Piumaggio candido e vecchie cascine come nido
Tyto alba, questo il suo nome scientifico, è un predatore volante di dimensioni contenute. Quasi tutte le 28 sottospecie presenti al mondo sono lunghe tra 33 e 39 centimetri, con un'apertura alare da 80 a 95 centimetri circa; gli esemplari maschi pesano intorno ai 300 grammi mentre le femmine arrivano a 4 etti. Il piumaggio candido della sottospecie Tyto alba alba, diffusa in Italia, è interrotto da macchie nere e marroni che creano un effetto di camuffamento perfetto per le notti senza luna. Questa forse è la ragione principale per cui nei secoli scorsi è stato considerato più vicino al mondo degli spettri che a quello degli uccelli. Complice anche l'abitudine a trovare rifugio tra le rovine di vecchie case di campagna, la nomea di creatura spettrale è stata presto guadagnata. Per le persone che invece oggi guardano con altri occhi al mondo animale, l'aspetto davvero impressionante del barbagianni è il suo volo silenzioso.
Non si tratta di stregoneria, ma di un'opera d'arte firmata da nient'altro che l'evoluzione. Questo predatore è dotato di frange sulle ali che eliminano qualsiasi suono, mentre sfreccia nel buio alla ricerca di prede ignare. Il barbagianni ha anche altre armi donate da madre natura: i suoi grandi occhi neri catturano luce anche nelle ombre più profonde, mentre le orecchie gli permettono di localizzare anche il fruscio più flebile. È una macchina da caccia perfetta, attiva nei momenti di luce crepuscolare più che nel buio della notte fonda.
Fino a tre nidiate in un anno: il barbagianni, genitore amorevole
Ma il barbagianni è più di un semplice predatore. È anche un costruttore di nidi diligente e un genitore amorevole. Durante la primavera, i suoi fitti nidi di pelliccia, piume e materiali vegetali diventano focolai di vita, dove nascono e crescono i piccoli barbagianni. Questi rapaci dimostrano una notevole capacità riproduttiva, potendo effettuare fino a tre nidiate in un solo anno in condizioni ottimali. Di solito, ogni covata conta da 4 a 7 uova deposte. Il tasso di riproduzione accelera l'aumento delle popolazioni quando sussistono condizioni adeguate per l'abbondanza di prede e presenza di siti riproduttivi adeguati. La cura dei genitori è encomiabile; entrambi si alternano nel nutrire i piccoli bocconi di carne, insegnando loro i segreti del volo e preparandoli per il mondo oscuro fuori dal nido. Questo ciclo di vita, un equilibrio fragile tra predatore e preda, è essenziale per la sopravvivenza del barbagianni e di molte altre creature notturne.
In teoria, avrebbe dovuto rappresentare per l'uomo uno straordinario alleato: la sua dieta è composta principalmente da piccoli mammiferi come topi, arvicole e talpe, tutti potenzialmente nocivi all'agricoltura. Inestimabile anche il suo contributo al mantenimento dell'equilibrio degli ecosistemi non invasi dall'uomo, dove il barbagianni gioca un ruolo fondamentale come predatore al vertice della catena alimentare. Ma ora, nel mondo moderno, questo delicato equilibrio è minacciato. La perdita di habitat e l'inquinamento stanno mettendo a repentaglio il futuro di questi maestri delle ombre. Le modifiche nel paesaggio rurale, insieme alla progressiva rarefazione dei luoghi di nidificazione, rappresentano una minaccia crescente per il barbagianni. L'uso diffuso di sostanze chimiche agricole, come diserbanti e rodenticidi, pone ulteriori pressioni su questa specie. Inoltre, le collisioni con veicoli e linee elettriche rappresentano una minaccia costante.
Una specie in declino in tutta la Pianura Padana
La specie si adatta a una vasta gamma di habitat, che vanno dalle zone rurali alle aree suburbane. Nella nostra regione, ad esempio, è comune trovarla in aree coltivate di vario genere, intervallate da prati incolti e zone di ecotono, ossia spazi intermedi tra due diversi ecosistemi. Il suo limite altitudinale è di circa 700 metri sopra il livello del mare. Ma è condivisa tra gli studiosi la stima di un declino anche dell'80% in tutta la Pianura Padana negli ultimi vent'anni. In Piemonte, sono stati registrati cali nel numero di coppie nidificanti in particolare nelle province di Vercelli, Novara e Alessandria, mentre le nuove presenze sono quasi tutte riferibili al Cuneese.
Proprio nella Granda, al Centro Recupero Animali Selvatici di Bernezzo, è stato avviato un progetto di reinserimento che ha avuto come protagonisti esemplari di barbagianni precedentemente detenuti in cattività. Remigio Luciano, responsabile del Cras, spiega che il "Progetto barbagianni" è ormai giunto al terzo anno: «In un cascinale sicuro con le stanze chiuse frequentate da piccoli roditori (e in cui sono state create condizioni ambientali adeguate) sono state introdotte due coppie di barbagianni: la prima composta da un maschio proveniente dalla natura e da una femmina proveniente da un sequestro, la seconda con entrambi gli esemplari provenienti da un altro sequestro. I barbagianni sono stati alimentati dai volontari e dai veterinari del Cras per circa due anni e l'esperimento ha dato risultati interessanti». Le due coppie, infatti, si sono riprodotte con successo: La prima volta hanno dato alla luce un piccolo ciascuno, mentre la seconda sono riuscite a deporre più uova, delle quali se ne sono schiuse rispettivamente 3 e 2.
«In seguito gli esemplari sono stati liberati nella zona e si è cercato di monitorarli, per quanto possibile. Gli attivisti e volontari del Cras ricevono molte risposte ai segnali vocali, ma un censimento risulta difficile» dice Luciano. «Di recente un giovane barbagianni appartenente al nostro progetto è stato trovato morto a Fontanelle di Boves, ma purtroppo non è stato possibile esaminare la carcassa e quindi stabilire le cause della morte. Quando vengono ritrovati dei selvatici morti devono essere segnalati e consegnati ai Comuni di ritrovamento: non ci stancheremo mai di rimarcarlo». Per Remigio Luciano, comunque, il progetto è ancora in divenire; presto verranno collocate nello stesso casolare protetto che era stato teatro del primo esperimento altre due coppie: «In questo modo dovrebbe instaurarsi una comunità, anche se sappiamo poco degli esemplari non in cattività. I risultati veri li vedremo tra qualche anno, probabilmente. Rimaniamo fiduciosi perché stiamo anche imparando a valutare l'impatto degli altri animali quali le cornacchie e potremmo arrivare, in seguito, a dotarci di dispositivi satellitari per il tracciamento»
C'è ancora molto da fare, insomma. La sensibilizzazione dell'opinione pubblica, la continua protezione degli habitat e l'interesse di volontari ed enti sul territorio sono fondamentali per garantire che il barbagianni continui a danzare nei nostri cieli, offrendo il suo contributo prezioso all'ecosistema e incantando gli osservatori notturni con la sua eleganza eterea.