Entro il 2100 osserveremo una perdita del 9% dei servizi ecosistemici, ovvero di tutti quei servizi offerti dalla natura, sfruttabili a proprio vantaggio dall'uomo e suddivisibili in quattro categorie: culturali, di supporto, di approvvigionamento e di regolazione. E' quanto emerge da uno studio pubblicato nel 2024 su Nature (Bastien-Olvera, B.A., Conte, M.N., Dong, X. et al. Unequal climate impacts on global values of natural capital).
Secondo l'articolo, infatti, il cambiamento climatico sta infatti andando ad alterare quei complessi equilibri che regolano gli ecosistemi e, di conseguenza, tutta una serie di benefici, di mercato e non, che da essi otteniamo. Insomma: più il cambiamento climatico aumenta, più questi servizi diminuiscono.
Natura ed economia, concetti correlati
Se perdiamo capitale naturale, perdiamo il beneficio economico che da esso deriva. Di conseguenza, i Paesi che maggiormente basano la loro ricchezza su di esso saranno quelli a risentirne di più. In particolare stiamo parlando dei Paesi a basso reddito: è stato infatti stimato che il 50% dei Paesi più poveri dovrà sopportare il 90% dei danni al PIL, contro un 2% di danno sostenuto dal 10% dei Paesi più ricchi.
Ciò si rifletterà inevitabilmente in un'ulteriore esasperazione del divario economico già presente. E' importante sottolineare che i risultati ottenuti dallo studio sono di tipo conservativo e rispecchiano quindi, contestualmente, il migliore degli scenari: non sono infatti stati presi in considerazione i disturbi negli ecosistemi derivanti da incendi e attacchi fitofagi (ovvero attacchi alla vegetazione da parte degli insetti).
Inoltre, il soggetto della ricerca era limitato agli ecosistemi terrestri, in particolare a foreste e praterie; tuttavia, solo il valore degli affitti forestali è noto, non quello cumulativo dei due biomi, che si stima quindi essere maggiore. Infine, lo studio ha preso in considerazione solo una frazione dei servizi ecosistemici effettivamente fruibili.
Cambiamento climatico significa spese crescenti
Ma le conseguenze economiche non si fermano qui. Uno studio pubblicato dal Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC) ha infatti dimostrato come il costo dei cambiamenti climatici aumenterà in Europa seguendo un gradiente crescente nord-sud, in particolar modo per quanto riguarda le spese sanitarie, alimentari ed energetiche delle famiglie. Tutto questo andrà di pari passo a una diminuzione del reddito e a un inevitabile incremento della fascia di popolazione a rischio povertà.
Saranno soprattutto le spese sanitarie a subire un incremento: l'aumento delle temperature è infatti associato a svariate patologie di natura cardiovascolare, respiratoria e infettiva e a un conseguente aumento delle ospedalizzazioni, in particolar modo tra le categorie più vulnerabili: bambini e anziani. A tal proposito si stima una perdita, tra Unione Europea e Regno Unito, di 36 miliardi di euro se la temperatura dovesse aumentare di 1.5 gradi centigradi, 65 miliardi con un aumento di 2 gradi e oltre 122 miliardi con un aumento di 3 gradi. Oltre l'80% di queste perdite sarebbero nel sud dell'Europa.
Particolarmente impattanti saranno anche le conseguenze sulla salute mentale derivanti dagli eventi meteorologici estremi: i costi annuali per trattare la depressione conseguente a eventi di inondazioni costiere potrebbero raggiungere, in Europa, tra gli 1.0 e gli 1.4 miliardi all'anno se la temperatura dovesse aumentare di quattro gradi entro il 2071-2100, e tra gli 0.8 e 1.1 miliardi all'anno se dovesse aumentare di tre gradi.
Le famiglie europee dovranno andare incontro anche a un aumento delle spese alimentari, sia a causa degli impatti diretti che il cambiamento climatico avrà sull'agricoltura nell'UE, sia per quelli indiretti che avrà nei paesi dai quali importiamo prodotti alimentari. Sarà il sistema agricolo dell'Europa meridionale a subire i danni maggiori, con una riduzione della resa agricola del 10% in uno scenario di aumento della temperatura di 4 gradi centigradi e una riduzione complessiva del 7% per L'UE e il Regno Unito. Anche la produzione di grano registrerà le maggiori perdite nell'Europa del sud, con riduzioni fino al 49% entro il 2050.
In queste zone l'aumento delle temperature porterà anche a un progressivo abbandono dei terreni coltivati.
Più le condizioni esterne mutano, più la necessità di adattamento cresce. Ad esempio, un aumento delle temperature è correlato a un aumento delle probabilità di installare un impianto di condizionamento nelle nostre case. In media, le case che ne sono dotate sostengono un costo energetico maggiore del 42% rispetto a quelle che non lo sono. Risulta quindi evidente come anche i costi energetici possano subire un incremento.
Valutazioni difficili per sistemi complessi
Risulta estremamente difficile studiare il rapporto tra cambiamento climatico e danni agli ecosistemi: a tal proposito è indispensabile l'utilizzo di un approccio multisettoriale che tenga conto delle scienze biologiche, ecologiche, economiche e sociali. L'integrazione di differenti branche della scienza risulta fondamentale per poter comprendere una problematica del genere, ma reca con sé tutta una serie di limitazioni che vanno tenute in considerazione nell'interpretazione dei risultati.
Questi studi potrebbero però essere utili nella definizione di politiche atte a mitigare gli effetti del cambiamento climatico, in particolar modo per quanto riguarda quelle misure volte a diminuire le crescenti disparità economiche, sia per quanto riguarda la perdita di servizi ecosistemici e la conseguente diminuzione del prodotto interno lordo, sia per quanto riguarda l'aumento dei costi di vita.
Per approfondimenti:
Centro Euro-Mediterraneo sui cambiamenti climatici - CMCC Foundation