Se c'è un profumo a cui per antonomasia si associa l'idea di pulito, è quello senz'altro della lavanda.
Per le pregevoli caratteristiche dell'aroma delle infiorescenze, la pianta ha sempre avuto un largo utilizzo popolare per impartire un gradevole odore al bucato, tanto che le prime notizie sulle tecniche di coltivazione risalgono alla fine del XVI secolo. Pure il nome del genere Lavandula deriva dal latino "lavanda" ed è gerundio di "lavare", indicando quindi l'uso antico di aggiungere la lavanda nell'acqua del bagno.
Il nome volgare, in realtà, annovera al suo interno parecchie specie, alcune spontanee e altre coltivate, usate fin dall'alba dei tempi anche per le loro innumerevoli proprietà terapeutiche. Alcune di esse sono adattate ad altitudini più elevate e crescono in montagna come la Lavandula angustifolia Mill, detta anche Lavanda "vera" o "officinale", una delle specie più pregiate grazie alla particolare composizione dell'olio essenziale, mentre altre, più mediterranee e adattate a quote più basse come la Lavandula latifolia o L. spica, detta spigo o nardo italiano e la Lavandula stoechas detta stecade, hanno un aroma meno apprezzato in profumeria poiché l'olio essenziale è molto più ricco in canfora.
Pianta dalla nota aromatica rilassante, è un antico rimedio per il mal di testa; nei manoscritti e farmacopee antichi si riporta servisse per "fortificare i nervi logorati e stanchi o mal disposti da causa fredda" nonché per "l'epilessia e per fortificare la memoria". Tant'è che, nel passato, i coltivatori inglesi solevano portare spighe di lavanda sotto il cappello per prevenire la cefalea e i colpi di sole; i fiori, essiccati e ridotti in polvere, erano inseriti all'interno dei cuscini come cura per l'insonnia, pratica oggi ritornata in auge.
Storia
Le varie specie utilizzabili, di cui alcune con nomi volgari a volte usati anche per descrivere specie completamente diverse, generò non poca confusione nella storia rispetto all'autenticità del loro impiego; proviamo quindi a fare un po' di chiarezza.
I nomi volgari lavanda (Lavandula angustifolia) e spigo (Lavandula latifolia o L. spica) derivano dal latino e indicano rispettivamente, come già suggerito, l'uso e la forma. Linneo le classificò in un'unica specie, pur distinguendole nelle varietà alfa e beta.
Se andiamo ancora a ritroso però e consideriamo i testi antichi, è arduo discernere le lavande da altre specie accomunate col nome di nardo. L'uso di questo termine si è protratto tra il primo e il secondo millennio a.C; in ogni modo è realistico pensare si tratti invece del Nardostachys jamatansi, pianta della famiglia delle Valerianaceae (tipica del Nepal, Himalaya, India e Cina) dal rinomato profumo e utilizzata anche nella medicina ayurvedica.
La prima testimonianza documentata dell'uso delle lavande nella storia la dobbiamo al medico greco Dioscoride; nel suo De Materia medica (65 d.C.) descrisse la Lavandula stoechas, elencando alcuni sinonimi già in uso a suo tempo: synclopia, styphoniam, sciolebinam (per i Romani), suphlo (per gli Egiziani). Riguardo alle "confusioni" nei nomi constatiamo che fu proprio Dioscoride a paragonare la L. stoechas all'issopo (Hyssopus officinalis) e oggi, curiosamente, nell'area montana occitana (a settentrione della costa provenzale), di cui fanno parte anche alcune valli piemontesi, spesso la L. angustifolia è chiamata "isòp". In alcune zone del Ponente Ligure invece, la lavanda è da alcuni chiamata stecadò, termine confondibile però con un'altra specie mediterranea, l'Helichrysum stoechas, chiamata un tempo stecade citrina.
Insomma, la sovrapponibilità della terminologia passata e moderna fa venire di certo un gran mal di testa, che solo la nostra lavanda può contribuire a far passare...
