«Abbiamo bisogno di maggiore partecipazione a livello locale. Il supporto della popolazione è la sola garanzia possibile per continuare a sostenere nel futuro la conservazione dell'ambiente». Parola di Björn Risinger, a capo del Dipartimento Risorse Naturali dell'EPA svedese, l'agenzia statale di protezione ambientale. A cento anni più uno dall'istituzione dei primi parchi nazionali – svedesi e continentali – la considerazione è di quelle che sintetizzano una correzione di rotta, uno sforzo nuovo. Perché se gli apripista dell'Europa dei parchi inducono alla riflessione sul proprio approccio alla conservazione, che tanti risultati ha conseguito, qualcosa vorrà pur dire.
All'inizio fu il Nord. Nove parchi nazionali dai nomi impronunciabili per i non scandinavi – a parte il più famoso, Abisko, e il più selvaggio, Sarek – furono istituiti dal Parlamento nel lontano 1909 perlopiù nella settentrionale Lapponia per favorire innazitutto la ricerca scientifica e il turismo in luoghi vergini, se di turismo si poteva parlare in aree immense e disabitate (tuttora vi vivono appena 4 svedesi per kmq) che in due casi sfiorano i 200.000 ettari. Tra il 1918 e il 1942 altri sei parchi videro la luce, sempre con ruoli e identità nettamente separate dagli altri comparti dello sviluppo socio-economico e demografico del Paese.
Il cambiamento arrivò negli anni Sessanta. Pochi anni prima, nel 1956, una legge aveva sancito l'inedificabilità delle coste marine entro una fascia di 100 metri dalla battigia (in Italia il "decreto Galasso" giungerà trent'anni dopo). Ma fu il risultato di una successiva indagine parlamentare a condurre il dibattito politico verso una nuova legislazione ambientale e differenti forme di gestione. Nel 1964 entrarono in gioco i governi locali, in Svezia rappresentati dalle Assemblee provinciali (che reggono le Contee) e comunali. Alle prime venne assegnato il potere di istituire le riserve naturali (e così accade tutt'ora) che oggi sono ben 3.200.
Nel 1967 nacque invece la Naturvårdsverket, appunto l'EPA svedese, cui la legge affida compiti di tutto rilievo in materia di parchi delegando in pratica tutto ciò che è intervento statale, dietro impulso politico del Riksdag (il Parlamento di Stoccolma). Altri passaggi importanti furono poi l'approvazione del Piano dei Parchi Nazionali nel 1989 e quella del nuovo Codice Ambientale nel 1999.
Oggi in Svezia le principali categorie di aree naturali protette sono due: parchi nazionali e riserve naturali. Altre categorie sono quelle dei biotopi, dei wildlife sanctuaries, dei nature conservation agreements (contratti tra l'amministrazione forestale statale e i proprietari per la gestione sostenibile delle aree boscate), nonché naturalmente dei siti di Natura 2000, in Svezia circa 4.000. Le riserve sono istituite su indicazione delle Contee e dei Comuni, dopo una consultazione con i proprietari dei terreni interessati (quando non sono demaniali) e gli altri soggetti eventualmente coinvolti.
Quanto ai parchi nazionali, attualmente sono 29 per un totale di circa 7.000 kmq (l'1,5% della superficie del Paese), dopo l'istituzione di quello costiero di Kosterhavet, ai confini meridionali con la Norvegia, avvenuta nello scorso settembre. A deciderne il varo sono Governo e Parlamento, ma il vero spartiacque è il regime fondiario. Qui il proprietario dei terreni può essere solo uno: lo Stato. Così l'EPA deve acquisirli dalle autorità locali, dalle compagnie private e dai singoli cittadini che li possiedono. Allo scopo, valutatori indipendenti stimano il valore fondiario che sarà poi alla base della transazione e tutte le acquisizioni devono essere concluse prima che la proposta di istituzione sia sottoposta al Governo nazionale.
Chi gestirà il nuovo parco, e con quali fondi? Le Assemblee provinciali che governano le 21 Contee svedesi sono normalmente responsabili dell'amministrazione tanto dei parchi nazionali che delle riserve. Solo alcuni parchi dispongono di una sede gestionale distinta con proprio personale, in particolare il parco nazionale di Tyresta (una foresta di pini a soli 20 chilometri da Stoccolma) è amministrato da una fondazione. Più che la struttura, a dettare le regole è il piano di gestione redatto per ciascuna area che nel quadro della normativa nazionale, sotto la supervisione e con il supporto dell'EPA, descrive nel dettaglio gli interventi, i livelli di protezione, i ruoli, i finanziamenti. Tale assetto rende difficile ogni confronto con i parchi dell'Europa centro-meridionale, come quelli italiani. Però alcuni aspetti della gestione restano gli stessi; per dire, i centri-visita ci sono anche nei parchi svedesi, si chiamano Naturum (per ora 40, altri in arrivo) e il loro funzionamento è regolato dall'EPA che prevede per tutti ampi orari d'apertura, esibizioni permanenti, ingresso gratuito, etc. Oltre alle soluzioni, anche i problemi a volte sono i medesimi. Ecco per esempio quel che è accaduto per la nascita di uno dei parchi più recenti, quello di Fulufjället in Dalarna (Svezia centro-occidentale).
L'area viene identificata come idonea per l'istituzione di un parco nazionale dal National Parks Plan del 1989. Montagne vere, le più meridionali del Paese, ospitano paesaggi d'integra bellezza e specie animali quali l'orso, l'alce, talvolta il lupo, il girfalco. Si trova qui anche Njupeskär, con ben 93 metri complessivi di salto la cascata più alta di Svezia. Un gruppo di lavoro costituito da rappresentanti dell'EPA, della Contea della Dalarna e dei due Comuni coinvolti inizia a lavorare a un piano di gestione nel 1993. Ma le polemiche montano, anche qui pretestuose e spesso senza fondamento. Tra la popolazione locale si spargono voci che parlano chiaro: il parco servirà a "quelli di Stoccolma, che verranno qui a dirci quello che possiamo e quel che non possiamo fare". E basta caccia, basta pesca, basta escursioni invernali con la motoslitta (invece, tutte attività regolamentate senza divieti tassativi; si vedano le recenti polemiche sulla caccia al lupo di cui è arrivata eco anche in Italia). Partono le petizioni e le lettere ai giornali, fino a condizionare pesantemente il dibattito politico locale.
Saggiamente EPA e Contea cambiano marcia. Sui tavoli dei circoli e nelle birrerie dei piccoli centri dell'area compaiono, sobriamente comparati nei volantini, i due scenari possibili: da una parte il futuro già annunciato per i 400 residenti fatto di spopolamento, emigrazione, perdita del lavoro, isolamento crescente; dall'altra il parco. Il Fulufjället Surroundings Project, questo il nome del piano che naturalmente ha previsto diverse altre azioni, raccoglie i suoi frutti e la diffidenza per un progetto poco conosciuto diventa speranza. Declinandosi pure in richieste concrete come una migliore copertura per la telefonia mobile, il rifacimento della viabilità principale e posti di lavoro che si renderanno disponibili presso il nuovo Naturum e l'attiguo ristorante. Cinquanta milioni di corone, pari a circa cinque milioni di euro in buona parte di provenienza UE, vengono investiti subito nell'area. Nel settembre 2002 il re Carlo XVI Gustavo inaugura il parco nazionale – 38.500 ettari di estensione – che soltanto nel suo primo anno di vita vedrà crescere il turismo locale del 40%. Anche nella civile Svezia il parco conviene.