La prima scoperta
Nel 2008 il geologo dronerese Enrico Collo, che si trovava sull'Altopiano della Gardetta con il professor Michele Piazza dell'Università di Genova, scoprì le prime impronte, poi rilevate l'anno successivo da Heinz Furrer del Museo paleontologico di Zurigo. Collo aveva svolto negli anni precedenti studi geologici per la sua tesi di laurea alla Gardetta, un sito che per ricchezza e complessità del suolo era già stato censito nel 2001 nell'Inventario dei geositi italiani.
"In questa prima fase trovammo delle impronte fossili poi identificate come appartenenti al Ticinosuchus ferox, un arcosauro terrestre di cui è stato rinvenuto uno scheletro in Svizzera, che è un antenato dei dinosauri" racconta Collo. "All'epoca l'attuale Piemonte si trovava all'equatore e l'altipiano era una zona pianeggiante in riva ad un mare caldo e poco profondo. Le impronte trovate sono in condizioni eccezionali perché deposte su uno strato di fango fine e della consistenza giusta per conservarle fino a noi. Le dinamiche della tettonica a placche hanno poi spostato queste terre verso nord fino all'attuale posizione e le hanno innalzate a un'altitudine di 2200 metri".
Le "nuove" tracce
La seconda fase della scoperta sull'altopiano della Gardetta avviene tra il 2017 e il 2020 e riguarda il rinvenimento di una nuova pista con una serie di orme fossili di 250 milioni di anni fa impresse da grandi rettili molto simili a coccodrilli (vedi immagine). Lo studio, firmato da geologi e paleontologi del Muse - Museo delle Scienze di Trento - dell'Istituto e Museo di Paleontologia dell'Università di Zurigo e delle Università di Torino, Roma Sapienza e Genova, in accordo con la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Alessandria Asti e Cuneo, è stato pubblicato sulla rivista internazionale PeerJ e riconduce le orme fossili all'Icnogenere Isochirotherium. Le orme, lunghe circa 30 cm e ben conservate, presentano una morfologia peculiare tanto da aver consentito la definizione di una nuova icnospecie che si è deciso di dedicare all'Altopiano della Gardetta. Questo ritrovamento conferma la presenza di rettili di grandi dimensioni in un luogo e in un tempo geologico che si riteneva caratterizzato da condizioni ambientali inospitali quando vulcani siberiani sprigionarono in atmosfera un'enorme quantità di gas serra. Queste rocce sedimentarie, precisamente quarzareniti, formatesi pochi milioni di anni dopo la più severa estinzione di massa della storia della vita, l'estinzione permo-triassica, dimostrano che quest'area non era disabitata come si credeva.
Lo scopritore
Edoardo Martinetto, paleontologo del Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Torino e primo scopritore nel 2017 delle nuove tracce racconta: "È stato molto emozionante notare appena due fossette impresse nella roccia, spostare un ciuffo erboso e realizzare immediatamente che si trattava di un'impronta lunga oltre trenta centimetri: un vero tuffo nel tempo profondo, con il privilegio di poter appoggiare per primo la mano nella stessa cavità dove centinaia di milioni di anni se n'era appoggiata soltanto un'altra; mi è venuto spontaneo rievocare subito l'immagine dell'animale che lasciò, inconsapevolmente, un segno duraturo nel fango morbido e bagnato, ma destinato a divenire roccia e innalzarsi per formare parte della solida ossatura delle Alpi"
Le impronte fossili
Le impronte lasciate da vertebrati come rettili, anfibi, mammiferi hanno colpito la fantasia degli uomini sin dai tempi più remoti. Nel Medioevo sono state considerate spesso come impronte di draghi, di diavoli, o di altri esseri strani. Con l'inizio dell'800 si hanno le prime esatte descrizioni di impronte di rettili e attualmente esiste una ricca ed abbondante letteratura in proposito. La possibilità di classificare e interpretare le tracce lasciate dagli animali su sedimenti sono strettamente legate alle caratteristiche del suolo e ai processi di fossilizzazione. Le orme appaiono come affossamenti sul suolo dove l'animale si spostava: se il sedimento è fine e consistente, non troppo bagnato, e se l'animale procedeva in modo regolare, si possono avere impronte nette su tutta la superficie e in alcuni casi addirittura dettagliate come quelle della Gardetta.
Queste impronte hanno infatti una preservazione straordinaria e, considerando la forma, la grandezza e altri caratteri anatomici ricavabili dallo studio della pista, grazie a tecniche 3D, gli studiosi hanno ricostruito un modello digitale per poi sovrapporvi uno scheletro del possibile autore: un rettile antenato dei dinosauri che abitava l'altopiano quando questo era all'epoca vicino all'equatore.
Che cos'è un icnofossile?
Le tracce fossili dell'attività di organismi vengono chiamati icnofossili e la paleoicnologia è una disciplina che studia e descrive le piste, le orme, i solchi e ogni tipo di impronta che fornisca dati sul modo di vita di organismi del passato. In genere le tracce fossili ci regalano informazioni sul modo di locomozione dell'organismo che le ha lasciate e sulla natura del substrato sul quale si muoveva. La maggior difficoltà nel classificare le tracce fossili sono dovute alle incertezze nel collegarle al tipo di organismo a cui appartenevano.
Il nome dei generi e delle specie attribuiti alle tracce sono basati esclusivamente sulle loro caratteristiche morfologiche e sono del tutto indipendenti dai generi e dalle specie degli organismi che le hanno prodotte.
È questo il caso dell'impronta fossile, nuova per la scienza, denominata Isochirotherium gardettensis, in riferimento all'Altopiano della Gardetta nell'Alta Val Maira in cui è stata scoperta. Ora la scienza cercherà di abbinare all'impronta l'animale che l'ha lasciata e, al momento, il candidato principale è un antenato dei dinosauri il cui scheletro è conservato in Cina.
Il futuro progetto di valorizzazione
Massimo Delfino, coordinatore del progetto del Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Torino, conferma che la prosecuzione della ricerca è destinata a svilupparsi ulteriormente grazie all'estensione dell'area di controllo e alla raccolta di ulteriori informazioni sull'associazione di rettili triassici che hanno lasciato tracce nella zona ma soprattutto grazie alla diffusione dei risultati delle ricerche geo-paleontologiche. Gli ulteriori passi saranno la conservazione sul posto delle impronte e la loro valorizzazione mediante la creazione di un Geo-Paleo park, comprendente un centro visitatori e un giardino geologico didattico-divulgativo nei comuni di Canosio e di Marmora.
Per approfondimenti:
I dinosauri della Gardetta (Piemonte Parchi, 12 novembre 2015)