I termini spicanardus o pseudonardus invece, presenti nelle fonti medievali, probabilmente designarono davvero alcune specie di lavanda, distinguendole dal nardo indiano e nardo celtico (di cui il primo è il già citato N. jamatansi e il secondo è una delle specie di Valeriana). Lo spigonardo fu così, al tempo, assunto come sinonimo della lavanda e in particolare dello spigo, ovvero la L. latifolia, curiosamente considerata la specie "maschile" mentre la L. angustifolia o vera la specie "femminile", pur non trattandosi assolutamente di piante dioiche (ovvero portanti fiori maschili e femminili su esemplari diversi). Ci piace pensare che la distinzione sia scaturita dal fatto che, ove queste due specie coesistono, possono generare un "incrocio", oggi simpaticamente chiamato lavandino. Quest'ultimo, molto coltivato in Francia, è la risultante proprio dell'ibridazione fra esse.
Sempre durante il Medioevo, alla lavanda furono attribuite bizzarre virtù: chi aveva paura della morte, per proteggersi metteva una croce dei suoi fiori al collo e c'era chi credeva fosse persino afrodisiaca e, aspergendo con acqua di lavanda il capo della persona amata, si sarebbe conquistata la sua fedeltà...Questo presunto effetto di stimolo del desiderio sessuale, peraltro mai scientificamente provato, determinò in quel tempo un forte aumento della domanda dell'erba e alti costi di acquisto. Era altresì annoverata tra i metodi di lotta contro la peste e il famoso 'aceto dei 4 ladroni', usato dai tombaroli come antisettico per proteggersi dal rischio di contagio, vantava tra i suoi ingredienti proprio questa pianta.
All'epoca la famosa monaca erborista Hildegard von Bingen (filosofa, scienziata, poetessa e musicista 1098-1179) scrisse il "De Lavandula", chiamando la pianta "Liniz". Fu poi con l'avanzare della moda di profumarsi, che apparirà nelle liste dei Semplici e nelle spezierie del XV e XVI secolo. Nelle principali corti europee, e soprattutto nella Francia del "Re Sole", il suo uso ebbe grande diffusione sia fra le dame che fra i cavalieri. Il successo di cui vantava era da ricercarsi, oltre che nel gradevole profumo, nelle virtù antisettiche e antiparassitarie.
Ben più tardi fu scoperta la sua azione cicatrizzante e per le ustioni; solo negli anni '20 il chimico profumiere francese René Maurice Gattefossé, mentre lavorava alla creazione di un nuovo profumo in laboratorio, assorto nei suoi pensieri, miscelò gli olii essenziali di diverse erbe che causarono accidentalmente un'esplosione che gli ustionò un braccio. Per placare il terribile dolore immerse l'arto nel liquido freddo più vicino, un recipiente colmo di olio di lavanda. Con sorpresa, ne ebbe immediato sollievo e l'ustione, diversamente dalle precedenti che gli avevano causato arrossamenti, iperemia, vesciche e cicatrici, guarì perfettamente in breve tempo. Si accorse di aver scoperto un potente rimedio che aveva sempre avuto sotto gli occhi senza conoscerne le virtù. Da quel momento, dedicò il resto della sua vita allo studio degli oli essenziali e dei loro effetti terapeutici. Nel 1928 pubblicò il libro "Aromatherapie", coniando il termine con cui oggi si designa la disciplina terapeutica"aromaterapia" che comporta l'inalazione degli oli di piante aromatiche o la loro applicazione con un massaggio,
Usi tradizionali
In Italia l'uso popolare ha sempre sfruttato le virtù rilassanti e antinfiammatorie della lavanda, già attribuite dall'antichità; ad esempio per uso esterno i fiori secchi venivano messi in sacchetti di tela e appesi in vari punti della casa, per profumare e tenere lontani insetti e parassiti, mentre un po' dappertutto il macerato di fiori di lavanda in olio o in acquavite veniva frizionato su punture di insetti, morsi di animali, scottature, contusioni, nevralgie, reumatismi e parti doloranti, oppure sulle tempie per lenire le cefalee. Per uso interno, sempre per il mal di testa, in Lombardia e Val Camonica era utilizzata internamente in infuso o assieme ad altre piante come achillea e anice per sedare il mal di pancia, nella silicosi e nei problemi circolatori. Persino nelle forme isteriche, come il cosiddetto "tarantolismo", si somministrava un composto di trifoglio fibrino, melissa e lavanda.
