Sul tema dei cambiamenti climatici abbiamo pensato di dare la parola agli esperti e di concentrarci sulla nostra Regione: affronteremo svariati aspetti, dagli effetti che si riscontrano in ambito sanitario fino ad arrivare alle conseguenze sull'ambiente naturale che ci circonda. Ed è proprio da qui che cominceremo il nostro viaggio, parlandone con il Prof. Stefano Fenoglio , docente di gestione e tutela degli ecosistemi fluviali all'Università degli Studi di Torino, DBIOS e membro di Alpstream, centro per lo studio dei fiumi alpini (Parco del Monviso, Ostana). Ecco di cosa abbiamo parlato nel nostro colloquio.
Professore, nei suoi studi lei si occupa spesso di fiumi. Qual è dunque l'impatto del cambiamento climatico sui corsi d'acqua?
Il cambiamento climatico è particolarmente impattante sui fiumi per due motivi. Il primo riguarda le temperature: il riscaldamento globale aumenta l'evaporazione, quindi riduce la quantità di acqua sul suolo e nei fiumi e velocizza lo scioglimento delle nevi, che non permangono sulle Alpi per i tempi normali (basti pensare che abbiamo degli inverni con lo zero termico oltre i 4000 metri, si tratta di un evento mai visto prima d'ora). Il secondo riguarda invece le precipitazioni, che da un lato si sono ridotte nel loro complesso ma specialmente si sono concentrate in episodi brevi e intensi, per cui assistiamo attualmente a un'alternanza fra secche e alluvioni.
Parliamo un po' della rete idrografica piemontese?
Il Piemonte è una regione ricchissima di fiumi. I principali sono ovviamente il Po, il Tanaro, il Ticino, la Dora Baltea, ma ce ne sono anche altri come la Bormida, il Sesia, il Maira, la Stura di Demonte, la Dora Riparia.
In Italia, il Piemonte è sicuramente una delle regioni più ricche di fiumi. Anche per questo gli impatti del cambiamento climatico saranno e sono molto evidenti: siamo abituati ad avere molta acqua e non averla più rappresenta, di fatto, un problema.
Come si colloca la nostra regione in questo contesto di emergenza climatica?
La situazione in Piemonte è molto preoccupante. Assistiamo da parecchi anni a una diminuzione della portata dei fiumi e a un' estremizzazione degli eventi meteorologici. Si tratta di un fenomeno inedito per l'idrologia, che va ad alterare gli equilibri naturali e a minacciare la biodiversità, oltre ad avere un forte impatto sulle attività umane. Il fenomeno più preoccupante è la riduzione delle portate, che si traduce in una quantità insufficiente di acqua per sostenere gli ecosistemi e le attività umane, ma anche in una qualità peggiore dell'acqua. Questo perché l'effetto di diluizione è minore. Ci sono tanti studi in questo senso dell'Università di Torino, in collaborazione con la Città Metropolitana, realizzati nello Stura, nel Pellice e nel Malone. C'è poi un discorso correlato alle temperature: in fiumi alpini piemontesi si sono registrate temperature sopra i 30 gradi. Si tratta di un fenomeno gravissimo, perché queste sono temperature da fiume tropicale. Anche le comunità di invertebrati e pesci che popolano i nostri fiumi ne risentono, sono più povere e generaliste, più tolleranti.
Il riscaldamento delle acque ha qualche correlazione con le specie invasive?
Le temperature più alte facilitano la presenza di specie invasive abituate a climi più caldi. Il Procambarus clarkii (il gambero della Louisiana) ne è un tipico esempio, ma ce ne sono molti altri come il Pacifastacus leniusculus (il gambero della California). Anche il comparto dei pesci è ricchissimo di specie invasive (per fare qualche esempio: il siluro, l'aspio, la pseudorasbora, il rodeo amaro). Ci sono dei tratti di Po più bassi di quota in cui l'intera comunità di pesci è formata da specie alloctone: per fortuna non ancora in Piemonte. Per cui abbiamo, ad esempio, un predatore apicale come un pesce danubiano che si nutre di fauna ittica nordamericana che a sua volta si nutre di pesci cinesi. L'intera comunità è ormai dominata e rappresentata da specie invasive. Da noi il siluro è arrivato a monte di Torino, l'aspio è molto abbondante a Casale Monferrato, il misgurno ha invaso tutte le nostre acque. Quest'ultimo è un pesciolino piccolo ma molto pericoloso perché si ciba di avannotti e di uova di altri pesci.
