La Zerynthia polyxena è una specie di farfalla diurna che l'Europa ci impone di proteggere, ma che si è "cacciata nei guai" trovandosi a La Maddalena, nel Comune di Chiomonte, proprio nell'area interessata dall'espansione del cantiere per la realizzazione della linea ferroviaria ad alta velocità (TAV). E' fra le 112 specie presenti in Piemonte che l'Europa tutela con la "Direttiva Habitat", uno dei principali strumenti normativi per la conservazione delle specie animali e vegetali in quanto, oltre a tutelare gli individui delle specie segnalate, prevede anche la protezione degli habitat in cui le specie vivono. Tra le tante troviamo anche, solo per citarne alcune, coleotteri come lo scarabeo d'oro (Carabus olympiae, simbolo dell'Oasi Zegna), lo scarabeo eremita (Osmoderma eremita) e il cerambice del faggio (Rosalia alpina); lepidotteri come la falena dell'edera (Callimorpha quadripunctaria); lo storione cobice (Acipenser naccarii); il rospo dell'aglio (Pelobates fuscus insubricus) ed il lupo (Canis lupus).
L'identikit di una specie sotto tutela
Zerynthia polyxena è una farfalla di grandi dimensioni, con un'apertura alare che può raggiungere i 50-60 millimetri. Le ali sono di color giallo pallido con motivi complessi a bande e macchie nere e con una piccola macchia rossa in area radiale. Questa specie vola soltanto in primavera (motivo per il quale non è facilissima da avvistare), un periodo durante il quale avvengono gli accoppiamenti. Le uova vengono deposte su piante ospiti, del genere Aristolochia, che nutriranno i bruchi con i loro fiori, germogli e foglie. In tarda primavera i bruchi passeranno allo stadio di crisalidi, trascorrendo a terra l'inverno per poi trasformarsi in splendide farfalle la primavera successiva.
Zerynthia si trova in diverse zone dell'Europa ma vive solo in quelle con un habitat favorevole. La principale minaccia per la sua esistenza è dunque la sparizione di queste zone a causa della crescente urbanizzazione e dell'estensione delle aree agricole. Per questa ragione è ormai estinta in Germania e Svizzera e la sua presenza è in declino in Romania, Albania, Austria, Francia, Serbia, Turchia e Ucraina. In Italia sono presenti due specie diverse del genere Zerynthia: a sud del Po Zerynthia cassandra, mentre a nord si trova Zerynthia polyxena. In Alta Val Susa quest'ultima è stata trovata in cinque siti, sia nella zona interessata dal cantiere TAV che in altre aree, situate tra i comuni di Chiomonte, Giaglione, in Val Clarea e a Salbertrand.
La farfalla della TAV
E' così che TELT (Tunnel Euralpin Lyon Turin, il consorzio italo francese che sta costruendo la TAV), per ottemperare alle prescrizioni CIPE (Comitato interministeriale per la programmazione economica) per l'approvazione del progetto definitivo della Nuova Linea Torino-Lione, ha istituito un gruppo di ricerca costituito dal Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi (DIBIOS) e dal Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari (DISAFA) dell'Università degli Studi di Torino. Il gruppo di ricerca riferisce i risultati dei lavori nell'ambito di tavoli tecnici tematici coordinati dai competenti settori della Regione Piemonte, come previsto da delibere regionali.
E' stato così avviato il progetto, la cui responsabile scientifica è Simona Bonelli, docente di Zoologia e Conservazione degli invertebrati, finalizzato allo studio e alla conservazione di Zerynthia polyxena, che assume in tale contesto la funzione di 'specie ombrello', ovvero di specie la cui salvaguardia tutela anche altre specie che prediligono gli stessi habitat o che sono rare e perciò incluse negli allegati della Direttiva Habitat (chirotteri, roditori arboricoli, insetti saproxilici). E' anche prevista una valutazione della presenza e distribuzione delle differenti specie e la progettazione di interventi gestionali (es. interventi in ambito delle compensazioni forestali) per loro salvaguardia in vista dell'ampliamento del cantiere La Maddalena.
In che cosa consiste il progetto
Lo studio effettuato e le linee guida del progetto sono state illustrate durante la conferenza stampa svoltasi lo scorso 26 novembre a Torino, a Palazzo Campana. Ne hanno parlato, oltre a Simona Bonelli, anche Alberto Dotta, Direttore del Consorzio Forestale Alta Valle di Susa, Sandro Bertolino e Michele Lonati, rispettivamente del DIBIOS e del DISAFA dell'Università degli Studi di Torino, e Manuela Rocca di TELT.
L'obiettivo dei ricercatori del Laboratorio di Zoologia del Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi dell'Università di Torino è stato quello di elaborare una strategia per la conservazione delle farfalle esistenti a La Maddalena, ovviando al problema della sottrazione del loro habitat da parte del cantiere.
L' Università ha dapprima realizzato una ricerca sulla biologia ed ecologia della specie in Val di Susa, con uno studio condotto in campo aperto e in laboratorio. Particolarmente interessante l'attività in campo, svolta tra marzo e luglio 2019, che ha impegnato quotidianamente (weekend inclusi) dodici ricercatori del laboratorio di Zoologia, che hanno percorso 5 km al giorno per 42 giorni, per un totale di 211 km a testa.
