Confine con l'Italia, Alte Alpi francesi. C'è un parco che riporta a ritmi dimenticati. Il motto del Queyras è "Un secret à partager", cioè un segreto da condividere: e oggi lo sveliamo. Il complesso di quest'area, che certamente è da considerarsi capace di accoglienza ecoturistica, con il carattere autentico che mostra corrisponde ad un modello per chi cerca luoghi ancora naturali. Ci si arriva con facilità. Ciononostante è una zona chiusa in una valle, che si sviluppa fra millecinquecento e tremilatrecento metri di quota, confinante con il Piemonte. I valichi di riferimento sono il Colle dell'Agnello, chiuso gran parte dell'anno per neve, che in circa quindici chilometri collega il Queyras alla Val Varaita cuneese, e il Col d'Izoard verso la Valle Susa, comodamente raggiungibile da Torino e dai centri padani con il TGV, discesa Oulx, per poi proseguire con i mezzi pubblici, attraversando strade panoramiche che si addentrano in paesaggi calmi e lenti. Centrale nel conservare i tratti di cui si parla è l'isolamento, che condiziona da sempre il comprensorio. Comunque ha contribuito anche l'istituzione del parco regionale, nel 1977, con il preciso scopo di tutelare gli spazi agricoli e gli ambienti selvatici dall'eccesso di urbanizzazione.
Piccola comunità, grande accoglienza
Fino ad oggi, il Queyras figura come la meta ideale di chi fa della natura il motivo del suo viaggio. Formidabile esempio di questo approccio è nella mentalità degli abitanti, appena duemilacinquecento suddivisi fra otto borghi che a diverse quote conferiscono umanità alla valle del Guil, e che insegnano con i loro gesti l'ecologia pratica e la gestione del luogo in armonia.
Grandioso il paesaggio: impronta alpina, elevate cime rocciose, pinete, pascoli erbosi per greggi e mandrie che, d'inverno, diventano pendii per sciatori, gruppi di case in materiali di provenienza locale. Guida lo sguardo, al centro, il fiume Guil. Ciò che è realizzato dall'uomo è funzionale alla gestione della dura vita di montagna, semplice e rigoroso nell'aderire al contesto ambientale: architetture dove è protagonista il legno di larice, più resistente ai parassiti; frequenti decori – detti rosas – intagliati con abilità paziente nei lunghi mesi freddi casalinghi; canalizzazioni fornite di chiuse per le acque piovane, costruite fino a duemilaquattrocento metri di quota per uso irriguo. Segni di ecologia pratica dappertutto.
A questo altrove si attinge, avvolti dall'atmosfera e dalla natura intima del Queyras, che invita a ritrovare alcuni valori assoluti che abbiamo collettivamente dimenticato. Ad aprirsi all'esperienza di un approccio nuovo. Esempio evidente e affatto poetico è la gestione dell'accoglienza a "La Maison de Gaudissard" di Molines-en-Queyras, antico hotel casalingo di stile montano che, con una storia straordinaria che merita di essere approfondita, dal 1968 garantisce – oltre alla vista panoramica sulla valle – ampie camere per turisti che non hanno mai avuto bisogno di chiavi, assicurando agli avventori l'animo aperto e nobile dell'abitare insieme senza diffidenza né barriere.
Basta aggiungere la bellezza, altrettanto generosa, delle visite guidate che Robert Franceschi organizza ad Abriès, con l'istintiva spontaneità che anima la sua grande passione di naturalista, artista e scrittore. "Le qu'est-ce qu'on mange", cioè quel che si mangia, è il nome evocativo del criterio che applica all'ambiente in cui vive. Quel che si mangia, in Queyras, si trova fuori: nei pascoli, nei boschi, nel fiume, nei campi. In primavera e in estate, principalmente, quando bisogna uscire per una passeggiata con un cesto intrecciato al braccio, come andando al mercato. A casa si ritorna con erbe, fiori, antichi segreti che sono – anch'essi – condivisi e tramandati. Fa bene partecipare ad una di quelle lezioni: di biodiversità, erboristeria, nutrizione, naturopatia e vita. A cielo aperto. Approdando poi alla tavola di uno dei ristoranti che offrono un autentico menu a chilometri zero, con agnello locale, magari condito con pesto fresco di achillea, un'insalata di foglie e fiori di erbe selvatiche, formaggi e patate di questa terra, marmellate, mieli, bacche dagli aromi introvabili e bontà completa.
