« Come ne' boschi
al brumal tempo suole
di vischio un cesto
in altrui scorza nato
spiegar le verdi fronde
e gialli i pomi, e con le
sue radici ai non suoi
rami abbarbicarsi
intorno, così 'l bronco
era de l'oro
avviticchiato a l'elce,
ond'era surto;
e così lievi al vento
crepitando movea
l'aurate foglie »
Virgilio, Eneide
Così nell'Eneide Virgilio descrive il "Ramo d'Oro", il vischio, con cui Enea convince Caronte a fargli attraversare lo Stige per scendere agli inferi e incontrare il padre Anchise, permettendogli così di superare tutte le difficoltà per tornare sano e salvo nel mondo dei vivi. I Greci lo associavano ad Atena, ed era la "chiave" usata ogni anno da Persefone nei mesi invernali per raggiungere il marito all'inferno.
Ed è proprio lo stesso rametto di vischio che, durante le feste natalizie, ancora si usa appendere agli usci delle case e sotto il quale innamorati di ogni età si scambiano baci di buon auspicio.
Questa particolare pianta semiparassita, appartiene alla famiglia delle Loranthaceae, presente in Italia con tre specie: l'Arceuthobium oxicedri con foglie a squame e bacche bluastre che cresce sul ginepro, il Loranthus europaeus o vischio quercino dalle foglie caduche e bacche giallastre che cresce sulle querce e il Viscum album o vischio comune, più conosciuto per la tradizione natalizia, e che cresce anche su alcune conifere, ma a differenza del vischio quercino ha foglie sempreverdi e bacche biancastre.
Quest'ultimo ha un portamento arbustivo, con rami e fusto di colore verde-grigiastro, foglie opposte e prive di picciolo, coriacee e carnose, di forma oblungo-lanceolata e con 3-5 nervature. Le piante sono dioiche, ovvero alcuni esemplari portano solo fiori maschili, altri solo femminili, e fiorisce da marzo a maggio. I suoi frutti invece maturano proprio durante l'inverno, in questo periodo, sotto forma di bacche sferiche, simili a bianche perle.
Nella popolazione europea, a seconda della piante ospiti, (latifoglie, abeti o pini) si distinguono almeno tre sottospecie e si trova in un areale compreso tra l'Europa del Nord e l'Africa del Nord. Il nome latino "Viscum" ha un'origine incerta: forse deriva da una radice indoeuropea ('is o vis') che vorrebbe dire "forza" mentre l'epiteto specifico "album", si riferisce chiaramente al colore delle bacche, che tra l'altro sono leggermente tossiche.
La leggenda legata al bacio
La leggenda nordica narra che Balder, dio della luce e della bellezza, amato dagli uomini per la sua bontà, figlio del re Odino e della dea dell'amore Frigga, aveva il presentimento di essere ucciso.
La madre, preoccupata, fece giurare a tutte le creature terrestri e agli elementi di non nuocere al figlio.Solo il vischio, che dimorava sugli alberi, sfuggì alla promessa. Loki, nemico invidioso di Balder scoprì che il vischio non aveva giurato e costruì con esso una freccia con cui lo fece uccidere. Odino allora maledisse la pianta ma la moglie del dio, piangendo la morte del figlio, lasciò cadere alcune lacrime sul vischio che si tramutarono nelle bacche bianche lucenti della pianta. Balder, baciato dalla madre proprio sotto i rami della pianta che fu per lui causa di morte, ritornò in vita.
Simbologia e usi tradizionali
Pianta magica per i Celti, secondo la leggenda nasceva dove il fulmine aveva colpito un albero e quindi sembrava piovere direttamente dal Cielo. Era considerata lo sperma stesso della sacra quercia, in particolare del rovere, perché si credeva che le bacche del vischio fossero gocce del liquido seminale del dio del Cielo e quindi si pensava di "evirare o castrare" la quercia quando lo si estirpava dall'albero.
