La dorsale tra il Monte Poggio e il Monte Calvo si trova ad una quota di 800 metri ed è contraddistinta dalla presenza di correnti d'aria costanti, particolarmente adatte per generare energia tramite pale eoliche. Questo il presupposto da cui è partito il progetto di una società del campo delle energie rinnovabili, per la realizzazione di sette aerogeneratori, della potenza complessiva di 14 MW. Le pale avrebbero dovuto essere installate a distanze variabili fra i 100 e i 500 metri dal confine del Sito Natura 2000 (Zona di Protezione Speciale – ZPS – e Zona Speciale di Conservazione – ZSC -) "Capanne di Marcarolo", costituito e amministrato dall'Ente di gestione delle aree protette dell'Appennino piemontese. Si tratta di una zona che ospita un importante corridoio di migrazione primaverile degli uccelli, soprattutto di rapaci, apodiformi e irundinidi (rondoni e rondini), lungo la direttrice sud-ovest nord-est, tra la Liguria ed il Piemonte. Il Sito è altresì importante per la conservazione dei chirotteri (pipistrelli) che utilizzano l'area sia come rotta di migrazione sia come zona di caccia.
Nel Parco Naturale delle Capanne di Marcarolo sono attualmente note 19 specie di cui 6 inserite nell'allegato II della Direttiva Habitat. Per questo motivo la Giunta regionale piemontese ha approvato misure di conservazione specifiche (con deliberazione del 9 marzo 2017) a tutela del Sito Natura 2000, tra cui il divieto di realizzare nella fascia di 1 chilometro dai confini del ZSC/ZPS "impianti eolici di qualsiasi tipologia, inclusi singoli aerogeneratori, fatti salvi gli impianti per autoproduzione con potenza non superiore a 20 chilowatt".
Il ricorso dell'impresa costruttrice
La società interessata, di fronte al rifiuto di autorizzare il progetto, ha presentato ricorso dapprima al TAR Piemonte e poi al Consiglio di Stato, con le medesime motivazioni.
Il Consiglio di Stato, in particolare, ha respinto la rimostranza della società che aveva lamentato il suo mancato coinvolgimento nel procedimento di designazione del Sito Natura 2000. La motivazione risiede nel fatto che tale coinvolgimento era effettivamente previsto dall'articolo 2 del decreto ministeriale D. M. 17 ottobre 2007, "norma di rango regolamentare introdotta per rimediare all'inerzia manifestata in quel momento storico dalle Regioni nell'adottare le misure di conservazione necessarie per designare le ZSC e le ZPS" e che tale inerzia è stata superata dalla nostra Regione nel 2009, con l'adozione del "Testo unico sulla tutela delle aree naturali e della biodiversità" (Legge regionale 29 giugno 2009, n. 19) che regola dettagliatamente la materia ed è di rango superiore, e dunque prevalente, rispetto alle disposizioni del citato decreto ministeriale.
Il Testo Unico stabilisce all'articolo 39, comma 5, che "La Regione tiene conto, nell'individuazione dei siti di importanza comunitaria e delle zone di protezione speciale, delle segnalazioni delle amministrazioni dello Stato, degli enti locali, degli enti di gestione delle aree protette, delle istituzioni e organizzazioni scientifiche e culturali, delle associazioni di categoria, di protezione ambientale e venatorie" e dunque esclude di coinvolgere singole imprese.
L'importanza della legge regionale
Di centrale importanza in questa vicenda è dunque l'esistenza della Legge regionale n. 19/2009 che disciplina la complessa materia dell'applicazione delle direttive UE "Habitat" ed "Uccelli", anziché lasciarne la regolamentazione ad atti amministrativi, come invece avviene in altre Regioni, che così si espongono a contenziosi. In particolare la legge piemontese prevede che "le misure di conservazione necessarie ad evitare il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie che hanno motivato l'individuazione dei siti di importanza comunitaria e delle zone di protezione speciale e la designazione delle zone speciali di conservazione" possano comportare all'occorrenza, l'approvazione di appositi piani di gestione. E' questo il caso dell'Appennino piemontese, che attraverso tale piano si assicura quanto statuito all'art 40, comma 3 e cioè: "l'uso sostenibile delle risorse, tenendo conto del rapporto tra le esigenze di conservazione e lo sviluppo socio-economico delle popolazioni locali". Altrettanto importante è la previsione da parte della deliberazione del 9 marzo 2017 di una "zona Buffer" nella fascia di un chilometro dai confini del ZSC/ZPS entro la quale è fatto divieto di realizzare "impianti eolici di qualsiasi tipologia", che quindi ha l'effetto di ampliare la zona sotto tutela.
