Sabato 23 settembre la Sala Citroniera della Reggia di Venaria, capolavoro dell'arte in armonia con la natura, ha ospitato l'incontro L'uomo di fronte ai cambiamenti climatici: dalla consapevolezza alle scelte, che ha visto intervenire: il meteorologo Luca Mercalli, lo zoologo Giuseppe Bogliani, il giornalista Maurizio Dematteis, la divulgatrice Caterina Gromis di Trana e il teologo Vito Mancuso, con Davide Demichelis nel ruolo di moderatore.
Il pomeriggio ha invece visto al lavoro tecnici delle Aree protette e cultori di materia su diversi argomenti, quali: conservazione, monitoraggio, attività socio-economiche, turismo, educazione e comunicazione.
Cambiamento climatico e biodiversità
Il metereologo Luca Mercalli ha raccontato il cambiamento climatico partendo da quello che ne è diventato il segno più evidente: la fusione dei ghiacciai, e in particolare del Ciardoney, in Valle Soana, provincia di Torino. Dal 1971 a oggi è arretrato di 500 metri - ha spiegato il meteorologo - e se le temperature in quota continueranno ad essere così elevate, entro la fine di questo secolo si arriverà all'estinzione di tutti i ghiacciai alpini.
Giuseppe Bogliani ha illustrato le minacce alla biodiversità, quali la distruzione e l'alterazione degli habitat, la colonizzazione da parte di specie alloctone, l'innalzamento delle temperature, l'esaurimento della fascia di ozono in atmosfera. Per fare alcuni esempi, in diversi laghi alpini sono state immesse specie di pesci predatori che hanno desertificato gli ecosistemi, oppure l'innalzamento delle temperature ha sconvolto i ritmi stagionali determinando la desincronizzazione di alcuni uccelli migratori e di animali come la pernice bianca e la lepre variabile. «I Parchi hanno un ruolo fondamentale per la tutela della biodiversità e possono diventare delle aree-rifugio dove si mantengono le condizioni per garantire la sopravvivenza delle specie a rischio», ha concluso Bogliani.
Comunicazione e sviluppo sostenibile
Maurizio Dematteis ha parlato delle aree protette come opportunità di sviluppo sostenibile del territorio. «Siamo in un momento - ha detto il giornalista - di profondo cambiamento: ambientale, sociale, economico e culturale. Stiamo assistendo a un modello di fruizione delle aree naturali che sta andando a morire. Da un 'non più' di certi modelli, passiamo a un 'non ancora' essere pronti al cambiamento. Si va dallo spopolamento delle montagne al ritorno in alta quota delle nuove generazioni, spinte dalla crisi del post-fordismo e dell'urbanizzazione cittadina. Si comincia - solo ora - a vedere il rapporto con le aree naturali come una opportunità per il cambiamento, in un lento processo. Non più turismo di massa ma un nuovo approccio verso i parchi che porta ad avere anche progetti di vita nelle terre alte». La valorizzazione delle materie prime e dei prodotti di qualità e i servizi ecosistemici possono così essere il volano per la crescita dei territori montani: in questo processo le aree protette svolgono un ruolo fondamentale.
Caterina Gromis di Trana ha sottolineato l'importanza di una comunicazione corretta e onesta in modo particolare quando si tratta di natura. Puntare sulla comunicazione significa indurre il cambiamento nei comportamenti nei confronti dell'ambiente. L'Onu ha riconosciuto di recente che nessuno dei 17 obiettivi dello sviluppo sostenibile sarà raggiunto, al ritmo attuale. Da qui, il ruolo che possono avere i parchi in un contesto di emergenza climatica, nel migliorare l'accessibilità dei dati e la loro comunicazione. «La cooperazione non politicizzata e non selettiva è lo strumento efficace per la promozione e la tutela dei diritti dell'informazione. E' necessario anche evitare dei condizionamenti e delle pressioni per creare un'architettura finanziaria indipendente dalla gestione, dando più autonomia e responsabilità alla ricerca, allo studio, e alla didattica», ha detto la relatrice. Ci sono Comuni nei parchi, o vicini ad aree protette, che li percepiscono come ostacoli e non come benefici. I parchi diventano quindi «tesori assediati», creati per la protezione della biodiversità, all'insegna della dicotomia tra divertimento e contemplazione. Per questo partendo dalla scienza i parchi possono incoraggiare l'azione attraverso la comunicazione, che dovrebbe essere al sostegno di un cambiamento politico. «È fondamentale coinvolgere le persone in maniera costruttiva e propositiva», ha concluso la relatrice dopo un accenno alla Redazione diffusa di Piemonte Parchi quale buona pratica, per ora unica nel suo genere nel panorama italiano delle aree protette.
