Boschi (o foreste) ricoprono in Piemonte oltre un terzo del territorio regionale, con una superficie di quasi 1 milione di ettari, tuttora in aumento spontaneo.
Più precisamente, dalla Carta forestale (anno 2016) risulta che la superficie forestale complessiva del Piemonte è di 976.953 ettari, superficie aumentata di circa il 38% rispetto ai dati confrontabili della prima carta forestale regionale (anno 1980) e quasi raddoppiata nel secondo Dopoguerra.
Dalla carta forestale regionale si evidenzia come oltre due terzi dei boschi sia costituito da cinque sole categorie forestali (tra le 21 individuate sul territorio piemontese): castagneti (22%), faggete (15%), robinieti (12%), larici-cembrete (10%) e boscaglie pioniere e d'invasione (8%).
Tra le fasce altimetriche, la massima diffusione dei boschi è in montagna (circa il 72% del totale dei boschi, con un indice di boscosità del 57%), segue la collina (circa 19%, con un indice di boscosità del 40%) e infine la pianura (circa 9%, con un indice di boscosità del 10% soltanto).
Le foreste e l'uomo
Da millenni le foreste sono una risorsa di primaria importanza per l'uomo. Svolgono infatti molteplici funzioni, oggi definite servizi ecosistemici, come:
• i servizi di approvvigionamento: legno, prodotti forestali non legnosi (funghi, tartufi, frutti ed erbe ad uso alimentare od officinale), acqua;
• i servizi di regolazione e mantenimento: protezione del territorio (ad es. da caduta di massi o valanghe), difesa del suolo dall'erosione, purificazione dell'acqua e dell'aria, assorbimento dell'anidride carbonica, tutela della biodiversità;
• i servizi culturali, legati al supporto di attività turistiche, ricreative, sportive, culturali, didattiche, e alla conservazione del paesaggio.
I boschi sono ecosistemi modellati da fattori sia naturali (clima, geomorfologia, suoli, specie vegetali e animali, ecc.) sia antropici (gestione selvicolturale, abbandono, rimboschimento, inquinamento, disboscamento).
L'intervento dell'uomo
La millenaria azione dell'uomo ha profondamente modificato l'estensione, ma anche la composizione e la struttura dei boschi: in assenza dell'uomo in Piemonte, infatti, le foreste ricoprirebbero, fin oltre i 2000 metri di quota, l'intero territorio (compresa la Pianura Padana, dove i boschi sono stati in gran parte dissodati per fare spazio all'agricoltura e all'urbanizzazione) e sarebbero molto diverse da quelle attuali.
Il cambiamento di composizione e struttura è particolarmente evidente proprio nei boschi che l'uomo ha maggiormente favorito, perciò più diffusi in Piemonte: i lariceti in purezza che caratterizzano le Alpi derivano dalla sistematica eliminazione del pino cembro e degli abeti per favorire il pascolo; le faggete montane fino a inizio '900 sono state in gran parte ridotte a cedui in purezza per ricavare carbone di legna, a spese di abeti e altre latifoglie; i castagneti derivano da antico impianto di una specie sporadica per ottenere frutti e legno (rispettivamente castagneti da frutto e cedui), a spese di rovere o faggio; i robinieti derivano da una specie esotica introdotta nel 1600 in Europa e diffusa sia per ottenere legna da ardere sia per difesa dall'erosione, a spese delle querce e delle altre latifoglie dei piani basale e collinare.
Negli ultimi decenni, a seguito dello spopolamento di vaste aree montane e collinari e quindi dell'abbandono dei coltivi e dei pascoli, si è verificata una ricolonizzazione spontanea del bosco (acero-frassineti, boscaglie, arbusteti, robinieti), che ha portato quasi a raddoppiare la superficie forestale piemontese nel secondo Dopoguerra, fenomeno senza precedenti negli ultimi secoli.
Gestire i boschi in modo sostenibile
L'aumento della superficie boscata non ha solo aspetti positivi, in quanto modifica il paesaggio rurale tradizionale e può diminuire la biodiversità, riducendo gli spazi aperti e gli habitat per alcune specie vegetali e animali.
Un forte impatto hanno anche i cambiamenti climatici, fattori fitopatologici e all'introduzione di specie esotiche invasive, fenomeni spesso correlati tra loro: i già rari boschi di pianura e fluviali subiscono infatti la colonizzazione di specie esotiche invasive (ailanto, ciliegio tardivo e acero americani, reinutria, zucca matta), favorite anche dal deperimento delle querce per stress idrici; le sequenze di inverni miti innescano vari parassiti nelle aree pedemontane, come la processionaria del pino.
Da alcuni decenni la raccolta di legno è decisamente inferiore al prelievo sostenibile: si stima che, annualmente, si attesti oggi su circa un quarto della crescita in volume dei boschi.
La rarefazione degli interventi selvicolturali degli ultimi decenni è un altro fattore che ha influito su composizione e struttura dei boschi, alucuni si arricchiscono di specie e si rinaturalizzano (es. il ritorno del pino cembro nei lariceti, la spontanea conversione a fustaia dei cedui di faggio), altri tendono a collassare
(es. cedui di castagno abbandonati, rimboschimenti di conifere).
Al contrario, i boschi cedui di facile accesso sono ancora sottoposti a un utilizzo costante soprattutto per fornire legna da ardere, il cui consumo regionale da parte delle famiglie è stimato in almeno 2 milioni di tonnellate/anno.
Per assicurare la conservazione e la funzionalità della risorsa boschiva per l'uomo e le sue attività, tutti questi fattori devono essere conosciuti, orientati e governati con decisioni politiche e strumenti tecnici.
In Piemonte gli strumenti normativi fondamentali per la tutela e la valorizzazione del patrimonio forestale sono la Legge forestale (l.r. 4/2009) e il Regolamento forestale.
I dati sono una anteprima e saranno pubblicati nell'aggiornamento della Relazione sullo Stato dell'Ambiente 2020 redatta (per la parte di comptenza) da IPLA e Settore Foreste Regione Piemonte.
Il 'Giovedi delle foreste' è un progetto a cura del Settore Foreste della Regione Piemonte in collaborazione con Piemonte Parchi.
Continua a seguirci ogni Giovedì su :-)