Lingue vere, parlate, non si tratta qui della solita metafora paesaggistica. Tanto per cominciare, la lingua italiana scelta dall'autore è un ibrido spontaneo, esattamente quella che ancora oggi si può udire al paese allorché lo zio di campagna si sforza di parlare "pulito" in onore del nipotino di città o di un "foresto". D'altronde non sorprende che nessuno abbia mai pensato di sciacquare i panni in... Bormida, anche prima delle note traversie industriali.
Ma sì, in fondo le Langhe non hanno già fatto da sfondo alle ibridazioni internazionali di Fenoglio...?
Già, Fenoglio. E Pavese, Lajolo, Revelli. Possibile che un territorio così ristretto abbia una tale concentrazione di storie? Possibile che basti essere né montagna né collina, non vicino al mare ma non così distante da non riceverne influssi, per essere qualcosa di speciale? Sicuramente no, visto che una buona metà d'Italia è proprio così. E allora?
Azzardo una possibilità geologica: il fatto è che le Langhe non sono semplici colline, aspre, ma come tante, ma piuttosto un antico altopiano dissecato dall'erosione. L'altopiano continua ad esistere nell'allineamento delle creste allungate, dal panorama mozzafiato. Questo paesaggio sì che è unico in Italia, parola di geologo. Con gente e storie uniche anche perché, gli altopiani, si sa, non sono luoghi adatti alle strade di gran traffico. Insomma dalle Langhe non ci si passa, si sta, o si parte. In qualche caso ci si finisce per errore. Chiaro quindi che tutti i personaggi di Zunino, almeno tutti quelli che hanno una storia da raccontare, raccontano una storia di viaggio, anche se, a volte, solo fino alla fiera di fondovalle. I viaggiatori più interessanti, però, oltre alle storie portano a casa una lingua diversa, francese, inglese, russo, spesso lo spagnolo, con qualche disagio d'incomprensione per i langaroli più stanziali.
Nei racconti si viaggia anche nel tempo, con un po' di latino parrocchiale, buono per capirsi tra parrocchiani, magari seppelliti già da un po' ma ancora con delle questioni da regolare.
A questo punto mi si consenta una digressione: lingue e naturalisti, non è che c'è una liaison? Non sei zoologo o botanico se non conosci la nomenclatura linneana che, di per sé, costituisce una lingua internazionale già pronta per l'uso. Qualcosa doveva già aver intuito lo zoologo di Torino Daniele Rosa con il suo progetto di lingua internazionale Nov Latin (1890). Ma, soprattutto bisogna citare un altro zoologo e divulgatore, Lancelot Hogben con la sua lingua Interglossa, tutta a base di radici greco latine, concepita sui tetti di Londra in guerra durante i turni di guardia antiaerea(!) poi ripresa, con un certo interesse, negli anni '90.
Ora, chi temesse un'opera di divulgazione interlinguistica può stare tranquillo. Così come chi temesse un'opera di divulgazione naturalistica, perché la "La notte del Capitano" è tutt'altro. Ma, a proposito, perché invece lo Zunino non ci regala veramente un racconto naturalistico? C'è forse qualcuno in Italia che sappia qualcosa della Riserva della Biosfera di Sian Ka'an? – e pensare che con un nome così siamo in Messico, non in Persia!
Ne "La notte del Capitano" il primo racconto ha un forte sapore autobiografico con un professore emeritus di biologia che da Palermo, macchina e bagagli, percorre i tornanti liguri dello spartiacque, fingendo di perdere la strada per ritrovare i ricordi; da lì è uno scorrere di personaggi e luoghi a ritroso nel tempo, non tutti in Langa. Molti, inevitabilmente, i racconti di guerra, compreso quello "vero" che dà il titolo alla raccolta, così come molti i racconti di masche (sarebbero una specie di strega, per i non piemontesi) e i racconti di emigrazione. Come da tradizione, ma con qualche reinterpretazione, come, ad esempio, quando si fa capire che per le masche pare sia irrinunciabile il grande libro di sistematica botanica, da studiare come per ogni buon universitario. Oppure la gastronomica emigrazione della... robiola in Messico! Ora, è accertato che alcuni formaggi messicani, come quelli a pasta filata, sono stati importati dagli immigrati italiani ma delle "robiolas" forse nessuno aveva mai ancora scritto. Viene il dubbio che non sia tutta invenzione letteraria...
I racconti sono pubblicati da Buendia Books nella collana "Douja" che per i non piemontesi sta per asettico "boccale" ma in realtà richiama un recipiente panciuto in terracotta per vini o leccornie varie. Satura lanx, insomma, come i racconti di Zunino.
"La notte del Capitano e altre storie di Langa" di Mario Zunino, collana Douja, ed. Buendia Books, 2020, 148 pp, € 10,00.