Lo scorso 14 agosto, l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha dichiarato una nuova "emergenza sanitaria pubblica di rilevanza internazionale" (PHEIC - Public Emergency of International Concern) a seguito della diffusione di una epidemia di virus Mpox – o vaiolo delle scimmie - nella Repubblica Democratica del Congo e in altri Paesi dell'Africa centrale.
Un annuncio che arriva dopo che le recenti storie di zoonosi ci indicano qual è il modello da seguire, ovvero quello One Health che considera strettamente interconnessi la salute degli esseri umani, degli animali e degli ecosistemi.
Conosciamo meglio Mpox
Mpox, precedentemente denominato monkeypox, MPXV o vaiolo delle scimmie, è un virus della stessa famiglia del vaiolo umano. La malattia è endemica dell'Africa centrale e occidentale e può colpire gravemente la pelle e i linfonodi, con sintomi che includono febbre, dolori muscolari, mal di testa e un'eruzione cutanea caratterizzata da vesciche e pustole.
Si tratta di una zoonosi, cioè una patologia passata dagli animali all'uomo.
Anche se meno letale rispetto al vaiolo umano, l'Mpox può portare a complicazioni gravi, specialmente nelle persone immunocompromesse.
Perché si chiama "vaiolo delle scimmie"
Durante l'estate e l'autunno del 1958, una nuova malattia si è manifestata in una colonia di macachi presso il centro di ricerca danese Statens Serum Institut di Copenhagen, noto per la sua attività nello studio delle infezioni virali e lo sviluppo di vaccini.
Gli animali ammalati mostravano un'eruzione cutanea che si manifestava, inizialmente, con lesioni a macchie per poi evolvere in pustole piene di liquido.
Preben von Magnus, virologo presso l'istituto danese, isolò l'agente patogeno e, insieme ad altri colleghi, pubblicò l'anno successivo un articolo scientifico dedicato alla scoperta.
Nello studio la malattia veniva descritta con manifestazioni simili al vaiolo umano e pertanto, facendo riferimento agli animali dai quali è stato isolato per la prima volta il virus, fu chiamata "vaiolo delle scimmie".
Sintomi e trasmissione della malattia da Mpox
La malattia da Mpox ha un'incubazione di 5-21 giorni e si manifesta in due fasi principali: la prima quella "prodromica" con febbre, stanchezza, dolori muscolari, mal di testa e linfonodi ingrossati; la seconda è quella "eruttiva", nella quale si ha eruzione cutanea con papule che evolvono in vesciche e croste.
La malattia dura generalmente dalle 2 alle 4 settimane e, nella maggior parte dei casi, i sintomi si risolvono senza trattamenti specifici, ma nei casi più gravi può portare a infezioni batteriche secondarie o complicazioni polmonari e neurologiche.
La trasmissione della malattia avviene attraverso il contatto diretto con lesioni cutanee, fluidi corporei o materiali contaminati come lenzuola e indumenti. Un'altra modalità di trasmissione include lo stretto contatto fisico, come i rapporti sessuali. Inoltre è stato recentemente accertato che il virus si diffonde anche attraverso droplets respiratori, ovvero piccole goccioline di saliva che vengono emesse dalle vie respiratorie, in caso di esposizione prolungata.
Infine alcuni roditori, selvatici e domestici, considerati il principale serbatoio del virus, possono infettare gli esseri umani attraverso il contatto con secrezioni o carne contaminata.
La storia di Mpox
Non è la prima volta che l'OMS dichiara un'emergenza che riguarda Mpox. Era già accaduto a luglio del 2022 quando la malattia si stava espandendo in diversi Continenti, ma già a maggio 2023, con la riduzione del numero di nuovi casi, il rischio sanitario era stato dichiarato concluso.
La comparsa però di una variante del virus nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo e la sua diffusione in alcuni Paesi confinanti, come Burundi, Ruanda, Uganda, ha spinto l'OMS, il 14 agosto 2024, a intervenire nuovamente.
Il giorno successivo è stato segnalato ufficialmente il primo caso europeo di malattia nell'uomo, in Svezia.
La prima identificazione del virus nell'uomo è stata nel 1970 nella Repubblica Democratica del Congo, durante le campagne epidemiologiche per l'eradicazione del vaiolo.
Nei 30 anni successivi il virus Mpox è rimasto confinato in remote aree rurali e boschive dell'Africa centrale e occidentale.
Nel 2003 ci fu un primo caso su una bambina di tre anni del Wisconsin, negli Stati Uniti, che contrasse l'infezione attraverso il contatto con un cane delle praterie, una specie di roditore, acquistato in un negozio che vendeva animali addomesticati, provenienti dall'Africa occidentale. Successivamente, nello stesso anno, ci furono altri 47 casi di Mpox, sparsi nel Midwest degli Stati Uniti: tutte persone che avevano contratto la malattia attraverso contatti con roditori domestici importati dall'Africa.
Nel settembre del 2017 la malattia ricomparve in Nigeria in una variante diversa, denominata Clade I b, che è più aggressiva e pericolosa in quanto può degenerare più frequentemente in forme gravi, soprattutto nei soggetti fragili, e ha una mortalità stimata del 10%.
Il dottor Dimie Ogoina, specialista in malattie infettive della Niger Delta University, si trovò di fronte a un primo caso su un bambino di 11 anni che presentava lesioni diffuse sul viso e sul corpo; nelle settimane successive iniziò a osservare un numero crescente di casi che interessavano giovani adulti.