In Piemonte, in alta Val di Susa, è stata oggetto di raccolta per produrre in loco la rinomata essenza, per un paio di decenni da fine '800 e per quasi 40 anni del secolo scorso. La produzione e vendita di olio essenziale di lavanda a Salbertrand rappresentò un aiuto degno di nota per l'economia locale tra le due guerre. Era raccolta perlopiù dalle donne e portata alla distilleria artigianale del paese per estrarre l'olio essenziale. Distillazioni in piccola scala venivano fatte anche in altri paesi della valle. Un secolo fa, anche in Valle Gesso, in provincia di Cuneo, alcuni pendii erano azzurri per la lavanda e la raccolta e il commercio di questa pianta costituirono, tra la metà dell'Ottocento e la metà del Novecento, un'attività economica e sociale importante per le famiglie e le comunità alpine di questo territorio. Ad Andonno, fino alla fine degli anni '50 , nel mese di luglio una buona parte della comunità era impegnata nella raccolta della lavanda spontanea: era "lo tèmp 'd izòp", il tempo della lavanda.
Uso interno
Per uso interno l'infuso dei fiori si può impiegare in caso di malattie da raffreddamento in genere, come influenza, catarro, bronchite, mal di gola, come calmante in caso di depressione, ansia, insonnia, mal di testa da stress e per la digestione difficile. La tintura di lavanda in alcool, è utile in caso di depressione e asma; in questo caso bastano 2-3 gocce su una zolletta di zucchero, da mettere sotto la lingua.
La lavanda è considerata priva di rischi, ma sono stati riferiti casi di reazione allergica cutanea provocati dall'olio essenziale, inoltre l'ingestione dello stesso può avere effetti tossici. E' uno degli olii più adulterati, spesso mescolato con linalolo sintetico, quindi...attenzione alla qualità del prodotto!
Uso esterno
Esternamente l'infuso dei fiori si può usare in impacco contro scottature, eritemi solari, reumatismi, dolori muscolari, nevralgie, malattie cutanee, herpes, punture d'insetti, pidocchi, alitosi, perdite vaginali, fistole anali, nonché per disinfettare e lavare ulcere e ferite infette. E' ritenuto un antinfiammatorio, da usare anche per le irrigazioni vaginali in caso di vaginiti. In suffumigi è benefica nella cura dell'asma e delle bronchiti, frizionato sul petto agisce anche come espettorante. L'enolito dei fiori viene inoltre impiegato in caso di contusioni.
La ricerca moderna ha confermato che alcuni costituenti hanno un effetto repellente nei confronti degli insetti, quindi frizionarsi con acqua di lavanda è un ottimo metodo per evitare fastidiose punture. Ciò convalida l'uso tradizionale di spargere i fiori per tenere lontani gli insetti, oltre che metterli in piccoli sacchetti negli armadi e nei cassetti, perché oltre a profumare gradevolmente la biancheria, tengono lontane le tarme. Sempre per questo l'oleolito dei fiori può essere utilizzato come deterrente per i pidocchi della testa, frizionandolo sul capo, mentre la tintura si friziona sul cuoio capelluto per i capelli grassi.
Uso domestico
In cucina i fiori freschi possono essere canditi o aggiunti in marmellate, gelati, formaggio e aceto; essiccati possono essere utilizzati per aromatizzare cibi, bibite o bevande alcoliche. In Francia si gusta il sorbetto alla lavanda, in Inghilterra gli scones (tipici dolcetti simili a piccole brioche, ma meno dolci) alla Lavanda.
Il profumo della pianta attira le api che producono un ottimo miele aromatico, raro, pregiato e molto richiesto.
Olio essenziale e aromaterapia
Un uso a sé stante spetta all'olio essenziale, che trova innumerevoli impieghi: massaggiato sulle tempie per il mal di testa, assunto in poche gocce con acqua calda e zucchero per le malattie da raffreddamento, ma anche come tonico, digestivo, per l'ubriachezza o nelle infiammazioni urogenitali, quali cistiti, leucorrea, candidosi. E' un ottimo sedativo: utile in caso di ansia, insonnia, agitazione e nervosismo perchè esercita un'azione riequilibratrice, essendo sia tonico che sedativo.