Bellezza e sofferenza
«Gli esseri umani che sono a contatto con la natura risultano più veri, più sinceri. Più si è a contatto con la natura più si diventa umani»: ha iniziato così il suo intervento il teologo Vito Mancuso. Un intervento che ha strappato alla platea della Sala Citroniera un lungo e sentito applauso. Parlando di quella humanitas che intenerisce il cuore e che lo apre, lo dilata.
Diventiamo più umani quando percepiamo il mistero, ben diverso dall'enigma, che incuriosisce e provoca. Mistero, invece, rimanda al chiudere gli occhi, al risolvere e allo "sciogliere".
«Di fronte al mare – ha spiegato Mancuso - Battiato voleva annegare, fondersi con la natura e deporre l'ego, connettendosi a qualcosa di più grande. Il ghiacciaio, il mare, le stelle il cielo sono più importanti. Nella misura in cui mi connetto e sento a questa dimensione assoluta, la capisco e la servo, io sono più umano. Sarò più vero, più attento al ghiacciaio che non si sciolga e gentile con le persone accanto a me. Sarò più veritiero con le parole». Natura deriva da una parola latina che significa "nascere", coniata più di tremila anni fa, giunta incontaminata fino a noi. Il mistero dei misteri.
Tutto ciò che nasce e muore, produce bellezza e sofferenza e, secondo Mancuso, da ciò deriva la coscienza umana. Bellezza e sofferenza sono le esperienze promordiali che la natura ci dà, scevra da immagini idilliache. Una natura che è anche lotta, il pesce grande che mangia quello piccolo. Che è nascita e morte. Bellezza e sofferenza sono esperienze umane universali, innescate dalla natura che, come diceva Bacone, la si domina solo obbedendole. E noi la stiamo dominando senza obbedirle, con risultati che sono davanti agli occhi di tutti. Secondo Mancuso, il problema non è la Natura, ma la fragilità è dell'uomo e della civiltà tecnologica che camminano pericolosamente sull'orlo del baratro.
I tavoli di lavoro e la Carta dei Parchi
Nel pomeriggio di sabato, i tecnici e gli amministratori delle aree protette hanno partecipato a diversi tavoli tematici, momenti di confronto e scambio di buone pratiche, ma anche di condivisione delle criticità e degli strumenti a disposizione per risolverle.
Il primo tavolo si è occupato della conservazione attiva e il confronto si è concentrato sugli habitat e sulle specie in pericolo. Il secondo ha trattato il monitoraggio e la gestione, giungendo alla conclusione che i parchi devono essere al centro della pianificazione urbanistica e di una regolarizzazione dei flussi turistici. Il terzo tavolo ha affrontato il discorso delle attività socio-economiche nelle aree protette, verso lo sviluppo sostenibile, giungendo alla conclusione che sia necessario un ampio coinvolgimento delle popolazioni locali nelle attività compatibili.
Il quarto tavolo ha sviscerato la tematica del turismo sostenibile e consapevole, proponendo nuove politiche di pianificazione in relazione alle stagioni che cambiano. Il quinto tavolo, sull'educazione, ha delineato la necessità di puntare sulla professionalizzazione del personale affinché le aree protette non siano autoreferenziali. Il sesto tavolo, sulla comunicazione, ha messo in chiaro come "non si possa non comunicare", e che per farlo bene ci sia bisogno di personale formato per dare al lavoro autorevolezza e competenza. Una comunicazione efficace dovrà essere multitarget, avvalersi di diversi canali e strumenti – come quelli digitali - e saper stimolare le emozioni anche facendo uso, perchè no, dell'ironia.
Dal lavoro dei tavoli sono emersi gli obiettivi e gli impegni chiave per il futuro, che andranno a costituire la "Carta dei Parchi", un documento strategico che intende riaffermare il valore delle aree protette, non solo nel senso della tutela dei loro territori, ma anche come strumento di consapevolezza rispetto al territorio e al cambiamento climatico in atto.
Guarda gli interventi della mattina