Dal promontorio della penisola di Giens, in Francia, passando per la Costa Azzurra, la Liguria e giù fino al Fosso di Chiarone nella Toscana settentrionale: oltre 2mila chilometri di litorale affacciati su un'ampia porzione d'alto mare che abbraccia la Corsica e arriva fino alle Bocche di Bonifacio, a nord della Sardegna. E' il Santuario Pelagos per i mammiferi marini, un unicum nel panorama giuridico: un'area protetta vasta 87 mila 500 chilometri quadrati frutto di un accordo fra tre Paesi: Italia, Francia e Principato di Monaco.
Il Santuario: un sogno cominciato 35 anni fa
Era la metà degli anni Ottanta e le spadare facevano strage di capodogli nelle acque al largo del ponente ligure (ma non solo). L'Istituto Tethys, organizzazione senza scopo di lucro per la conservazione dell'ambiente marino, nata nel 1986, fu la prima a proporre l'idea di un'area protetta nella zona che le sue ricerche indicavano come "strategica". Con il coinvolgimento di altre organizzazioni non governative, nel 1999 nacque il Santuario con un obiettivo: tutelare i mammiferi marini e il loro habitat in tutto il bacino franco-corso-ligure, un angolo di Mediterraneo straordinariamente ricco di biodiversità popolato da otto specie di cetacei attratti dall'abbondanza di pesci, cefalopodi.
Una incredibile biodiversità: tutte e otto le specie di cetacei che vivono nel Mediterraneo passano da qui
La maggior parte delle balenottere comuni del Mare nostrum, all'epoca stimata in un migliaio (oggi probabilmente meno), transita da qui tra giugno e ottobre insieme a stenelle, tursiopi, delfini comuni, grampi, zifii globicefali e capodogli. "Quando abbiamo cominciato, trentacinque anni fa, sembrava un'utopia", racconta Maddalena Jahoda, biologa e divulgatrice scientifica, direttore della comunicazione scientifica di Tethys. Oggi, l'Istituto cui si deve la nascita del Santuario compie 35 anni, ha all'attivo più di 500 pubblicazioni scientifiche e un importante lavoro di divulgazione, mentre continua le sue ricerche su un terzo dell'area protetta, nella zona del Ponente ligure.
Collisioni, inquinamento acustico, plastiche: i nodi irrisolti e gli ultimi dati
"L'istituzione del Santuario sulla carta è stata un traguardo – prosegue Jahoda – Molte cose sono state fatte, ma siamo ancora lontani dal paradiso per cetacei". Tra le iniziative di tutela ci sono il divieto alle competizioni con mezzi veloci a motore, o all'uso delle spadare, le lunghissime reti derivanti come strumento di pesca professionale. Ma la pressione antropica resta forte: dal traffico marittimo, commerciale e non, all'inquinamento acustico o chimico fino alla plastica (con una probabile recrudescenza in tempo di pandemia). Problemi dai quali anche il Santuario non è immune e che impattano sui grandi mammiferi marini.
Barche sempre più veloci: Codamozza, Mezzacoda e gli altri
Sarà capitato a tanti di pagaiare su kayak lungo la costa ligure, godendosi la lentezza e il magico incontro tra terra e mare. Chi solca queste acque su navi commerciali, ma anche su imbarcazioni e altri mezzi acquatici da diporto, opta invece per la velocità che è tra le prime cause delle collisioni registrate ai danni dei grandi cetacei (balenottera e capodoglio). Secondo gli ultimi dati raccolti da Tethys, in un progetto di ricerca finanziato dall'Accordo Pelagos, nel Santuario sono stati censiti 143 cetacei con varie ferite e segni di impatti con imbarcazioni. "Le collisioni sono una delle più gravi cause di mortalità non naturale per questi animali", commenta ancora Jahoda, che ricorda gli ultimi casi saliti agli onori delle cronache: Codamozza, la balenottera comune che ha vagato per tutto il Mediterraneo completamente senza coda per scomparire poi nel Santuario, e Mezzacoda, un'altra balenottera con quasi tutta la coda mancante avvista nell'agosto scorso.
Code nel buio, ritratto di capodoglio. Una mostra itinerante
"Si potrebbero chiamare uno a uno per nome, i grandi mammiferi marini del Santuario, perché ognuno è diverso e ben riconoscibile – prosegue Maddalena Jahoda, che della bellezza della specificità individuale ha fatto una mostra itinerante ritraendo le code dei 50 capodogli avvistati più spesso da Tethys nel Santuario. La mostra si chiama "Code nel buio": cinquanta tempere di 30x40 che giustapposte formano un grande quadro. "Basta che anche solo un individuo venga meno, e il quadro non è più lo stesso".
