Anche se a noi mammiferi può sembrare un po' strano (ma chiedetelo all'ornitorinco!), nel mondo animale riprodursi deponendo uova è di gran lunga la regola più seguita. Molluschi, insetti, pesci, anfibi, rettili affidano la loro perpetuazione alla deposizione di uova. Certo una cosa è liberarle più o meno disordinatamente nell'acqua, come fanno pesci e rane (restringendo il campo ai vertebrati), altra è nasconderle accuratamente in luoghi idonei, come fanno per esempio tritoni e rettili. Ma nessuno di questi animali si può paragonare agli uccelli per quanto riguarda la cura dedicata alle uova. Innanzitutto si parte dalla fabbricazione di un guscio di alta qualità, molto robusto (calcareo), multistrato, e massima "civetteria" è il caso di dirlo, colorato nei più differenti ed eleganti modi che si possano immaginare. Non solo: l'uovo è spesso deposto in nidi estremamente elaborati, ben nascosti e covato per periodi più o meno lunghi. Alla nascita i pulcini possono essere nidicoli (ciechi e nudi) e quindi ancora strettamente dipendenti dai genitori, o nidifughi, coperti da piumino, con occhi aperti e velocemente zampettanti dietro il genitore che li guida e li protegge comunque. Insomma la biologia riproduttiva degli uccelli è un campo di studi estremamente affascinante e ovviamente dalla buona riuscita della riproduzione dipende il successo di una popolazione o di una specie, considerato l'alto tasso di mortalità cui gli uccelli sono comunque naturalmente sottoposti. Gli ornitologi hanno dedicato molto tempo a studiare le abitudini riproduttive degli uccelli, partendo dapprima dalle più semplici descrizioni fino ad arrivare a più complessi studi muti disciplinari di eco-etologia e di dinamica delle popolazioni.
Naturalmente il primo passo di questi studi è trovare e identificare il nido della/e specie oggetto di studio, quindi caratterizzarne la composizione vegetale o comunque i materiali utilizzati per la costruzione, elencare i siti riproduttivi preferiti, identificare le uova, conoscerne il numero deposto, il periodo di cova, l'alternanza dei genitori, il numero di covate, l'eventuale attitudine a rimpiazzare covate perdute, stabilire quanto tempo i piccoli restano nel nido, calcolare il successo riproduttivo (giovani involati per uova deposte) e così via. Un mestiere difficile, lo si capisce bene anche dal breve elenco appena fatto. In Italia un maestro in quest'arte è Aldo Pazzuconi, ornitologo di Broni , in provincia di Pavia, che ha dedicato tutta la sua vita (è nato nel 1922) a queste ricerche allo scopo primario, ben chiaro nella sua mente fin dall'inizio, di giungere a condensare i risultati in un libro conciso ma utilissimo, unico nel suo genere in Italia e con pochi paralleli anche all'estero. Il signor Pazzuconi, Aldo per gli amici, è un uomo asciutto, di poche parole, di origine contadina, un pochino diffidente nei confronti dei "giovanotti" che si autodichiarano "esperti" di ornitologia. Lui ha lavorato con Edgardo Moltoni, allora direttore del Museo di Milano, contribuendo alla rinascita del Museo e delle sue collezioni naturalistiche dopo i bombardamenti della II Guerra Mondiale, ha scoperto la presenza del picchio nero in Sila (allora si pensava fosse presente solo sulle Alpi), ha insegnato, bird-watchers ante-litteram, a generazioni di "giovanotti" a riconoscere il verso e i canti di uccelli, a eseguire censimenti (tra i quali il primo progetto atlante italiano degli uccelli nidificanti: quello della provincia di Pavia, nel 1977), a identificare uova, nidi e nidiacei di specie estremamente simili, finanche a distinguerne addirittura le loro inflessioni dialettali (me la ricordo bene la lezione sui fringuelli della Sardegna!). Ora, mentre ci accompagna, il sottoscritto assieme a Ermanno De Biaggi, direttore del Museo di Scienze Naturali di Torino, a Canevino, suo paesino natale, abbarbicato sulle colline dell'Oltrepò Pavese, Aldo si entusiasma nel descrivere l'abbondanza di Passeriformi che fino a qualche decennio addietro popolavano queste colline dall'ambiente estremamente vario, dove si alternavano calanchi, boschetti, pratelli aridi, sieponi di rovi, piccole vigne, campi di frumento. Dove sono finiti tutti quei fanelli, sterpazzole, torcicolli, zigoli neri, culbianchi, bigie grosse... mah... forse la monocoltura della vite, forse i cambiamenti climatici sui luoghi di svernamento...Certo che ora si resta a bocca aperta a leggere della biodiversità avifaunistica di queste aree in un articolo datato 1969 e pubblicato da Pazzuconi sulla Rivista Italiana di Ornitologia. Indubbiamente ora documentare scientificamente, con una calibrata raccolta di campioni, tutti i loro nidi e le loro uova sarebbe molto difficile, impossibile forse. E allora è una vera fortuna che lui, unico in Italia, ci abbia pensato quando ancora era possibile e che ora questa documentazione scientifica sia stata messa a disposizione di tutti essendo passata nella disponibilità del Museo Regionale di Scienze Naturali. Qui il catalogo è ormai pronto e, collegato al libro Uova e nidi degli Uccelli Italiani, edito con il contributo significativo del figlio Giannino, serve e ancor più servirà in futuro come base per studi e ricerche teorici e ancor più per ricerche finalizzate alla conservazione della nostra avifauna, sempre più minacciata dai continui e repentini cambiamenti ambientali. La raccolta "nidologica" assieme al libro fornisce ai ricercatori strumenti eccezionali per formulare nuove idee, verifiche, confronti. Solo attraverso lo studio di campioni ben documentati come quelli che la compongono è stato possibile scoprire fatti molto importanti anche per la protezione degli uccelli, come ad esempio gli effetti nocivi del DDT sull'assottigliamento del guscio e il conseguente crollo della riproduzione di molti uccelli rapaci e nuove tecniche, applicate a materiali raccolti anche molto tempo prima, aprono di continuo nuovi orizzonti di ricerca. Al di là di tutto questo però, quando di tanto in tanto, vado a rileggere descrizioni di nidi o siti di nidificazione (mi viene in mente ad esempio la descrizione del nido dell'averla capirossa, dove il nido è detto essere "più "fiorito" di quello dell'averla piccola" non manco di chiedermi dove Aldo abbia imparato tutto quanto ci ha trasmesso con i suoi lavori e ancor più i dettagli che emergono chiacchierando con lui. La risposta è una sola: passando giornate e giornate intere ben nascosto a osservare il comportamento degli uccelli, alla maniera dei grandi naturalisti dell'800.