Le Aree naturali protette raccontano molte storie. A volte di difficoltà di percezione da parte dei territori, in cui la comunità vive l'istituzione di un parco naturale come l'imposizione di vincoli e divieti.
A volte come come investimento sul futuro, in cui la tutela della biodiversità ha un valore in sè, in grado di travalicare confini territoriali e temporali. E può addirittura acquisire un ruolo sociale.
Per questo, per la Giornata del giornalismo costruttivo - che ricorre ogni anno il 3 maggio in cui si celebra in tutto il Mondo la Giornata Internazionale della Libertà di Stampa e che vede il coinvolgimento di giornalisti, redazioni e testate nazionali e locali (tra cui la nostra!) organizzate per portare sui media la loro attività al servizio di un giornalismo più positivo per accrescere il suo ruolo a servizio del benessere della società - abbiamo deciso di raccontarvi la storia di un 'compleanno' speciale: quella del Bosco delle Sorti della Partecipanza di Trino.
La storia della Partecipanza
Il 28 ottobre 1275 Trino Vercellese, antico dominio dei marchesi di Monferrato, si pose sotto la protezione del Gran Marchese Guglielmo VII sottraendosi così all'egemonia vercellese. Nello stesso anno il Gran Marchese concesse il Bosco di Trino in comune proprietà ai trinesi affinché potessero utilizzarlo per ricavarne la legna necessaria alle loro famiglie. Da allora, ogni anno, viene compilato e pubblicato il "quinternetto", l'elenco nominativo dei soci-partecipanti che possono estrarre le "sorti" da fruire e dalle quali prende il nome il Bosco.
Le antiche ma tuttora attuali regole scritte che individuano gli aventi diritto e disciplinano la gestione del Bosco si tramandano all'interno dei successivi statuti. Alcuni princìpi ne costituiscono le fondamenta: al partecipante "avente casa aperta" in Trino, ossia che abita a Trino, sono accordati due quartaroli; al partecipante che non ha casa a Trino, detto per questo motivo "forese" (oppure che risiede a Trino ma convive con altri), è accordato un solo "quartarolo".
Ma andiamo per ordine. L'intero Bosco è suddiviso in dieci prese di taglio: la Costa al sole, la Ramezzana, la Rombinella, la Osari, la Costa dell'Ombra, la Paludi di mezzo, la Rolassa, la Crocetta, la Termini e la Cantone. Ogni anno una delle prese cade in turno di taglio, quella che si chiama "tagliata". La tagliata viene quindi perfezionata in forma quadrata e poi divisa in due parti, a "sera" e a "mattina", sono proprio queste le esatte denominazioni tramandate nei secoli. Ciascuna delle due parti è poi ripartita in dodici fasce dette "senarie" individuate con tacche nere "a sera" e tacche rosse "a mattina" su paletti di legno infissi nel terreno, un agile metodo medievale adatto anche a chi non sapeva leggere.
Ogni senaria si suddivide poi nelle "sorti" o "punti", il cui numero varia negli anni. A sua volta ogni "sorte" è ripartita in quattro aree dette "quartaroli": una sorte intera di bosco corrisponde dunque a quattro quartaroli, mezza sorte a due quartaroli.
Tutti gli anni, prima delle feste natalizie, i partecipanti sono chiamati a estrarre la "sorte", vale a dire la zona dove ciascun socio avrà il diritto di utilizzare uno o due quartaroli di ceduo.
L'abbattimento del ceduo è fissato di norma entro il 31 marzo ma devono essere escluse dal taglio le matricine dette "quinte", ossia le nuove piccole piante, contrassegnate in rosso, che garantiscono lo sviluppo di un appropriato numero di alberi d'alto fusto. Lo sgombero della legna, tempo permettendo, è fissato entro il 30 aprile.
I lavori di un tempo nel Bosco
Accanto alla normativa plurisecolare è interessante esaminare quello che erano i lavori di un tempo, cadenzati dal ritmo stagionale che da gennaio a dicembre, agosto escluso, impegnava i partecipanti. Si faceva provvista di "tortie", ad esempio, cioè delle piantine di almeno tre anni utilizzate per la legatura delle fascine, si tagliavano le capitozze, una tecnica di potatura che consiste nel taglio dei rami sopra il punto di intersezione con il tronco o un altro ramo principale, si operava lo scalvo, ossia si tagliavano i rami laterali lasciando il solo cimale, la cima della pianta, per ottenere fascine "tarini" e bastoni "rottondini". Le ceppaie delle querce abbattute erano recuperate e successivamente venivano riempite le buche lasciate dalle loro radici, si tagliava l'erba e si predisponeva la presa in turno di taglio. Con i biancospini, i "bossoloni", si confezionavano fascine spinose talora concesse alle famiglie povere dei non-soci.
