestione delle Aree protette del Ticino Lago Maggiore.
Il monitoraggio della presenza delle carcasse e la loro rimozione permette infatti di prevenire la diffusione della PSA. "In esse il virus risulta persistere per lungo periodo e possono fungere da serbatoio per la patologia. I cinghiali venuti a contatto con le carcasse diffondono, con i loro spostamenti, il virus anche in aree che ne sono prive", dicono Vittorio Debrevi e Alice Gado, funzionari dei Parchi Reali.
Inoltre, come racconta Laura Gola delle Aree protette del Po piemontese,: "E' in atto un progetto di sperimentazione coordinato dall'Istituto Zooprofilattico del Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta e realizzato con la collaborazione scientifica dell'ISPRA - Istituto Superiore per la Ricerca Ambientale. Si tratta di una tecnica di trappolaggio poco conosciuta, la PIG BRIG, che permette di catturare un gran numero di esemplari, rispettare il benessere dell'animale e non disturbare la restante fauna".
Quel che è da evitare, infatti, come sottolineano Federico Imbriano e Alessandra Fassio del Parco paleontologico dell'Astigiano, sono le "prese di posizioni estreme": bisogna puntare, secondo loro, a un "approccio che non guardi solo alla limitazione della diffusione del virus o alla riduzione della popolazione suinicola".
"Oltre al trappolaggio, che sta prendendo sempre più piede - spiega ancora Gola - si mettono in atto soprattutto tecniche di appostamento: si attirano gli animali con foraggio e li si abbattono. Altra tecnica utilizzata è quella denominata "di cerca": consiste in una ricerca attiva notturna di animali con ausilio di termocamere, utilizzate dagli operatori appostati su un'auto. Sempre per seguire un approccio scientifico, che è alla base di tutte le operazioni portate avanti dal parco si cerca di abbattere più femmine e individui giovani per ridurre quanto più possibile la diffusione del virus".
Uno sforzo in continua evoluzione
Dallo scoppio dell'epidemia di Peste Suina Africana i parchi hanno dovuto adattarsi a una nuova situazione emergenziale.
"Ogni ente agisce in maniera autonoma sul proprio territorio, utilizzando tecniche diverse e una diversa programmazione degli interventi di controllo della popolazione di cinghiale per via di contesti estremamente diversificati. Si pensi, per esempio, alle specificità e peculiarità dei territori. Questa mancanza di uniformità rispecchia la varietà delle condizioni di un patrimonio naturale complesso, che per essere gestito necessita di metodi differenti, generando un tipo di organizzazione 'elastica' fortemente resiliente e in grado di esaltare la peculiarità sito-specifiche di ogni area protetta." spiegano ancora Imbriano e Fassio.
La considerazione che ne deriva non può, perciò, essere univoca. Su un punto, tuttavia, tutti i parchi sono d'accordo: c'è stato un costante e vertiginoso incremento dello sforzo.
"Con la PSA, la Regione Piemonte ha messo a punto una piattaforma che raccoglie dati giornalieri dai parchi, in cui i guardiaparchi inseriscono il monitoraggio in tempo reale insieme alle tecniche impiegate e numero di capi abbattuti. Insomma - spiegano Debrevi e Gado - oltre che la sola gestione sul campo è ormai necessaria anche una attività informatica. A ciò si aggiungono un buon numero di incontri di coordinamento con gli altri enti di gestione coinvolti".
L'attività di monitoraggio portata avanti dalle aree naturali protette, sia nazionali che regionali, interessate dalla PSA, permette di aver ben chiaro il quadro della situazione epidemica in Italia. Ma cosa dobbiamo aspettarci in futuro? "La PSA è una malattia virale, altamente contagiosa e spesso letale, che colpisce cinghiali e maiali. Ha pertanto un vasto potenziale di invasività e si sta diffondendo gradualmente nel basso Piemonte e in Liguria. Rispettare le prescrizioni e le misure di biosicurezza per il contenimento della malattia risulta essenziale, anche perché i dati delle epidemie passate in Sardegna e in altri Paesi europei dimostrano che l'eradicazione della malattia è difficile e richiede tempi molto lunghi", spiega Lorenzo Vay delle Aree protette dell'Appennino piemontese, un parco impegnato fin dagli albori dell'epidemia a contrastare la sua diffusione.
Tuttavia, il Comitato Paff - Piante, Animali, Alimenti e Mangimi - della Commissione Europea ha riconosciuto, lo scorso mese di settembre, la Sardegna ufficialmente indenne dalla peste suina africana mediante una revisione del regime di regionalizzazione dell'UE e, per il Piemonte, si può profilare l'uscita dalle misure più restrittive alla stregua della stessa Regione sarda che ha conseguito l'eliminazione della malattia grazie a un rigoroso programma di eradicazione e controllo, sostenuto dall'UE e guidato da un gruppo di esperti nazionali e regionali.