Sport per tutti in un ambiente incontaminato
Bene anche citare le attività a contatto assoluto con il territorio: ciò che esiste, come accadeva anticamente, si conserva e si gode con libertà e rispetto. Come ha fatto Vincent, nel 1993, arrivando dalla valle della Loira, mosso dall'attrazione per gli sport d'acqua e giunto al Guil: il più bel fiume di tutto l'Hexagone – gli avevano detto. Dev'essere vero, se vi ha stabilito la residenza. E oggi sulla riva noleggia attrezzature per il rafting e la via ferrata, accompagnando le comitive nelle escursioni con l'entusiasmo di allora. Lo si può trovare al chiosco di legno di "QueyRaft", a Château-Ville-Vieille, quando non manovra uno dei gommoni o non arrampica la parete del duecentesco Fort Queyras.
È un concetto esemplare che è stato compreso da diverso tempo anche dai ciclisti che – numerosi – sfidano annualmente il Col d'Izoard, ambita tappa del Tour de France. E dai bikers, che dispongono di chilometri di sentieri e piste per ogni difficoltà, elementari ed estreme. Escursionisti a piedi e con gli asini, insieme ai patiti del volo libero, per non dire dei pescatori di acqua dolce, degli alpinisti e delle più semplici famiglie con bambini. Il Queyras accoglie ed eleva tutti, in quell'ambiente che è capace di esprimere empatia e rivelarsi giorno dopo giorno.
Farfalle Isabella, Salamandre di Lanza...
E non è stata fin qui esplorata la varietà degli elementi protetti nel parco. L'elenco delle specie monitorate è impreziosito dalla salamandra di Lanza, anfibio endemico e rarissimo, che è stata descritta per la prima volta – appena nel 1988 – dal medico e naturalista esperto di erpetologia Benedetto Lanza. Minacciata di estinzione e qui salvaguardata è la farfalla Isabella, mentre nei boschi di larici e pini cembri, fra le rocce, si vedono balestrucci e gufi reali europei. Le pinete offrono condizioni ecologiche adeguate per la riproduzione delle civette capogrosso e le cinciarelle effettuano migrazioni altitudinali in autunno, dalle conifere in quota verso le valli. Nelle praterie fioriscono le stelle alpine e gli ungulati frequenti sono camosci, stambecchi e mufloni; aquile reali e marmotte si distinguono in tutta evidenza. I torrenti, che si saturano di ossigeno grazie alle cascate, accolgono le trote e le larve di numerosi insetti, che richiamano i merli acquaioli; i moscerini del genere Perla, eccellente indicatore biologico, rilevano la buona qualità dell'ecosistema. Emblematico, ma sempre meno diffuso, è il fagiano di monte.
Ha i caratteri di un ponte, il Queyras: un luogo di confine che ha legato terre e culture in nome di una natura maestosa, dove la vita degli abitanti ha saputo scandire il nuovo ritmo riscoperto nell'ambiente e in sé. L'approccio ecologico al territorio. L'impiego sostenibile e la valorizzazione delle risorse, animali e vegetali. L'accoglienza che non ha dimenticato la rieducazione alimentare, abitativa, comportamentale. In tutto questo, il Queyras ha condiviso il suo segreto.
Per approfondimenti:
Sito ufficiale del Parco Naturale Regionale del Queyras
Il portale ufficiale dell'Ufficio del Turismo del Queyras
Sito di Ceillac, il borgo più isolato e più meridionale del Queyras
Il portale dell'Ufficio delle guide del Queyras e del Viso
Sito dello Chalet de Lanza, dove lavora Robert Franceschi, ad Abriès