Ci sono progetti in Piemonte che tutelano la fauna ittica autoctona?
Sì, uno è il Progetto Life Minnow, iniziato ad agosto 2022 e che durerà cinque anni. Si tratta di un progetto Life europeo che tutela sei specie di pesci endemici italiani: La lasca, lo scazzone, la savetta, il vairone, il cobite mascherato e la lampreda padana. L'obiettivo è quello di recuperare queste specie e i loro habitat e di conseguenza anche tutti gli organismi che li popolano, attraverso una serie di attività che vanno dal ripristino della qualità dei tratti fluviali a quello della continuità longitudinale (e quindi al miglioramento di salita e discesa dei pesci lungo i fiumi durante le migrazioni). E' poi previsto l'allevamento artificiale di questi pesci con lo scopo di aumentare le popolazioni per poi re-immetterle in natura, unitamente alla lotta ai loro predatori invasivi (ad esempio il siluro e altri pesci alieni).
Torniamo all'emergenza climatica. Quali sono le conseguenze delle secche? E delle alluvioni?
Le secche hanno importanti ripercussioni a livello biologico, maggiori rispetto alle alluvioni. Questo perché le seconde ci sono sempre state, le prime no, nel senso che i fiumi alpini non hanno mai avuto secche nel corso della storia. Si tratta quindi di un fenomeno nuovo. Una delle principali conseguenze a livello biologico è che portano ad avere meno habitat e di peggiore qualità.
Come si possono ridurre gli impatti del cambiamento climatico sui fiumi?
Innanzitutto rinaturalizzando il più possibile alvei e sponde, ma anche regolando i rilasci e le captazioni in modo da lasciare quanta più acqua possibile nei fiumi. E' importante perché l'acqua serve non solo per la biodiversità, bensì anche per le attività umane in situ e a valle, e per stemperare e diluire quello che viene emesso dai nostri depuratori.
In merito alle conseguenze della riduzione delle portate dei fiumi sulle attività antropiche, può fare qualche esempio?
Per citarne uno, sarebbe un grande problema l'utilizzo di energia nucleare. Non sarebbe infatti possibile usufruirne perché con le portate attuali del Po avremmo grandi difficoltà a raffreddare i reattori che erano previsti ad esempio a Trino. Da noi le centrali nucleari erano posizionate a Trino e a Caorso sul Po, che però ora ha spesso la metà della portata che dovrebbe avere. Ma questa è una tematica che riguarda anche altri Paesi: problemi di raffreddamento sono già avvenuti nell'estate del 2022 in Francia e in Germania.
Abbiamo poi un discorso collegato alle attività agricole che sono in sofferenza per carenza di acqua.
Lei crede che rispetto ad altri contesti interessati dal cambiamento climatico, l'impatto del clima sui fiumi sia meno percepito dalle persone?
E' sicuramente un fenomeno di cui si parla tanto ma di cui, probabilmente, non si ha la percezione reale, né per quanto riguarda gli impatti, né per quanto riguarda la sua rapidità. Si tratta a tutti gli effetti di un'emergenza che viviamo come normalità.
Ci sono centri che si occupano dello stato dei nostri fiumi?
Uno è sicuramente il Centro Alpstream a Ostana. Poi ovviamente l'Università di Torino, il CNR... ma Ostana come centro è unico, perché si colloca in una situazione di collaborazione tra il Parco del Monviso e tre istituzioni universitarie: l'Università degli Studi di Torino, il Politecnico di Torino e l'Università del Piemonte Orientale.
Professore, consiglia qualche lettura a chi è interessato a queste tematiche?
Ho scritto un libro su questi argomenti, che è uscito quest'anno per la casa editrice Rizzoli. Il titolo è "Uomini e fiumi: storia di un'amicizia finita male", che comprende tutta una parte sul cambiamento climatico, e affronta il tema del rapporto tra uomini e fiumi. E' un aspetto che erroneamente tendiamo a sottovalutare, rispetto al rapporto tra uomo e mare, che è da sempre stato oggetto di storie di uomini e di civiltà.
Sullo stesso argomento:
Il Laboratorio nel fiume (Piemonte Parchi del 5/4/2023)