L'importanza della comunicazione
Ma di PSA se ne parla? E in quali modalità? "La Peste Suina Africana suscita moltissimi timori: per gli allevatori suinicoli rischia di causare ingenti perdite economiche, per la fruizione del territorio rischia di essere limitante poiché può determinare la chiusura di sentieri, per i cacciatori riduce le aree di libera attività. Se ne sente parlare più che altro per sollecitare interventi di contenimento dei cinghiali in occasione di danni a colture o di incidenti stradali, oppure, viceversa, per ostacolarli. È la consueta dinamica irrisolta da tempo sul contenimento degli stessi cinghiali.
Dunque, ogni informazione sul tema è fuorviata da tale dinamica che contrappone agricoltori, cacciatori e animalisti - spiegano in maniera esaustiva Debrevi e Gado. Occorrerebbe, invece, saper trattare in modo più serio e scientifico la questione, dando voce agli esperti che hanno analizzato la problematica: sia di diffusione dei cinghiali che, più recentemente, di diffusione della PSA".
Il Parco La Mandria, un esempio virtuoso
Gli stessi interlocutori raccontano come il Parco naturale La Mandria sia l'esempio di un ciclo virtuoso, in cui i cinghiali vengono macellati in loco e poi rivenduti alle macellerie della zona. Attualmente in nessun altro parco piemontese esiste una filiera con le stesse caratteristiche, per diverse ragioni: perché non ci sono macelli disposti a conferire le carcasse di cinghiale, né tanto meno a comprarle, come nel caso del Parco Paleontologico Astigiano, o perché i capi di cinghiale abbattuti sono pochi e perciò non vengono commercializzati ma ceduti esclusivamente per autoconsumo agli operatori o coltivatori che collaborano con le attività di controllo, come avviene nel Parco dell'Appennino piemontese.
In altri enti, tuttavia, si stanno mettendo in atto delle convenzioni per provare a creare una filiera, come raccontano dal Ticino-Lago Maggiore: "Il nostro ente ha da poco attivato una convenzione con una Cooperativa che garantisce il recupero in loco dei capi abbattuti entro tempi tecnici ristretti al fine di creare una filiera ed è in corso di definizione un'altra convenzione con un centro di lavorazione della selvaggina sul territorio piemontese presso il quale gli operatori conferiscono i capi abbattuti".
Un sostegno per chi si trova in difficoltà economica in Val di Susa
Nei Parchi Alpi Cozie dell'area Valle di Susa, il contenimento interessa il Parco naturale dei Laghi di Avigliana, il Parco naturale del Gran Bosco di Salbertrand e il Parco naturale Orsiera Rocciavrè e - dall'autunno 2022 - si è sperimentata e poi consolidata una specifica filiera che consente di destinare la carne dei cinghiali abbattuti ad associazioni senza scopo di lucro presenti sul territorio.
In questi tre parchi i capi vengono cacciati esclusivamente dal personale guardiaparco e conferiti all'Azienda Agricola Rousset di Oulx per lo stoccaggio in attesa delle analisi condotte dall'ASL prima della macellazione e destinazione al consumo umano.
Una convenzione siglata dall'ente prevede che il 70% della carne destinata a uso alimentare venga trattenuta dall'Azienda agricola a copertura delle spese di ritiro, certificazione, lavorazione e conservazione, mentre il restante 30% venga confezionato sottovuoto e donato alla Caritas diocesana di Oulx e alla Croce Rossa di Bussoleno per essere distribuito alle famiglie più bisognose della valle e per supportare la gestione dell'emergenza migranti.
L'utilizzo delle risorse alimentari rappresentate dai cinghiali abbattuti avviene senza ulteriori spese da parte dei Parchi Alpi Cozie con l'obiettivo di creare una ricaduta economica e un contributo al lavoro svolto dalle associazioni sul territorio.
Le azioni della Regione Piemonte
In aggiunta al lavoro delle Aree protette, a inizio agosto la Giunta regionale del Piemonte ha varato tre provvedimenti che dovrebbero contribuire in maniera ancora più efficace a gestire la PSA: è stato prolungato di un mese il calendario di caccia dei cinghiali, è stata approvata la fascia di 500 metri che autorizza i proprietari e conduttori di un fondo rurale a effettuare abbattimenti di esemplari oltre i confini del proprio appezzamento e, per finire, nelle azioni di prelievo selettivo del cinghiale, gli operatori potranno ora avvalersi di dispositivi di puntamento, anche digitale, per la visione notturna.
Da inizio anno, sono stati 2.249 (dato al 22 ottobre) gli abbattimenti di cinghiali effettuati soltanto dagli Enti gestori delle Aree naturali protette.
Il nostro approfondimento sulla Peste Suina Africana continua. Nei prossimi articoli vi racconteremo: l'origine e la storia della malattia, genesi e cause, per concludere con i risvolti sociali ed economici che derivano dalla sua diffusione.
Si ringrazia Marta De Feo, funzionaria del Settore Sviluppo Sostenibile, Biodiversità e Aree naturali della Regione Piemonte per la consulenza scientifica.
Per saperne di più:
Deliberazione della Giunta Regionale 4 dicembre 2023, n. 24-7842 - Istituzione del Gruppo Operativo Territoriale Regionale (GOTR) e dei Gruppi Operativi Territoriali (GOT)
PSA - Banca dati faunistica e venatoria
PSA – Bollettino epidemiologico nazionale