Il profilo sociale e clinico di questi nuovi malati, però, era inusuale: non erano abitanti di zone rurali isolate, dedite alla caccia o al contatto con animali selvatici, potenziali serbatoi del virus, ma provenivano da città affollate, dove le abitudini sociali erano diverse. Anche le manifestazioni della malattia erano differenti da quelle del "paziente zero": invece di concentrarsi sul viso e sul resto del corpo, le lesioni in queste persone colpivano con particolare severità le aree genitali, per cui è stato ipotizzato che il contagio avvenisse per via sessuale o comunque attraverso un contatto fisico stretto o una vicinanza prolungata nel tempo.
L'epidemia del 2017 in Nigeria ha segnato un punto di svolta nella storia dell'Mpox, l'inizio di una nuova emergenza sanitaria globale, forse non abbastanza ascoltata.
Tra il 2018 e il 2019 si sono registrate quattro nuove infezioni tra Regno Unito, Singapore e Israele con contagi di persone che avevano trascorso alcuni periodi in Nigeria.
Mpox una malattia sottovalutata
Mpox può essere considerata una "malattia tropicale trascurata" (neglected tropical disease): con questa definizione vengono indicate molte malattie causate da un'ampia varietà di agenti patogeni, che condividono il fatto di essere prevalenti o endemiche in Paesi poveri o in via di sviluppo e che affliggono comunità con sistemi sanitari assenti o deficitari, segnate da conflitti ricorrenti e altri problemi politici e sociali.
La diffusione di Mpox è stata quindi probabilmente sottovalutata e considerata ingiustamente un "problema del Terzo Mondo" e di scarso interesse globale, riconosciuto solo in tempi più recenti.
L'approccio One Health
One Health significa "una salute" e indica la connessione tra la salute degli esseri umani, degli animali e dell'ambiente.
I dati dell'Ufficio europeo dell'OMS indicano che negli ultimi 30 anni sono stati identificati oltre 30 nuovi patogeni per l'uomo di cui il 75% hanno avuto origine dagli animali sia domestici che selvatici.
Questo collegamento tra salute degli esseri umani, degli animali e degli ecosistemi è sempre più evidente. I fattori che condizionano questo fenomeno sono principalmente tre: la crescita della popolazione umana e la conseguente antropizzazione di nuove aree sempre più a stretto contatto con l'ambiente e la fauna selvatica; il cambiamento climatico e il consumo del suolo che alimentano la diffusione di malattie zoonotiche e malattie trasmesse da vettori (organismi viventi come zanzare, zecche, pulci); la facilità degli spostamenti e degli scambi globali che consentono una diffusione più rapida delle malattie su scala planetaria.
Utilizzando questo approccio, numerosi Stati sono stati in grado di affrontare epidemie di infezioni zoonotiche. Per esempio negli Anni '90, nel Regno Unito, il contenimento delle infezioni di salmonellosi trasmesse dal consumo di pollame è stato possibile grazie alla coalizione di Governi, agenzie di ricerca e esperti in salute umana, animale e ambientale.
In Europa, invece, sono in atto diverse azioni per contrastare le conseguenze negative dell'antibiotico resistenza, condividendo informazioni e best practice da parte di ospedali e impianti di produzione alimentare. Infine, l'ultimo esempio in ordine di tempo, è stato quello della pandemia dovuta al Covid-19, che ha evidenziato l'importanza di una gestione delle emergenze sanitarie a livello globale.
Mpox tra pregiudizi e disinformazione
La ricomparsa del virus Mpox ha creato in alcuni casi eccessiva preoccupazione e allarmismo a seguito soprattutto di pregiudizi o di vera e propria disinformazione.
A partire dal nome della malattia. Come spiegato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, il termine "vaiolo delle scimmie" non andrebbe utilizzato perché legittima etichette e battute razziste sull'origine geografica della malattia.
Inoltre, come abbiamo visto, nonostante sia stato evidenziato da tempo nella letteratura scientifica che i vettori del virus sono principalmente i roditori, l'appellativo "vaiolo delle scimmie" dà una rappresentazione fuorviante della sua origine animale.
Per questo il 28 novembre 2022 l'OMS ha richiesto l'utilizzo del nome "Mpox" anziché "vaiolo delle scimmie" (monkeypox) al fine di contribuire a ridurre lo stigma associato sia all'origine geografica della malattia, sia alla percezione distorta della sua provenienza zoonotica.
Per quanto riguarda altri pregiudizi, sui social il nome della malattia è stato, in alcuni casi, storpiato nel termine "gayolo" per insinuare che l'Mpox potesse infettare esclusivamente individui omosessuali, bisessuali o transessuali. Al contrario, il virus può colpire chiunque, indipendentemente dall'orientamento sessuale.
Etichettare una malattia infettiva in maniera discriminatoria non è soltanto un errore sul piano etico ma può anche ostacolare le azioni volte a contenere e prevenire la sua diffusione. "Poiché l'omosessualità è considerata illegale nella maggior parte delle nazioni africane, molte persone potrebbero esitare a rivelare di essere state infettate", ha dichiarato il dottor Dimie Ogoina.
In rete è stata inoltre diffusa la notizia che l'espansione del virus potrebbe portare l'OMS a imporre un nuovo lockdown come quello dichiarato per il Covid-19.
L'informazione è ovviamente falsa ma se vogliamo impedire che, in un futuro prossimo o lontano, si realizzino di nuovo tali scenari, è necessario agire con maggiore tempestività e continuare a investire sulla ricerca e sulla prevenzione.
Per saperne di più
Federazione Nazionale Ordini Veterinari Italiani