Lo stambecco Capra ibex è un formidabile equilibrista che trova il suo ambiente ideale tra le ripide pareti rocciose, ma che non gradisce la neve profonda. Per questo motivo, necessita di adeguate aree di svernamento dove potersi rifugiare nei mesi invernali. Fra dicembre e gennaio – periodo di accoppiamento per la specie – molti individui si radunano in aree relativamente ristrette ed è quindi molto più facile farne il conteggio. Certo, in estate si farebbe forse meno fatica per il fatto di non dover raggiungere i punti di osservazione camminando su terreni innevati, ma in questa stagione gli stambecchi si disperdono su un territorio molto più ampio e raggiungono quote molto più elevate, quindi contarli diventerebbe ben più difficile con il risultato che avremmo dati meno attendibili.
Nel Parco del Monviso la disponibilità di aree idonee ad ospitare gli stambecchi nel periodo invernale è elevata ed esistono almeno tre grandi settori di svernamento che vengono monitorati dal 2016, anno di istituzione del parco. Monitorare lo stato delle popolazioni di alcune specie animali di interesse conservazionistico rientra fra i compiti istituzionali dell'Ente parco, con particolare riferimento ad alcune specie di interesse "europeo" elencate, per esempio, nella Direttiva Habitat (92/43/CEE).
Lo stambecco, in particolare, era presente nelle Valli del Po e del Varaita fino alla metà del '700, ma già nei primi anni del XIX secolo le cronache dell'epoca non riportano più la presenza della specie che, solo fino a qualche decennio fa, risultava estinta nelle nostre valli. Gli animali che oggi possiamo incontrare durante le escursioni nel parco sono quindi i "pronipoti" degli esemplari che furono reintrodotti a partire dalla popolazione sopravvissuta nel Parco Nazionale del Gran Paradiso. In particolare, fra il 1978 e il 1993 un primo gruppo di 25 individui venne reintrodotto nella vicina Val Pellice. A questa reintroduzione ne seguirono altre, nelle valli attorno al Monviso e fino ai primi anni 2000, che portarono ad una naturale espansione degli animali che colonizzarono presto il territorio del Parco.
Le modalità del censimento
Il censimento prevede che gli operatori raggiungano i siti di osservazione la mattina presto e che, con l'impiego di un'adeguata strumentazione ottica (binocoli con ingrandimenti 8-10x e cannocchiali che raggiungono i 60 ingrandimenti) individuino e classifichino gli animali suddividendoli in differenti categorie sulla base del sesso e/o dell'età di ciascun individuo. Questi dati consentono di valutare lo stato della popolazione analizzando l'andamento negli anni, per esempio, del rapporto fra maschi e femmine e del successo riproduttivo.
I dati del 2022 hanno fatto registrare il numero massimo di animali contati a dicembre con un nucleo di almeno 207 individui nel Parco del Monviso.
Gli stambecchi, ovviamente, non tengono in considerazione i confini dei parchi e i confini amministrativi stabiliti da noi umani: per ottenere dei dati utili ai fini della conservazione di questa specie è quindi fondamentale la collaborazione fra i diversi Enti che, sul territorio, si occupano di fauna selvatica. Lo stesso protocollo di monitoraggio si svolge, infatti, da oltre 10 anni nelle Valli Varaita, Pellice, Germanasca, Chisone e Troncea, a opera dei rispettivi Comprensori Alpini e dell'Ente Gestione delle aree protette delle Alpi Cozie. Inoltre, dal 2016, il protocollo di monitoraggio e i dati delle osservazioni sono condivisi con il confinante Parco naturale del Queyras in Francia, anche attraverso un'apposita piattaforma on line.
Nel corso dei 7 anni di osservazioni si può notare come, dopo un repentino incremento iniziale, la popolazione dello Stambecco che sverna attorno al Massiccio del Monviso è sostanzialmente stabile (vedi grafico andamento popolazione e rispettiva tabella numerica ).
Come analizzare i dati raccolti?
I dati del Parco del Monviso mostrano una popolazione in buona salute, ma potrebbe non essere lo stesso per tutti gli stambecchi delle Alpi. Nel Parco Nazionale del Gran Paradiso, ad esempio, i monitoraggi degli scorsi anni sembrano evidenziare un calo del successo riproduttivo. Secondo gli studi condotti nel parco nazionale, questo dato potrebbe essere dovuto al fatto che la vegetazione sta anticipando i propri ritmi di crescita, per effetto dei cambiamenti climatici. Nel corso dell'evoluzione le nascite dei piccoli stambecchi e il periodo di maggiore abbondanza della vegetazione si sono "sincronizzati", ma oggi i piccoli nascono quando l'erba è meno verde e meno nutriente ed hanno quindi minori possibilità di sopravvivere.
I cambiamenti climatici in atto suggeriscono quindi di mantenere alta l'attenzione su questa specie e rendono quanto mai necessario proseguire l'opera di monitoraggio che, mantenendo inalterate metodiche e periodi, permetterà di ottenere indicazioni preziose che potranno portare a una corretta e adeguata gestione di questo emblematico ungulato delle alte quote.
Video "Ibex in the mountain" - Progetto Interreg Alcotra LeMed-Ibex