Non è stato di certo un periodo facile per i chirotteri, più comunemente noti come pipistrelli. Oltre a essere da decenni oggetto di superstizioni e false credenze, con la pandemia di Covid-19 la diffidenza verso questi mammiferi è aumentata. Tanto che l'Ispra, l'Istituto superiore per la ricerca ambientale, ha dovuto diffondere un comunicato in cui si specificava che "la prossimità di pipistrelli all'uomo, come per esempio quella che si realizza in presenza di colonie in aree abitate, non pone rischi di trasmissione di Sars-CoV-2" e si sottolineava inoltre che "svolgono un importantissimo servizio ecosistemico sopprimendo insetti potenzialmente ed effettivamente nocivi alla salute umana, ai coltivi e ai boschi. Pertanto la presenza di pipistrelli anche in prossimità di aree abitate costituisce un elemento positivo e non deve causare preoccupazione".
Le normative
Data la particolare importanza dei chirotteri che rappresentano un terzo delle specie dei mammiferi terrestri italiani e nonostante il loro apporto sia fondamentale sotto il profilo della biodiversità, questi animali sono minacciati e inseriti della lista globale IUCN delle specie considerate in via d'estinzione o prossime a divenire tali. Come si può leggere su siti istituzionali come quello della Città Metropolitana di Torino "tale precario stato di conservazione ha motivato l'adozione di disposizioni normative finalizzate a una rigorosa tutela". E che "oltre all'ovvio divieto di uccidere, catturare, detenere e commerciare esemplari (reati sanzionati penalmente: art. 30 della L. 157/1992), la normativa vigente stabilisce che i pipistrelli non debbano essere disturbati, in particolare durante le varie fasi del periodo riproduttivo e durante l'ibernazione, e che i loro siti di rifugio non siano danneggiati, né distrutti (art. 6, cap. III della Convenzione di Berna, resa esecutiva con L.503/1981; art. 8 del D.P.R. 357/1997; art. III Accordo sulla conservazione delle popolazioni dei chirotteri europei, reso esecutivo con L. 104/2005)".
I pipistrelli negli edifici: come si spiega il fenomeno
Secondo un articolato vademecum stilato dal Centro Regionale Chirotteri i pipistrelli utilizzano le costruzioni antropiche o in alternativa ai rifugi naturali o perché, in seguito a voli notturni, vi fanno ingresso accidentalmente. Spesso questi ambienti artificiali hanno caratteristiche simili a quelli delle fenditure rocciose o delle cavità arboree e si tratta in questo caso di rifugi "di piccolo volume" (cassonetti delle tapparelle, intercapedini del tetto, interstizi di grondaie e camini). Ci sono poi i rifugi detti "di grande volume" perché simili a grotte e con soffitti adatti all'appiglio, ambienti bui, umidi e senza correnti d'aria (edifici monumentali, castelli, palazzi, chiese a livello di sottotetti o scantinati). Soprattutto in questo secondo caso le specie di chirotteri che frequentano questi edifici tendono a ritornare, si mostrano fedeli. Le ragioni di questo comportamento sarebbero da ravvisare nel fatto che grotte, torri, grandi cavità rappresentano un ambiente ideale e "protetto" per svolgere le funzioni riproduttive quindi partorire e allevare i piccoli. Per questo la distruzione, ma anche l'alterazione dei rifugi "di grande volume" porterebbe a conseguenze estremamente negative per i pipistrelli, considerando anche che alcune specie sono decisamente longeve (possono vivere fino a 40 anni) e si troverebbero quindi in pericolo.
Che cosa fare
La convivenza tra uomo e chirotteri è possibile e doverosa. I cittadini e gli enti che si trovano ad affrontare un problema connesso alla chirotterofauna, devono prestare attenzione a chi rivolgersi. Spesso Vigili del Fuoco, Asl, Uffici tecnici dei Comuni o di altre amministrazioni e le ditte di disinfestazione non hanno la formazione e le competenze necessarie. Invece i Servizi di tutela della fauna operanti sul territorio o i gestori di aree protette, in collaborazione con la Regione, possono indicare le opportune soluzioni e gli specialisti più adeguati che comprendono la tutela e la conservazione dei pipistrelli.
Molto spesso quando si parla di lavori di restauro, di conservazione o di cambio di destinazione di edifici monumentali o sottoposti a vincoli da parte della Soprintendenza per i beni artistici e architettonici si consiglia di fare eseguire - da esperti - una perizia chiriotterologica.
Il Molosso di Cestoni, l'inquilino della Mole Antonelliana
Un caso simbolo in cui gli esperti sono intervenuti si è verificato a Torino dove una specie particolare di pipistrello, il Molosso di Cestoni, sembra avere tra i suoi "alloggi" prediletti i lastroni che rivestono la cupola della Mole Antonelliana.
Secondo una lista curata da Paolo Debernardi, Elena Patriarca e Roberto Toffoli per il Centro Regionale Chirotteri, le specie di pipistrelli presenti in Italia e in Piemonte sono più di trenta. E sebbene si tratti di un censimento in divenire, perché in ogni momento possono essere scoperte nuove specie (magari confuse con altre di aspetto simile) e perché i dati ecologici di recente descrizione possono essere frammentari, nel documento è ben segnalata la presenza del Molosso di Cestoni in Piemonte e nell'area della città metropolitana di Torino. Il Molosso di Cestoni (Tadarida teniotis) è l'unico rappresentante della famiglia dei Molossidi, la sua misura dell'avambraccio (molto utilizzata nella determinazione delle specie) va dai 57 ai 67 mm, mentre l'apertura alare dai 408 ai 440 millimetri e un peso fino ai 50 grammi. Il suo muso - con il labbro superiore cascante - ricorderebbe quello dei cani molossoidi, la conformazione delle ali (simile a quella dei rondoni e stretta e allungata) gli permettono di volare e cacciare ad alta velocità e a diverse centinaia di metri dal suolo. Gli studi a riguardo dicono che il Molosso di Cestoni è presente in tutta la regione paleartica (cioè in tutta l'Europa, il Nord Africa, l'Asia sino a Nord dell'Himalaya e la parte settentrionale della Penisola arabica). In Piemonte la specie è stata segnalata già dalla prima metà del secolo scorso: i primi avvistamenti a Torino risalgono al 1905 e poi agli anni 1919 e 1937. Poi se ne sono perse le tracce sino agli anni Novanta. Sia in estate sia in inverno questo pipistrello è solito rifugiarsi in fessure di pareti rocciose, edifici (case, ponti, edifici monumentali), cavità sotterranee naturali o artificiali (grotte, miniere, gallerie) dove può formare gruppi che vanno dai cinque ai quattrocento esemplari.