Ramariopsis pulchella, fungo corallino della lettiera dei boschi, stupisce per la sua eleganza e il suo colore cangiante; non ha alcun interesse alimentare, ma per un'escursione naturalistica autunnale è un soggetto di straordinario valore estetico e fotografico. La specie è molto rara ed è considerata minacciata a livello europeo, pertanto il fatto di essere stata trovata nel Parco naturale dell'Alta Val Borbera rende ancora più grande il valore delle aree protette appenniniche.
La specie appartiene alla Famiglia delle Clavariaceae, all'interno della quale sono comprese le più note "manine" (Genere Ramaria), collocate dai tassonomi nell'Ordine delle Aphyllophorales. Quando venne per la prima volta descritta, nel 1887, fu chiamata da Jean Louis Émile Boudier Clavaria pulchella in virtù della sua bellezza, nel 1950 poi Edred John Henry Corner, micologo e botanico inglese, cambiò il nome trasferendola nel Genere Ramariopsis.
Il nostro grazioso "corallo viola", che costituisce il "corpo fruttifero" di un micelio sotterraneo assai più ampio, è distribuito in tutti i continenti anche se comunque raro ed è saprofita: decompone, mineralizzandolo, materiale organico morto quale legno e lettiera.
L'importanza dei funghi nel contesto della vita sulla Terra è troppo spesso trascurato; senza di loro (e senza i batteri) il materiale organico morto si accumulerebbe a dismisura, l'humus, essenziale per la vita, non si formerebbe e le piante superiori non potrebbero assorbire con le radici le sostanze minerali presenti nel terreno e per loro indispensabili.
Per comprendere e divulgare i complessi equilibri del nostro ambiente, da anni l'Ente di gestione delle Aree protette dell'Appennino piemontese, avvalendosi di preziose collaborazioni col mondo universitario e della ricerca scientifica, offre annualmente escursioni micologiche rivolte al pubblico.
*Sono nato nel 1972 a Genova . Lì sono cresciuto (se così si può dire, almeno anagraficamente) e mi sono laureato in Lettere moderne. Da quell'incredibile città verticale il mio cuore, i miei occhi, il mio obiettivo fotografico spesso erano rivolti a quei monti dietro casa che presto sarebbero diventati il mio luogo di lavoro. La città di Eugenio Montale e di Giorgio Caproni confina infatti col Parco naturale delle Capanne di Marcarolo, un Parco dai panorami sublimi, un Parco piemontese da cui si vedono il mare, la Corsica, l'arco alpino, dalle Alpi Liguri alle Giulie e le Apuane. Un'area naturale protetta sconosciuta ai più, uno scrigno di Natura da scoprire, anche per chi come me, da trent'anni, ha la fortuna di viverla come Guardaparco. Fin da ragazzo, ho coltivato un'inguaribile passione per la natura che ho sempre cercato di documentare attraverso la fotografia. Amo soffermarmi sui dettagli, sui particolari dei fiori, soprattutto delle orchidee, protagoniste del libro fotografico "Orchidee spontanee tra Marcarolo, la Val Lemme e il Piota", scritto insieme al professor Enrico Martini nel 2010.