Un corridoio migratorio da tutelare
"Gli uccelli che in Primavera migrano dall'Africa verso l'Europa seguono tre rotte principali: una passa sul Bosforo, una seconda sullo Stretto di Gibilterra mentre la terza è quella che sorvola lo stretto di Messina" spiega Gabriele Panizza, responsabile delle istruttorie e dei procedimenti tecnici, autorizzativi e contrattuali in campo ambientale e di biodiversità dell'Ente di gestione delle Aree protette dell'Appennino piemontese. "Questi rami di migrazione principali si dividono poi in rami secondari, ed è proprio uno di questi che sorvola l'area di Arenzano e della ZTS del Monte Beigua. Si tratta di un vero e proprio corridoio di migrazione che esiste forse da millenni ed è la direttrice di migrazione primaverile più importante del Piemonte e un hotspot fondamentale anche a livello europeo". Ma quali sono le problematiche che la presenza di un Parco eolico può creare agli stormi di uccelli?
"Ci sono diverse conseguenze negative. Innanzitutto il cosiddetto effetto barriera che costringe gli uccelli a modificare la propria rotta con maggiore stress e dispendio di forze. Poi c'è il displacement, cioè la dislocazione, che costringe gli uccelli che hanno esigenza di fermarsi, per riposarsi e rifocillarsi, a farlo in altre zone, magari meno adatte, dove possono essere disturbati. Bisogna capire che le rotte migratorie sono il risultato di migliaia di anni di evoluzione animale, sono memorizzate a livello genetico dai singoli individui. Mutarle per decisione umana può significare andare ad alterare questo equilibrio e se si parla di specie già fragili o a rischio di estinzione questo va a incidere pesantemente sulla loro sopravvivenza" conclude Panizza.
Le energie rinnovabili e la situazione della nostra regione
Quali sono gli obiettivi che dobbiamo raggiungere - e entro quando - in termini di produzione di energie rinnovabili?
"A livello nazionale gli obiettivi di sviluppo degli impianti di generazione di energia elettrica, stabiliti dal Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC), prevedono entro il 2030 un incremento della potenza elettrica installata pari a circa 80.000 MW." spiega Filippo Baretti, funzionario del Settore Sviluppo Energetico Sostenibile, Direzione Ambiente, Energia e Territorio della Regione Piemonte. "La ripartizione di tale obiettivo tra le diverse regioni italiane vede per il Piemonte, a partire dal 1° gennaio 2021 fino alla data del 2030, un traguardo fissato in una potenza aggiuntiva pari a 4.991 MW"
Esistono limiti per l'installazione degli impianti fotovoltaici e eolici nelle Aree regionali protette e nei siti della Rete Natura 2000?
"Attualmente siamo in una fase transitoria, in attesa che le aree idonee e inidonee - sia per gli impianti alimentati da fonte eolica, sia per quelli alimentati da fonte solare fotovoltaica - siano individuate puntualmente dalla legge regionale" prosegue Baretti. "Nel frattempo le aree inidonee sono stabilite nell'Allegato 1 al Piano Energetico Ambientale Regionale (PEAR) approvato con DCR n. 200-5476 del 15 marzo 2022. Per l'installazione di impianti eolici nelle aree protette e nei siti della Rete Natura 2000, l'attuale limitazione riguarda la taglia degli impianti, che non deve essere superiore ad una certa potenza in kW. Le norme si propongono di tutelare in particolare l'avifauna e la chirotterofauna. Per quanto concerne invece gli impianti fotovoltaici a terra, ad oggi la loro installazione non è possibile nelle aree protette nazionali né in quelle regionali, elencate nelle L.R. n. 12/1990 e n. 19/2009, nonché nei siti d'importanza comunitaria della Rete Natura 2000. Si tratta dunque di aree ritenute inidonee".
La futura legge regionale normerà la materia in modo più restrittivo?
"Al momento il disegno di legge di individuazione delle aree idonee, predisposto in sede tecnica e presentato all'Amministrazione regionale, per le consultazioni di rito e la definitiva approvazione in Consiglio regionale, non è ancora definitivo e dunque non è pubblico, tuttavia si può già affermare che, rispetto all'elenco delle aree idonee 'da subito' di cui all'articolo 20, comma 8 del d. lgs. 199/2021, la nuova disciplina avrà caratteristiche più restrittive" conclude Baretti.