La sera del 30 giugno scorso, un forte temporale si è abbattuto sull'area del Parco naturale La Mandria provocando, con una forza inimmaginabile del vento e della pioggia, l'annientamento di centinaia di alberi, rivenuti nelle ore seguenti schiantati, spezzati e ribaltati.
Il fenomeno si è verificato non solo lungo le conosciute "rotte" del parco, diventate impraticabili per la maggior parte, ma anche all'interno delle formazioni forestali, ossia in quei boschi che, in condizioni di clima stabile, ci danno l'impressione di essere luoghi sereni e protetti, in cui assaporare la quiete e rigenerarsi godendo dei colori, dei suoni delicati e della vicinanza con alberi maestosi.
Ben differente deve essere stato, invece, il bosco della Mandria durante il fortunale, dato che ne hanno riportato conseguenze devastanti piante di ogni specie e dimensione, anche perfettamente sane ed equilibrate. Tuttavia, sono soprattutto le querce ad avere subito i maggiori danni, sia le farnie, vale a dire le più diffuse querce "nostrane", di grande valore naturalistico oltre che paesaggistico, sia le querce rosse, piante di origine esotica, a carattere invasivo, diffuse artificialmente nella seconda metà del XX secolo e oggi osteggiate perché estranee alle formazioni forestali autoctone, dannose per la rinnovazione del bosco e limitanti la biodiversità.
I primi sopralluoghi dopo la tempesta
Durante i primi sopralluoghi nei giorni seguenti il temporale, abbiamo notato proprio come le farnie fossero tra gli esemplari più colpiti: grandi dimensioni, esteso sviluppo fogliare, presenza di criticità nella struttura legnosa legate a patologie o a precedenti traumi hanno favorito il fenomeno. In particolare, dove il vento è riuscito a incanalarsi con maggiore forza, anche all'interno del bosco, le folte chiome delle farnie hanno determinato un "effetto vela", cioè una spinta tale da spezzare tronchi con diametri superiori a 50-60 cm e da ribaltare zolle radicali, estese superficialmente anche vari metri quadrati, ma non sufficientemente approfondite a causa del terreno caratterizzato già a poche decine di centimetri di profondità da uno strato indurito e impenetrabile. Fortunatamente, altre specie e soprattutto i carpini bianchi, che con le farnie appartengono e nobilitano il "querco-carpineto" planiziale della Mandria, hanno resistito meglio al fortunale, date le minori dimensioni e la frequente formazione a ceduo, cioè con più tronchi sviluppati dalla stessa ceppaia.
I nostri boschi, già intaccati nella composizione specifica e nella struttura da centinaia di anni di presenza antropica, sofferenti e deperiti per le cause più varie, soggetti soprattutto negli ultimi anni a nuovi patogeni e all'invasione sempre più intensa di specie alloctone, porteranno a lungo i segni del fortunale. La natura farà il suo corso: grazie alla maggiore illuminazione le piante impossibilitate a svilupparsi sotto la copertura forestale potranno invece insediarsi. Sarà strategico il ruolo dell'Ente parco nel cercare, per quanto possibile, di ostacolare il progredire delle entità invasive, favorendo le specie autoctone e guidando la crescita dei boschi verso una condizione di ritrovata naturalità, evidente nella variabilità specifica e nella struttura meno regolare, per l'alternanza di gruppi di piante di differente età e sviluppo.
Gli alberi caduti a terra
Naturalmente occorreranno molti anni, però il legno degli alberi schiantati potrà rivestire un ruolo importante nell'accrescere la fertilità dei suoli forestali: lasciato a terra a degradarsi formerà sostanza organica, ricca di nutrienti per il popolamento forestale che dallo stesso terreno riceve acqua e sostentamento. Questo non è il solo aspetto positivo che può essere ricercato nell'evento meteorologico: piante spezzate e cadute al suolo, con il loro carico di foglie e rami, costituiscono un serbatoio inesauribile per la biodiversità associata agli ambienti forestali, non solo formata dagli alberi ma costituita da una moltitudine di specie animali e vegetali che trovano rifugio e nutrimento nei microhabitat formati dalle cavità legnose e vivono grazie alla presenza di legno in decomposizione costituendo, a loro volta, fonte di cibo per altri organismi.
La quercia rossa americana, un caso a parte
Discorso diverso per i boschi di quercia rossa americana: sono due le specie di questa quercia presenti alla Mandria, entrambe caratterizzate da rapido sviluppo, scarso approfondimento radicale, consistente produzione di massa fogliare costituita da foglie grandi e spesse e scarsamente degradabili. Tali caratteristiche rendono le querce rosse piante indesiderate per i nostri boschi, dato che facilmente si ribaltano (anche in assenza di vento), sono soggette a marciumi radicali in grado poi di diffondersi anche alle altre specie forestali e, soprattutto, rendono il terreno meno ricco di nutrienti e con una struttura meno favorevole alla vita delle radici perché la caduta autunnale delle loro foglie, anno dopo anno, determina la presenza di uno spesso strato superficiale scarsamente decomponibile, in grado di alterare negativamente il suolo sottostante. Essendo di origine esotica, inoltre, a queste querce è associata una minore biodiversità, sebbene la presenza di tronchi o parti di piante morte in piedi o a terra anche di queste specie, possa risultare utile soprattutto per gli organismi denominati "saproxilici", vale a dire che trascorrono tutta o in parte la loro esistenza in funzione della presenza di legno morto.
Una questione di equilibrio
Le azioni della natura, talvolta sconvolgenti come nel caso del fortunale a La Mandria, tendono con il tempo a ripristinare condizioni di equilibrio, in cui ciò che va a scapito di un organismo può invece favorirne un altro, determinando dinamiche essenziali alla sopravvivenza dei sistemi biologici. Le centinaia di alberi schiantati o spezzati rappresentano indubbiamente una gravissima perdita per il parco, difficile da superare date le condizioni già complesse in cui versano i popolamenti forestali. Tuttavia, gli studi condotti sulle dinamiche degli ecosistemi costituiti dalle foreste primigenie ci insegnano che fenomeni avversi di tipo climatico, così come gli incendi o altre "devastazioni" di origine naturale, possono costituire elementi fondamentali per la rigenerazione e diversificazione degli habitat. Allungando l'orizzonte temporale, è dunque possibile riconoscere nel fortunale che ha colpito il parco un evento rilevante dal punto di vista evolutivo che, se opportunamente monitorato e guidato, offre possibilità di sviluppo e incremento a specie rilevanti per la biodiversità contribuendo, in prospettiva, ad accrescere il pregio e la sostenibilità delle formazioni forestali a La Mandria.
*Giusi Rezza è funzionario tecnico del Parco La Mandria