Il rumore (assordante) del mare
Altro tema critico riguarda l'inquinamento acustico, strettamente connesso alle attività antropiche, prima di tutto al traffico marittimo. "Ognuna delle centinaia di migliaia di imbarcazioni in navigazione nei mari di tutto il mondo produce rumore a bassa frequenza che si propaga per decine di chilometri – Spiega Sabina Airoldi, direttore del Cetacean Sanctuary Research (CSR) di Tethys - E poi ci sono i suoni impulsivi, legati alle attività militari che utilizzano i sonar, o alle attività industriali, alle esplorazioni minerarie ai lavori sulla costa. Un grande problema per i cetacei che con i suoni cacciano, si riproducono, comunicano l'esistenza di un pericolo o, al contrario, di cibo". In questo inventario non si può non citare la plastica. I capodogli tipicamente possono ingoiare grossi pezzi di plastica, mentre le balenottere, grandi filtratori d'acqua, sono "catalizzatori" di microplastiche, pezzetti inferiori ai 5 millimetri. In entrambi i casi con effetti nocivi, se non mortali, per gli animali.
Piccoli biologi marini crescono
Elementi di criticità su cui anche la sensibilizzazione dell'opinione pubblica può fare molto. Tethys sostiene i suoi due progetti, quello nel Santuario che fa base a Sanremo, e un altro in Grecia, grazie alla partecipazione di chiunque sia pronto a vivere una settimana in mare alla scoperta dei cetacei. A volte anche con grandi risultati, come l'avvistamento, l'estate scorsa, di un gruppo di grampi, delfini della specie Grampus griseus, che non si vedevano da cinque anni nell'area di studio dell'Istituto. Per chi non avesse ambizioni scientifiche ma volesse fare whale watching in sicurezza per gli animali, può consultare un elenco di operatori disponibile sul sito del Santuario. Capire il perché della sparizione e del ritorno dei grampi in una zona leggermente più a est, sarà oggetto di approfondimenti per i ricercatori, ma intanto si festeggia questo inatteso ritorno. "Non siamo solo noi a poter aiutare i grandi cetacei, ma è vero anche il contrario. Ad esempio possono essere i nostri migliori alleati contro il cambiamento climatico perché fertilizzano il mare", aggiunge Maddalena Jahoda. Una ragione in più per impegnarsi tutti nella loro tutela.
Identikit del Santuario
Anno di nascita: Il 21 febbraio 2002 entra in vigore l'Accordo Tripartito Pelagos, dopo ratifica da parte dei tre paesi firmatari (Francia, Italia, Principato di Monaco). L'atto era stato depositato nel 1999.
Confini: Punta Falcone, nella Sardegna nord-occidentale, Capo Ferro, nella Sardegna nord-orientale, la foce del Fosso Chiarone, al confine fra Toscana e Lazio e la penisola di Giens, in Francia
Comuni interessati: 241 Comuni, di cui 129 in Francia, 111 in Italia e il Principato di Monaco. Per l'Italia, in particolare, sono coinvolti i Comuni costieri di Liguria, Toscana e Sardegna settentrionale.
Estensione: 87.500 chilometri quadrati con 2.002 chilometri di coste. Comprende zone costiere e vaste aree d'alto mare, con fondali che raggiungono i 2.500 metri di profondità.
Biodiversità: sono censite più di 8.500 specie di animali microscopici, una straordinaria ricchezza dovuta alle caratteristiche chimico-fisiche indotte dalla morfologia della costa e alla circolazione delle acque.
Cetacei presenti: nel Santuario sono presenti otto specie di mammiferi marini: balenottera comune, capodoglio, zifio, globicefalo, grampo grigio, tursiope, delfino comune, stenella striata. Del tutto occasionali sono megattera, orca, pseudorca.
Attività con i cetacei: Oltre alle uscite di Tethys, di 6 giorni, si possono fare uscite di whale watching in giornata. Esiste un elenco di operatori "certificati", che fanno cioè escursioni sostenibili e nel rispetto degli animali, a questo link.
Cosa è vietato: competizioni con mezzi veloci a motore, catturare o turbare intenzionalmente la quiete dei cetacei. La pesca professionale con grandi reti derivanti.
Consigli di lettura
Maddalena Jahoda, Balene salvateci! I cetacei visti da un'altra prospettiva (Mursia 2020, Pagg. 282)
Perché le balene possono essere le nostre migliori alleate contro i cambiamenti climatici.
Barbara Cappi, Grazia Giardiello, Balene. Una storia d'amore, vertigini, miracoli e balene (Giunti 2020, Pagg. 192)
Claudio Venturelli, Guido Pietroluongo, Il Santuario dei cetacei. Crociera nel mar ligure con balene, delfini e capodogli (Historica Edizioni 2018, Pagg. 150)
Alla scoperta dei "giganti del mare" con gli operatori di Tethys: cosa ci lega a questi straordinari animali?
Luis Sepúlveda, Storia di una balena bianca raccontata da se stessa (Guanda 2018, pagg. 107)
Sono i balenieri a raccontare finora la storia della temutissima balena bianca, ma finalmente è lei a prendere la parola e a far giungere fino a noi la sua voce antica come l'idioma del mare.
Maddalena Jahoda, Le mie balene. I cetacei del Mediterraneo visti da vicino (Mursia 2007, pagg. 152)
Con un linguaggio scorrevole e a volte ironico, l'autrice racconta le storie dei tanti cetacei che ha incontrato e studiato nelle sue numerose spedizioni in mare.
Per ragazzi
Daria Bertoni, Libera, un'amica tra le onde (Mondadori 2020, pagg. 180)
L'avventura marina della piccola Alice a bordo Calipso. Due genitori distratti e una balena per amica, da salvare insieme al suo piccolo.