Ricerca, gestione sostenibile e tutela dei sistemi fluviali alpini: queste sono le attività di cui il centro Alpstream di Ostana (CN) si occupa. Tre gli atenei piemontesi che lo gestiscono (Università di Torino, Politecnico di Torino e Università del Piemonte Orientale) e che utilizzano le sue strutture per tesi di laurea, di dottorato e ricerche scientifiche anche di rilevanza internazionale. Abbiamo intervistato Rasoanomenjanahary Elisah Nahavitatsara e Benitsiafantoka Minaco Ennyolla, due ricercatrici dell'Università di Tomasina (Madagascar orientale) che sono state ospiti per due mesi del centro di ricerca piemontese grazie a progetti di scambio internazionali.
Alpstream: un polo di ricerca all'avanguardia
"Alpstream è un centro di studi per la protezione e la gestione sostenibile dei fiumi alpini, e si avvia a diventare un punto di riferimento internazionale nel suo campo", ci racconta Ennyolla, studentessa di 24 anni al secondo anno del suo Master in Scienze. Grazie alla sua esperienza nel centro di ricerca, ha potuto approfondire le modalità di campionamento dell'eDNA (environmental DNA), ovvero le tracce di materiale genetico lasciate da specie acquatiche nell'ambiente, grazie a cui si può notare la presenza o meno di una specie in un determinato habitat. Le sue attività nel centro le hanno permesso di valutare in un ambiente più ampio fenomeni che aveva già osservato su scala più ridotta (nel "mesocosmo", come lo definiscono gli esperti).
Anche Elisah, studentessa dell'ultimo anno del dottorato in Scienze, Ambiente e Sviluppo sostenibile, sottolinea l'importanza del polo: "L'Università di Torino ha una convenzione con il nostro ateneo da alcuni anni. Purtroppo, noi non abbiamo dei laboratori per effettuare le analisi necessarie per i nostri studi, mentre qui in Italia è possibile. Io mi sono specializzata nelle specie invasive, in particolare negli anfibi allo stadio larvale, e qui ho acquisito una migliore comprensione degli ecosistemi acquatici delle Alpi che non esistono nella nostra zona. Ho avuto l'opportunità di approfondire i macroinvertebrati acquatici e il loro ruolo nella biodiversità, soprattutto come indicatori della qualità dell'acqua. Ho anche incontrato per la prima volta una deposizione di Rana temporaria, un anfibio endemico dell'Europa che sfrutta gli ecosistemi acquatici nelle Alpi. Come le piante che perdono le loro foglie durante l'inverno, pensavo che nessun animale vivesse nel fiume durante questa stagione, ma sono rimasta davvero sorpresa nel vedere quanto sono numerosi durante la nostra discesa a Ostana questo mese di marzo".
La prima volta sulla neve
Entrambe le ragazze sono rimaste piacevolmente sorprese dal paesaggio del Parco del Monviso, specialmente dagli elementi per loro inconsueti: "La mia 'scoperta' del Parco del Monviso è legata alla mia prima esperienza con la neve. Il paesaggio è magnifico e vedere il 'Re di Pietra' ogni mattina al risveglio è una benedizione! E' un caro amico che mi ha insegnato il soprannome del Monviso... Dal momento che in Madagascar non c'è la 'neve' la parola che la indica non esiste nella nostra lingua", ci spiega Ennyolla. Anche Elisah è rimasta molto soddisfatta del parco in sé, specialmente "per la sua bellezza, per la sua buona gestione e soprattutto per il fatto che le attività umane all'interno del parco non sono vietate: da noi, la comunità locale di solito non partecipa alla gestione dei parchi. La maggior parte della popolazione malgascia vive in dipendenza dalle foreste e dalle attività connesse. Non appena una foresta viene classificata come area protetta, la comunità perde il diritto di sfruttarla. L'esistenza del centro di ricerca all'interno del parco mi ha davvero impressionato anche per le sue attività di educazione e sensibilizzazione rivolte al pubblico". Incuriositi dall'assenza della parola 'neve' nella lingua malgascia, abbiamo chiesto ulteriori spiegazioni a Elisah, che ci ha spiegato come l'espressione che vi si avvicina di più sia 'ranomandry', una parola composta che significa 'acqua che dorme, che sta ferma', e che corrisponde all'italiano 'ghiaccio'.
La tutela dell'ambiente in Madagascar
Alla luce delle differenze che sono emerse, come funzionano quindi i Parchi naturali in Madagascar? Entrambe le studentesse ci riferiscono la presenza di sei categorie di 'aree protette' nel loro Paese, gestite da organizzazioni non governative in collaborazione con lo Stato o con le comunità locali. Esse permettono di ottenere informazioni utili sugli ecosistemi, i cambiamenti climatici e l'impatto antropico. Le attività umane sono proibite all'interno di queste aree che si focalizzano sul mantenimento della biodiversità di un'isola così particolare come il Madagascar. Sono invece assenti dei 'parchi naturali' propriamente detti.
Entrambe le studentesse sono rimaste infine molto soddisfatte della loro esperienza e ci tengono a ringraziare il Parco del Monviso per l'accoglienza, con la speranza un giorno di poterci tornare per esplorarne maggiormente le sue ricchezze.
Per approfondimenti:
Dalle foreste del Madagascar al Parco del Monviso (Sito Parco Monviso)
Il laboratorio nel fiume (da Piemonte Parchi)