Accarezzare un gatto e immaginare una tigre. Probabilmente è ciò che voleva intendere Joseph Mery, scrittore e drammaturgo francese, quando scrisse: "Dio ha creato il gatto per procurare all'uomo la gioia di accarezzare la tigre". Una specie di viatico affinchè gli animali 'da compagnia' – i nostri pet – possano insegnarci a guardare il mondo animale (tutto) con maggiore empatia. Perchè avvicinarsi al mondo naturale significa conoscerlo, comprenderlo... fino a "immedesimarsi" in altre forme di vita. In una parola: amarlo.
Cos'è la rete dei Santuari di animali liberi
Ma come si può amare un animale che è fonte di reddito? Negli ultimi anni la sensibilità verso gli animali appartenenti a questa categoria è aumentata e sono nate associazioni internazionali - come Animal Equality e CIWF - che lavorano per porre fine alle crudeltà sugli animali allevati a scopo alimentare e in maniera intensiva. Nel 2010, in Italia, è nata anche la Rete dei santuari di animali liberi che mette in collegamento fra loro, quei luoghi diventati nuova destinazione degli animali salvati dallo sfruttamento dell'industria della carne, dal divertimento o dalla sperimentazione animale.
Portatori e ambasciatori di un cambiamento di pensiero, tutti i Santuari sono strutture che si occupano del recupero e del ritorno alla vita di questi animali - qui definiti "non convenzionali" (e non da reddito) - diventando una sorta di "arca" che rimane l'unica destinazione possibile degli animali accolti. Le storie di questi animali raccontano di sequestri, ritrovamenti, abbandoni.
La Rete dei Santuari si fonda sulla condivisione dei principi di una Carta dei Valori condivisa da chi aderisce al network. Attualmente, in Italia, ci sono 13 strutture aderenti, di cui ben quattro in Piemonte: il Rifugio Miletta nel Novarese, il Rifugio Jill Phipps nell'Astigiano, Palle di Lana nel Torinese e il Rifugio N.A.L.A. nell'Alessandrino. Le altre sono distribuite per lo più nel nord Italia e in Toscana.
La necessità di un riconoscimento giuridico
Tra le finalità dei Santuari, una delle più importanti è aprirsi ai visitatori e permettere di conoscere animali 'non convenzionali', entrando con loro in empatia, e già solo per questo si definiscono portatori di un cambiamento rivoluzionario.
Così diventa normale accarezzare un toro, libero e tranquillo, che non ha paura dell'uomo. Oppure rendersi conto che – nonostante la forza possente posseduta da bovini, ma non solo – molti di questi animali possono esprimere anche tutta la loro docilità.
Le strutture dei Santuari, per sopravvivere, effettuano raccolte fondi, ricevono donazioni, fanno adozioni a distanza e possono essere destinatarie anche del 5 x 1000 ma, a differenza di quanto accade per canili e gattili convenzionati con le Istituzioni, non ricevono finanziamenti a eccezione del Comune di Milano che ha stipulato una convenzione per supportare economicamente gli animali 'non convenzionali' rinvenuti sul proprio territorio. Questa convenzione prevede il trasporto dell'animale nel Santuario porcikomodi di Vitadacani e il suo mantenimento per il primo anno, mentre i successivi saranno a carico della struttura.
Ecco perché un'altra finalità del network è di giungere a un riconoscimento giuridico, in quanto attualmente la legge attuale li considera alla stregua di allevamenti, ma non producendo reddito, non hanno diritto ad alcun incentivo ma soltanto l'obbligo normativo di adempiere a tutti gli adempimenti burocratici e gestionali tipici degli allevamenti produttivi.
Non più carne da macello
Per saperne di più sui Santuari di animali liberi, abbiamo contattato Sara d'Angelo, portavoce della Rete che ci ha raccontato a che punto è l'iter del loro riconoscimento istituzionale.
"Purtroppo per la legge italiana i Santuari non esistono ancora, e sono considerati nonchè equiparati agli allevamenti. Questo crea problemi burocratici e gestionali carichi di contraddizioni. I nostri Santuari, infatti, non sono allevamenti, ma esattamente il loro contrario e pertanto non vogliamo che siano considerati tali. Dopo lunghe trattative, nel 2012, la Rete dei Santuari partecipò a un Tavolo di lavoro con il Ministero della Salute per ottenere il corretto riconoscimento giuridico peraltro con la condivisione, da parte del Ministero, delle nostre istanze. La nostra richiesta era – oggi come allora - ottenere che gli animali dei nostri Santuari non siano più considerati carne da macello, ma individui unici. Da allora, partì un percorso che arriva all'oggi dove ci troviamo ancora con molto lavoro da fare ma anche con diverse opportunità in cantiere, sia a livello regionale (tramite accordi Stato-Regioni), sia a livello nazionale, con l'intenzione di censire i Santuari come strutture di accoglienza per animali 'da affezione', al pari dei canili e gattili. Un risultato che sarebbe straordinario perché proietterebbe gli animali rifugiati in queste strutture oltre le logiche produttive e, tra l'altro, potrebbe fare da apripista a livello comunitario", spiega la portavoce.
Tasselli di un cambiamento
E' fuor di dubbio che i Santuari di animali liberi si collochino all'interno di un cambiamento già in atto e richiesto a più voci, a partire dall'attenzione posta sul legame esistente tra cambiamenti climatici e allevamenti intensivi.
Questi luoghi colmano un vuoto durato nel tempo e possono contribuire a ri-connetterci con quel mondo animale sfruttato per profitto, e poi dimenticato.
I Santuari forse non cambieranno il mondo, ma sono un importante tassello di un cambiamento in cui tutto è connesso, uomo compreso.