Il tritone trae in inganno con il suo aspetto da lucertola, mentre invece biologicamente è molto più vicino alle rane o ai rospi che non ai rettili. Le parenti più strette dei tritoni sono in realtà le salamandre, dunque anfibi, classe di organismi delicati ed esigenti che soffrono l'attuale lenta scomparsa dei loro habitat umidi. Tritoni e salamandre conservano entrambe un aspetto arcaico, simile a quello degli anfibi primordiali, caratterizzato dalla presenza di una coda e di quattro arti. Ad accomunarle, anche il fatto di essere entrambi predatori che inghiottono interamente la loro preda: le zanzare sono uno dei loro pasti preferiti e, così come tutti gli anfibi, anch'essi rappresentano una risorsa fondamentale nella lotta biologica alla diffusione dei fastidiosi insetti ematofagi.
Sono tre le specie di tritone catalogate in Piemonte, oltre a un curioso organismo noto come geotritone che appartiene al genere Speleomantes. La punteggiatura distintiva, particolarmente evidente nei maschi, ha ispirato il nome del tritone punteggiato (Triturus vulgaris). I maschi si differenziano dalle femmine per la loro colorazione più vivace, per le striature marcate sui lati della testa, per la cresta caudale e la cloaca ingrossata durante il periodo riproduttivo. In Piemonte, la specie abita principalmente in ambienti di pianura e collina. I suoi habitat preferiti comprendono piccoli stagni, fossi, canali d'irrigazione e altre pozze d'acqua stagnante. Queste aree offrono condizioni ideali per la riproduzione e lo sviluppo larvale, con acque poco profonde e vegetazione abbondante. Durante la stagione riproduttiva, i maschi migrano verso questi siti d'acqua per cercare le femmine e per competere tra loro per il diritto di accoppiarsi. Le femmine depongono le uova tra la vegetazione acquatica, dove sono protette dagli agenti atmosferici e dalla predazione.
Torbiere, stagni e grandi abbeveratoi sono l'habitat di elezione del tritone crestato italiano (Triturus carnifex). Amante delle acque ad abbondante vegetazione, è raro trovarlo in quota e comunque non oltre i 1.000 metri di altitudine. La specie è ancora abbastanza diffusa in alcuni settori della regione, ma nelle aree più antropizzate è diventata molto rara o è localmente scomparsa. Un declino a cui è corrisposto l'inserimento negli allegati II e IV della Direttiva 92/43/CEE "Habitat", che ne sottolinea l'importanza per la conservazione della biodiversità. Triturus carnifex è uno dei più grandi tritoni europei, con le femmine adulte che possono raggiungere i 18 cm di lunghezza, mentre i maschi tendono a essere più piccoli. Questi anfibi presentano un corpo gracile ed allungato, con quattro arti e una coda appiattita lateralmente, dotata di lamina natatoria. La colorazione del dorso è bruno nerastra, con una striscia vertebrale solitamente gialla nelle femmine e negli individui subadulti, mentre il ventre è di colore giallastro od arancione con grandi macchie scure. La gola è marezzata di verde scuro e bianco. Durante il periodo degli amori, i maschi sviluppano una appariscente cresta dentellata dorsale e due creste caudali, con fianchi e coda che presentano riflessi madreperlacei.
Una terza specie ha fatto parlare di sé nel 2012, poiché protagonista di una autentica riscoperta. Parliamo del tritone alpino (Ichtyosaurius alpestris apuanus), che dopo oltre cinquant'anni di assenza è stato nuovamente segnalato sulle colline di Torino. Questo piccolo anfibio acquatico, caratterizzato da una gola arancione vivace e macchie scure, è stato individuato da due giovani studiosi, Davide Marino e Daniele Seglie. La loro ricerca ha portato alla scoperta di esemplari adulti e larve in diversi stagni della zona, alcuni dei quali ospitano anche il tritone crestato. La presenza di questi tritoni è particolarmente significativa per la biodiversità regionale, considerando che le segnalazioni precedenti erano estremamente rare. Le popolazioni della Collina torinese sembrano essere isolate, suggerendo un'introduzione umana piuttosto che una migrazione naturale. Nonostante il declino, la specie non è considerata in via d'estinzione, grazie alla sua presenza in altre aree europee. La protezione di questi anfibi è complessa, poiché i terreni su cui vivono sono spesso privati e non è sempre semplice trovare forme di collaborazione con gli enti pubblici preposti alla salvaguardia della biodiversità.
Un anfibio molto particolare che vive nelle grotte del Cuneese è il geotritone di Strinati (Speleomantes strinatii). Si tratta di un animale che si ciba di insetti che trova vicino agli ingressi delle cavità sotterranee. Ha una lunghezza massima di 8-10 centimetri e mostra alcune caratteristiche tipiche degli organismi adattati alla vita in ambienti bui e umidi. Per esempio, non ha polmoni e respira solo attraverso la pelle, e le sue uova si sviluppano molto lentamente. Il geotritone di Strinati si può osservare facilmente nella Grotta dell'Orso di Ponte di Nava e nelle grotte del Bandito in Valle Gesso. Sul suo nome scientifico, però, non c'è ancora consenso. Gli studiosi infatti non sono d'accordo sulla classificazione di questo genere di anfibi. Infatti, il nome è cambiato più volte da Speleomantes a Hydromantes e viceversa, e le varie popolazioni di geotritoni presenti lungo le Alpi Liguri sono geneticamente diverse tra loro (fonte: Enrico Lana, Biospeleologia del Piemonte. Atlante fotografico sistematico).
I tritoni e in generale gli anfibi, con il loro ciclo vitale così legato agli ambienti umidi, svolgono un ruolo cruciale nel monitoraggio della salute degli ecosistemi acquatici. Sono infatti considerati ottimi biondicatori, cioè rispondono direttamente alle condizioni dell'ambiente circostante. Le loro pelli permeabili assorbono facilmente sostanze chimiche presenti nell'acqua e nell'ambiente circostante, rendendoli estremamente sensibili ai cambiamenti. La presenza o l'assenza di anfibi e la loro abbondanza in un ambiente acquatico possono fornire importanti informazioni sulla qualità dell'acqua, sulla presenza di inquinanti e sulla salute complessiva dell'ecosistema. Ovviamente, anche il cambiamento climatico rappresenta una minaccia significativa. L'innalzamento delle temperature può alterare i cicli riproduttivi degli anfibi, influenzare la disponibilità di acqua e rendere gli habitat più suscettibili all'essiccazione. L'aumentata frequenza e d'intensità di eventi meteorologici estremi, come piogge torrenziali o siccità prolungate, possono avere effetti negativi sulle popolazioni di anfibi. Non si tratta solo di una questione di conservazione della biodiversità, ma anche di salvaguardia della salute degli ecosistemi acquatici e, di conseguenza, del nostro stesso benessere.