Che si tratti di impastare il pane o intagliare una porta, perché un lavoro sia ben fatto l'ingrediente essenziale è la passione. Ed è proprio passione quella che trasuda dalle parole di chi da anni si dedica alla cura degli animali selvatici, legittimi occupanti dei nostri parchi. Se il comunicato scritto su un censimento può sembrare un elenco asettico di cifre, basta contattare chi a quella conta ha dedicato ore e pazienza per scoprire un mondo che va ben oltre i numeri, che inquadra gli animali nel loro contesto geografico ma anche temporale, in una cornice che non scorda l'impatto di gitanti ed escursionisti, che ci rammenta che l'incuria non è solo nella cartaccia per terra, ma anche nei fondi carenti a tutela della nostra fauna. Lo scorso mese di ottobre, come ogni autunno dal 1993, i guardiaparco del Parco naturale Veglia-Devero hanno dedicato dieci giorni al censimento dei camosci. La conta è effettuata a vista, senza ricorrere a catture, dopo aver virtualmente suddiviso le due principali conche del Parco - testate delle valli Veglia e Devero - in una scacchiera. Su di essa si muovono pochi ma validi guardia parco, che con la perizia e l'esperienza suppliscono alle carenze di organico. Tirate le somme, sono stati censiti oltre duecento camosci, un numero che ovviamente risente fortemente degli inevitabili errori di campionamento, tanto da rendere in genere non statisticamente significative le differenze registrate da un anno all'altro. Ciononostante, a fronte di un generale assestamento nella popolazione censita nella conca di Veglia negli ultimi dieci anni, non si può non notare la costante diminuzione nel medesimo periodo del numero di camosci censiti nella conca della valle Devero. Difficile per gli stessi guardiaparco individuare le cause di un tale - anche se contenuto - calo, peraltro registrato anche in popolazioni di camosci estremamente distanti sull'arco alpino, ovvero non solo in vallate della provincia di Cuneo, ma anche di Como e del Canton Ticino. Di certo si sa che negli ultimi anni è aumentata in maniera notevole la popolazione di stambecchi - nel Parco Veglia-Devero passati in una manciata di anni da una decina di capi a quasi duecento - analogamente a quella dei cervi. A fronte di questa osservazione si può ipotizzare una competizione sul territorio, magari quando le primavere precoci privano le giovani madri del foraggio più nutriente al momento dell'allattamento. Ma molto più probabilmente la causa va ricercata in un nuovo carico di patogeni e parassiti che, abituati a pasteggiare ai danni di cervi e stambecchi, hanno trovato nei camosci ospiti impreparati a difendersi e quindi più vulnerabili, indeboliti e danneggiati da un nemico tanto subdolo quanto difficile da sconfiggere. Auspicabili collaborazioni con centri di ricerca universitari potrebbero aiutare a individuare e circoscrivere il problema, offrendo ai guardiaparco - preziosi guardiani dei tesori naturali - nuove armi per la tutela della nostra fauna.
Claudia Bordese
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