Durante l'attività di "Cattura, Marcatura e Ricattura", le farfalle sono state catturate con un apposito retino entomologico, contrassegnate con un pennarello atossico e rilasciate, per poi venire riprese successivamente. Questa tecnica ha permesso di stimare le dimensioni numeriche e i movimenti delle varie popolazioni presenti. Gli esemplari di Zerynthia individuati sono stati oltre 1.600, localizzati in cinque differenti aree, poste a distanze e altitudini diverse e non comunicanti fra di loro. Gli animali di ciascuna zona erano in buona salute ma restavano isolati fra di loro, non si spostavano e non interagivano con quelli delle altre aree, una condizione necessaria a garantire la variabilità genetica della specie e, dunque, la loro salute nel lungo periodo.
Le attività in campo e quelle svolte in laboratorio hanno inoltre consentito di identificare l'erba astrologa pallida (Aristolochia pallida) come unica pianta di cui i bruchi si nutrono.
Grazie alla collaborazione con il Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell'Università degli Studi di Torino è stato infine possibile identificare le condizioni ideali di habitat delle farfalle, che variano a seconda del clima e dell'altitudine dei siti, compresa fra un minimo di 600 e un massimo di 1250 metri s.l.m.
"La Zerynthia si trova su terreni un tempo coltivati ma poi abbandonati e per questo contraddistinti da vegetazione prativa" dice Michele Lonati, Ricercatore del Dipartimento. "Per garantire la sopravvivenza della specie, che in genere si calcola su un lasso di tempo di circa cento anni, occorre prevedere azioni di miglioramento ecologico nelle diverse zone di popolamento delle farfalle, anche contenendo l'espansione del bosco derivata dall'abbandono delle pratiche colturali tradizionali".
Per questo, anzichè "traslocare" gli animali in un'unica area, il laboratorio di Zoologia ha elaborato una soluzione innovativa: la realizzazione di un "corridoio ecologico" che collegherà in via sperimentale due delle aree di popolazione e che avrà le stesse caratteristiche di vegetazione. Sono state dunque progettate dieci piccole radure, ciascuna di 0,05 ettari di superficie, poste a distanza di venti metri una dall'altra, in cui saranno trapiantati esemplari di Aristolochia.
La sfida consiste nel ricreare le condizioni ottimali per la sopravvivenza della specie all'interno delle radure, traslocando piante nutrici e bruchi, per favorire la colonizzazione spontanea e la congiunzione delle sottopopolazioni. Si tratta di un esperimento, in seguito al quale occorrerà verificare in laboratorio l'avvenuta variabilità genetica delle popolazioni.
La protezione di altre forme di biodiversità
"Ma in Val Clarea abbiamo trovato anche altre forme di biodiversità da salvaguardare, oltre alla Zerynthia" prosegue Lonati. "Nella zona vivono infatti numerosi chirotteri, vale a dire pipistrelli, animali fortemente minacciati se pensiamo che 16 specie su 35 sono a rischio di estinzione. Qui hanno trovato casa nelle cavità degli alberi maturi, come i vecchi castagni. Una trentina di questi alberi, potenziali rifugi forestali, verranno purtroppo abbattuti nei lavori di avanzamento del cantiere ma cercheremo di mitigare il problema. Per farlo ci avvarremo della presenza di un chirotterologo che verificherà da un lato la presenza degli animali, dall'altro che il periodo di taglio delle piante non coincida con quello della loro riproduzione. Inoltre introdurremo dei miglioramenti ambientali: creando artificialmente delle cavità nei tronchi (simili ai buchi scavati dai picchi), installando delle "bat box" su circa 90 alberi giovani per ospitare i pipistrelli e fissando sui tronchi dei pannelli in vetroresina ondulata che riproducano il naturale distacco delle cortecce. Gli alberi abbattuti, infine, verranno lasciati sul sito, per riprodurre il processo naturale di decomposizione che avviene in natura e che favorisce la biodiversità di tante specie animali e vegetali". Si tratta di un progetto seguito nello specifico dal Laboratorio di Ecologia dei Mammiferi del Dipartimento di Scienze della vita e Biologia dei Sistemi dell'Università degli Studi di Torino.
"Nella zona di Salbertrand sono previsti anche altri interventi" spiega Alberto Dotta, Direttore del Consorzio Forestale Alta Valle di Susa, "che seppur al di fuori del 'progetto biodiversità' saranno svolti nell'ambito delle compensazioni forestali. Si tratta in particolare di azioni a difesa dell'Elleborina palustre (Epipactis palustris) un tipo di orchidea selvatica piuttosto rara che cresce in pieno sole, in ambienti umidi. Nella zona è in atto una competizione tra questo fiore e i salici, che sono invasivi e creano ombra, andando dunque a modificare il suo habitat ideale. Anche in questo caso si interverrà in modo mirato per salvaguardare la specie più rara".