È utile in caso di incidenti, mediante inalazione dell'aroma, tramite compresse da applicare sulla parte lesa o con una goccia da frizionare sul plesso solare.
Presenta proprietà analgesiche, antisettiche e antibiotiche che lo rendono un ottimo aiuto contro le malattie da raffreddamento: influenza, tosse, raffreddamento, sinusite, catarro. In tutti questi casi è consigliabile usare l'olio essenziale di lavanda per via inalatoria o in frizione locale.
Agisce sullo stomaco e sull'intestino, stimola l'attività di fegato e bile, le secrezioni gastriche e la peristalsi intestinale.
Lenisce dolori e spasmi addominali e può dare beneficio alle donne che soffrono di dolori mestruali (da non utilizzare in caso di mestruazioni abbondanti). Allevia i dolori muscolari.
Ha un'azione diuretica ed è un ottimo antisettico, contrasta le affezioni del sistema genito-urinario, come le cistiti.
Grazie alle sue proprietà cicatrizzanti e lenitive, qualche goccia di lavanda apporta sollievo in caso di tagli, ferite, piaghe, punture d'insetti, eritemi da medusa.
È un'ottima essenza per i bambini: tanti piccoli disturbi infantili (coliche, irritabilità, raffreddori, agitazione notturna, ecc.) possono essere alleviati da un massaggio sulla nuca o sul petto con olio essenziale di lavanda o con qualche goccia dell'essenza messa sul cuscino o nell'erogatore di aromi.
MODALITA' DI UTILIZZO DELL'OLIO ESSENZIALE
Per placare mal di testa, tensione nervosa, stress, insonnia: 2 gocce di olio essenziale di lavanda massaggiate alle tempie, ai polsi e alla nuca, inspirando l'aroma lentamente e profondamente, alleviano il dolore e la tensione.
Per favorire la pulizia della pelle impura e colpita dall'acne: mescolare l'olio di lavanda un po' di argilla verde (oppure polvere finissima di mandorle) con un po' d'acqua, 2 gocce di olio essenziale di lavanda, qualche goccia di succo di limone e un cucchiaino di miele. Applicare sul viso e rimuovere con acqua tiepida prima che secchi del tutto.
In caso di coliche: massaggiare 1 o 2 gocce di olio essenziale di lavanda sull'addome.
PREPARAZIONI
Ecco alcune facili preparazioni che si possono fare da sè:
Enolito di lavanda
Far macerare i fiori nel vino per 12 giorni. Si impiega in caso di contusioni e come antinfiamammatorio locale.
Impacco per il mal di testa
Fare un decotto con un cucchiaio di lavanda fiori e un cucchiaio di camomilla. Lasciare poi in infusione per 20 minuti. Immergere un telo nel decotto, strizzare e applicare su nuca e/o fronte. La miscela è efficace anche fredda.
Impacco per le infiammazioni del ventre e della vescica
Far bollire in mezzo litro di vino rosso una manciata di fiori e imbibire una pezzuola di tela del preparato per impacchi caldi sullo stomaco e sul basso ventre.
Oleolito di lavanda
Far macerare un pugno di fiori di lavanda in mezzo litro di olio di mandorle o oliva; esporre per minimo 20 giorni al sole.
Dopobarba alla lavanda
Fare un infuso di fiori nella grappa o in alcool al 40%, per circa 20 giorni; può essere impiegato per rinfrescare, cicatrizzare e profumare la pelle dopo aver utilizzato la lametta da barba.
Liquore alla lavanda
Far macerare 120 grammi di lavanda fresca nell'alcool etilico per circa 20 giorni. Poi filtrare con un colino, aggiungere lo sciroppo di zucchero e si filtra nuovamente con filtro di carta.
Tintura di fiori
Far macerare un pugno di fiori freschi di lavanda in mezzo litro di alcool al 50% per circa 30 giorni al sole. Filtrare e usare a gocce.
Bibliografia:
Cugge P, Laiolo G, 2013 - Montagne Blu, spazi vissuti nelle Alpi del mare, Tipografia Nante Imperia.
Cesana W., 2009. La Lavanda in Valle Gesso - Collana: Quaderni delle Marittime /1. Blu Edizioni