Le trasformazioni del passato
La comunanza di interessi e l'amministrazione collettiva hanno tutelato il Bosco delle Sorti della Partecipanza dalla trasformazione agricola che ha segnato la fine della vasta area boschiva del basso vercellese. Infatti, nel tempo, si contano solo tre limitati interventi: nel 1593 175 ettari furono trasformati in campi e vigne, nel 1868 14 ettari vennero trasformati in risaia e nel 1955 7 ettari, lungo il Rio Lamporo, divennero un pioppeto.
Alcune nubi si addensarono sul Bosco a partire dagli anni Cinquanta del Novecento quando divenne la fonte primaria di reddito della Partecipanza provocando un progressivo squilibrio dell'ecosistema boschivo a spese, soprattutto, delle querce e a tutto vantaggio della robinia. A partire dalla metà degli anni Settanta dell'Ottocento fu prodotto in sempre maggiore quantità il legname da "focaggio", ricavato anche da piante deperenti e infruttifere e ridotto in pezzi detti "zucchetti"; l'esotica robinia fu introdotta nel Bosco in quell'epoca proprio per migliorare la produzione di legna da ardere
Così furono necessarie delle innovazioni anche a garanzia dello sviluppo vegetativo della selva e per una maggiore tutela del sottobosco ceduo e le prese da destinare al taglio furono poste in una rotazione ciclica ventennale anziché decennale.
Il Bosco oggi, un parco naturale aperto al pubblico
Attualmente il Bosco delle Sorti di Trino, amministrato dalla Partecipanza dei Boschi, fa parte del Parco naturale del Bosco della Partecipanza e delle Grange vercellesi, in capo all'Ente di gestione delle Aree protette del Po piemontese edè inserito nella Rete europea Natura 2000, conta oltre 500 ettari e 220.000 alberi ed è un bosco da seme per la raccolta da 11 specie arboree.
Il Bosco è custode di orchidee selvatiche, è iscritto al Catalogo Nazionale dei Paesaggi Rurali Storici ed è parte della Foresta condivisa del Po piemontese. Grazie all'impegno che gli ottocento partecipanti dedicano al rispetto del Piano di gestione forestale naturalistica - la Partecipanza ha ottenuto il riconoscimento di sostenibilità in conformità agli standard internazionali FSC (Forest Stewardship Council) - il Bosco delle Sorti perpetua la sua identità primigenia di querco-carpineto planiziale: un bosco di pianura composto principalmente da farnia e carpino bianco e localmente da macchie di ontano nero, a cui si associano in maniera variabile il frassino maggiore, l'olmo campestre e ciliato nelle zone più fresche, la rovere, l'acero campestre, il ciliegio e il ciavardello in quelle più asciutte.
I grandi alberi della Partecipanza sono pertanto, in un certo qual modo, imperturbabili testimoni della foresta originaria che ricopriva la Pianura Padana. Nel periodo romano quella selva era parte di un bosco sacro alla divinità, si pensa ad Apollo e quindi protetta a fini cultuali. Per i Latini silva era la foresta, lucus la radura, nemus il folto della vegetazione e luci sacri i luoghi abitati dagli dei, gradazioni di significato che esprimevano il suo valore intrinseco.
Il Bosco delle Sorti della Partecipanza di Trino è un luogo aperto al pubblico e al suo interno sono presenti delle strutture ricettive: Cascina Guglielmina offe la possibilità di soggiornare a scuole, gruppi organizzati e famiglie e può essere sede di iniziative culturali, sportive, didattiche e cerimonie private, ha luoghi attrezzati per la sosta e per il gioco dei bambini come il rifugio Crocetta e il rifugio Termini e una fitta rete di strade percorribili e segnalate.
Per informazioni
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Per approfondire
Due secoli di vita forestale nel bosco delle sorti della partecipanza di Trino, di Franco Crosio e Bruno Ferrarotti, edito a cura del Comune di Trino.
Il respiro del Bosco di Trino guarda al futuro (da Piemonte Parchi del 26/4/2021)