Qualcuno fa ricorso alle esche con il liquido antigelo. Altri puntano sulle polpette al diserbante o alla stricnina. Altri ancora, più vigliacchi e crudeli, si affidano alla carne cruda ripiena di piccoli chiodi. Nel 2015 in Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta sono morti avvelenati 180 animali (cani, soprattutto). In pratica uno ogni due giorni. E con ogni probabilità si tratta di un fenomeno sottostimato visto che non tutti i proprietari denunciano l'accaduto.
«Sono numeri importanti, cifre che indicano come non possiamo permetterci di abbassare la guardia», osserva Maria Caramelli, direttore dell'Istituto Zooprofilattico che monitora la situazione e fornisce i dati. «Le vittime più frequenti - spiega Caramelli - sono gli animali da compagnia, soprattutto cani e i gatti, ma anche i volatili e i mammiferi selvatici. Tra questi, oltre a tassi e faine, devono essere annoverati casi di avvelenamento di specie "protette" come i lupi. In base alla casistica del nostro Istituto, nel 2015 le sostanze tossiche più utilizzate nei campioni analizzati sono: al primo posto topicidi(33.3%), seguiti da insetticidi usati inagricolturacome organoclorurati, organofosforici e piretroidi (33.3%), lumachicidi come metaldeide (15.9%). Inoltre è stato evidenziato un allarmante aumento all'utilizzo di farmaci e/o sostanze come paracetamolo, zolfo, tramadolo (tranquillante) ed oggetti dannosi (vetri, graffette, chiodi) in grado di provocare atroci ferite all'animale che ingerisce l'esca (nel 7.2% dei casi) o il ricorso al liquido antigelo che provoca una terribile morte per insufficienza renale acuta (nel 4.3% dei casi).. Occorre anche considerare – conclude Caramelli - che le esce possono essere estremamente pericolose se raccolte dai bambini e che i veleni possono danneggiare l'ambiente se si disperdono nel suolo. Ecco perché invitiamo i cittadini a segnalarci casi di morti sospette».
Nel caso di ritrovamento di un'esca avvelenata è bene portarla (senza toccarla a mani nude, ma con i guanti) direttamente al servizio veterinario dell'Asl, che provvederà all'invio all'Istituto Zooprofilattico dove le analisi verranno fatte gratuitamente.
Ma perché si decide di uccidere in questo modo un animale? «In primo luogo – risponde Marco Bravi, presidente di Enpa Torino (Ente Cazionale Protezione Animali) – si tratta di intolleranza: per esempio c'è chi all'interno di un condominio, o magari tra vicini di casa, non sopporta il rumore dell'animale o il fatto che la bestia in questione sporca, e allora ricorre al veleno. Oppure, dopo un litigio, c'è chi vuole lanciare un "avvertimento" al proprietario e quindi se la prende con il cane o il gatto. Poi c'è il versante del contesto rurale: c'è chi attraverso i veleni vuole difendere le proprie colture dalla fauna selvatica. Infine, casi rari ma purtroppo presenti, vi sono persone squilibrate che intendo questa "pulizia" come una missione...».
Come si possono proteggere gli animali? La prima regola, spiegano gli esperti, è l'attenzione. Durante le passeggiate nelle zone "a rischio" è bene applicare la museruola al cane. Soprattutto: occorre educarlo a non raccogliere mai cibo da terra. Tutto giusto. Resta il problema fondamentale: i "seminatori" di esche. Perché quelli da educare sarebbero in primo luogo proprio loro.