Il cervo acquista un valore simbolico anche nella cultura cattolica. Questa simbologia la ritroviamo nella produzione artistica, raffigurativa, letteraria e agiografica.
Pastoureau, ad esempio, nel suo Medioevo simbolico ha analizzato gli animali che appaiono nelle immagini medievali raffiguranti l'Arca di Noè. Accanto alla presenza costante del leone, compaiono altri grandi quadrupedi e tra questi i più frequenti sono l'orso, il cinghiale e il cervo.
Maury nel suo Essai sur les légendes pieuses du Moyen-age pubblicato nel 1843 osservava: «Il cervo ebbe anche un ruolo importante nelle leggende del Medioevo. Questo animale era considerato dotato di una certa virtù profetica e, in molte e molte circostanze, lo vediamo indicare l'esistenza di reliquie rimaste sepolte in un luogo sconosciuto, rivelare la presenza di determinati oggetti che gli uomini si erano sforzati invano di scoprire, o di portare un pagano, un peccatore, in qualche particolare situazione che doveva determinare la sua conversione. (...) Ma queste leggende che, come abbiamo visto, attribuiscono al cervo un ruolo provvidenziale e lo rendono un vero ministro dei disegni di Dio, non sono, tuttavia, le più significative. Ce ne sono ancora altre in cui l'idea religiosa e cristiana appare nettamente; intendo quelle leggende in cui vediamo cervi che trasportano un crocifisso tra le loro corna, parlano, insegnano la fede e si trovano a essere Cristo in persona».
Questa testimonianza del XIX secolo descrive bene l'interesse per il cervo dal punto di vista della rappresentazione e della narrazione che si affianca al contemporaneo processo scientifico che, sempre più autorevolmente, tende a restituire una dimensione etologica e biologica del mondo animale in genere.
Se invece rimaniamo sul simbolismo, Louis Charbonneau-Lassay nel suo Il bestiario del Cristo, a proposito di alcune scene che documentano l'antica arte cristiana, asserisce: «Ove il leone insegue i cervi, le timide cerbiatte o le innocenti gazzelle, il profano non vede altro che l'inseguimento banale della preda da parte della belva affamata, mentre tali immagini sono in realtà l'illustrazione del testo di san Pietro. Questi cervi, questi daini, queste gazzelle sono le anime umane, e la Chiesa latina prega per esse nella sua liturgia, affinché non diventino vittime del loro aggressore».
Lo stesso autore aggiunge: «Il Cristianesimo primitivo, in particolare nel Medio Oriente, paragonò il Salvatore a tutti gli animali che, per la loro natura, per le loro qualità reali o per le allegorie che si riferivano ad essi oppure al passato storico delle loro immagini, potevano servire all'insegnamento dogmatico o alla vita mistica».
L'appropriazione simbolica del mondo animale da parte del primo cristianesimo ricorre in un'altra testimonianza del passato. Carlo Louandre scrive nel 1874 L'epopea degli animali: «Posta sul limite ancora indeciso del paganesimo e della nuova fede, la zoologia simbolica delle catacombe adotta la maggior parte delle rappresentazioni materiali dell'antichità: l'agnello, il pavone, il gallo, l'aquila, la fenice, il cervo, il cavallo, il delfino, lo scarabeo, ricompaiono nel medesimo aspetto in cui si trovavano nei monumenti del politeismo; ma il loro significato è del tutto mutato, ed essi parlano, per così dire, un nuovo linguaggio. (...) Mentre prende ancora le mosse da alcuno dei dati della scienza antica, l'arte s'inspira nel tempo stesso dai libri sacri e dall'esegesi dei padri, e fa servire gli attributi tradizionali al nuovo ammaestramento. Così il cervo, il quale, secondo gli scrittori pagani, ringiovanisce mangiando serpenti, diviene emblema del Cristo che rigenera il mondo schiacciando il tentatore».
Il cervo, oltre che emblema, viene elevato in un caso a incarnazione del Cristo, ma qui ci stiamo spostando nella trattazione delle vite dei santi che meritano uno spazio tutto per loro e che tratteremo la prossima volta.