Secondo il rito celtico, perché il vischio non perdesse il suo potere magico, doveva essere staccato dall'albero sul quale cresceva, con un falcetto d'oro, e lasciato cadere su di un bianco lenzuolo di lino. Poiché infatti era considerato una tipica pianta lunare, bisognava reciderla con un metallo legato alla divinità solare come l'oro, per poi riunire simbolicamente le opposte energie.
Sotto l'albero di quercia vi erano legati due buoi bianchi che, dopo la raccolta, venivano sacrificati alla divinità.
Questa pratica, secondo alcuni, avveniva in due momenti particolari dell'anno: a Samhain, il 1 novembre, vero e proprio capodanno celtico, e in estate durante la famosa festa di San Giovanni, durante l'ultimo quarto di luna.
Il vischio veniva poi lavato in acqua corrente di un torrente, per simboleggiare il battesimo.
Per secoli, è stato appeso all'ingresso delle abitazioni, come simbolo di pace e prosperità, sopra le culle dei bambini e anche al collo dei capi di bestiame.
In certe regioni africane la pianta, considerata sacra, è portata addosso dai guerrieri per assicurarsi l'invulnerabilità. In Europa, i contadini credevano che la pianta fosse capace di domare gli incendi, per questo ne appendevano sui tetti delle case. Bisognava raccogliere quello sulle querce, non prima della mezzanotte della vigilia del Natale e colpendolo con un bastone, si afferrava il cespo al volo prima che toccasse terra.
Precauzioni ispirate al simbolismo antico di questa curiosa pianta, semiparassita, in grado di svolgere autonomamente la fotosintesi, ma che vive sui rami di alcune piante "ospiti" per poter trarre acqua e sali minerali grazie a speciali radici, gli austori, che si inoltrano nel loro tronco.
Per la simbologia era importante che le sue bacche si sviluppassero in nove mesi, proprio come il feto umano e si raggruppassero in numero di tre, altro numero da sempre sacro per molte culture. Inoltre era sempre diretto a nord, verso la stella polare, con una forma semisferica che per gli antichi rappresentava il pianeta Terra e la volta celeste.
Occorre inoltre ricordare che la riproduzione di questa pianta avviene in modo particolare. Se il seme cade a terra non germina: è necessario che un uccello ne mangi le bacche e che le evacui su un ramo, che diventerà poi il suo supporto vitale. Ecco perché quest'insolita pianta era legata simbolicamente al mondo degli uccelli e all'aria, sfera misteriosa e divina, lontana per sua natura dall'attrazione della terra minerale a cui sono sottoposte tutte le altre piante.
Secondo la Dottrina della signatura delle piante, il liquido appiccicoso che fuoriusciva dalle sue bacche schiacciate era paragonabile al seme maschile, per cui si riteneva donasse la fertilità a ogni animale sterile e si riteneva avesse doti ringiovanenti e persino che conferisse l'immortalità.
Plinio, il noto naturalista romano, lo chiamava il "risanatore di tutti i mali" e nella sua Historia naturalis così annota: «Occorre non dimenticare l'ammirazione dei galli per il vischio. I druidi lo colgono sulla quercia all'inizio della luna, senza usare arnesi di ferro e senza che tocchi terra; credono che guarisca l'epilessia, faccia concepire le donne che ne portano addosso e che, masticato e applicato sulle ulcere, le guarisca completamente». In tempi più moderni, persino in certe regioni italiane le donne sterili mangiavano alcune foglie di vischio nella speranza di avere figli.
Una curiosità: il succo delle bacche veniva usato per preparare colle usate nell'uccellagione, oggi vietata. A questo uso fanno riferimento alcuni modi di dire: può essere "vischiosa" una sostanza attaccaticcia o una persona particolarmente tediosa, mentre non è gradevole rimanere "invischiati" in certe situazioni.
Certamente, molto più piacevole è un bacio sotto il vischio....