Il paese fu fondato per volere di Vercelli intorno al 1270 come borgo franco in un luogo occupato precedentemente convogliandovi gli abitanti degli insediamenti vicini che così furono abbandonati. In questa decisione deve aver avuto una qualche influenza oltre alla possibilità di un migliore controllo sui turbolenti signorotti locali anche una maggiore disponibilità idrica considerando la mancanza di corsi d’acqua e di sorgenti nell’ultimo tratto dell’anfiteatro morenico che è caratterizzato invece dalla presenza di una bella quantità di sassi. Oltre il canale di Villaneggia, oggi è un’area scarsamente antropizzata di boschi e colline che nasconde ben celate le rovine di un passato dimenticato e perduto.
Poco prima (arrivando da Torino) del concentrico una deviazione su sterrato sulla destra conduce alla chiesa romanica di San Michele (1050-1075). Conserva gli affreschi più antichi della zona risalenti al XII secolo. La pieve, è tutto quanto rimane del borgo di Clivio. Del castello della torre non c’è più traccia.
Tre chilometri oltre il paese, lungo la provinciale per Caravino un polveroso stradello a sinistra conduce a Santa Maria della Cella al primo bivio sulla destra in poche centinaia di metri permette di raggiungere la chiesa di San Barnaba dal tetto sfondato.
Tornando indietro in breve si perviene al santuario. L’edificio è di origini recenti, come le numerose cappelle della Via Crucis ma si possono osservare i pochi resti di una chiesa più antica quando in questa zona insisteva il villaggio di Meoglio.
Prendendo poi la strada di destra fiancheggiata da altre cappelle proseguendo per pochi minuti sul sentiero di destro si giunge al sito della “Madonnina” una statua in cima ad una colonna, alcuni pilastri di mattoni e un curioso edificio all’apparenza un “ciabot” agricolo, ma con alcune singolarità architettoniche che danno da pensare.
Ripresa la provinciale si continua oltrepassando alcuni capannoni. Uno sterrato a sinistra aggira l’impianto e svoltando a destra perviene ai ruderi di Santa Maria d’Areglio. Dell’edificio in rovina che minaccia ulteriori crolli restano l’arco absidale e una serie di archi. Oltre ai muri sbrecciati. In loco è conosciuta come Gesiassa (chiesa grande). Un tempo fu chiesa importante, riferimento del villaggio distrutto nel 1417 dal Duca Amedeo VII di Savoia che lo fece abbattere a causa delle ribellioni del feudatario locale Antonio Tizzoni.
Ripresa la via, appena prima della Bocca d’Arbaro girando a destra sulla stretta pista si va dapprima ad un'altra chiesa romanica quella di San Dalmazio luogo di culto del perduto borgo di Erbario. La strada asfaltata conduce invece sulla sommità della collina (il Bric del Monte). Poco prima del ripetitore televisivo, un sentiero porta alla sommità della collina dove si trovano ruderi di ambienti e muraglie attinenti a un fortilizio antecedente all’anno mille di cui poco o nulla si conosce. Attribuzioni Longobarde relative a possibili sbarramenti difensivi sono state recentemente riviste.
Ultime tappa la collina di Lusenta con la “misteriosa “Pera Conca”. Si va a sinistra dopo il valico e seguendo il sentiero dell’anfiteatro attraversata la zona delle “vigne” semiabbandonata si scavalca il cordone morenico e si prende il primo sentiero che sale sulla sinistra. Si trascura uno strabello a destra e per una traccia di sentiero si perviene alla “Pera” che oltre che la vasca centrale presenta numerose coppelle.
Piemonte Parchi
Castelli e chiese a Borgo d’Ale
Borgo d’Ale è per antonomasia il paese delle pesche, celebre tra tutte la” Bella di Borgo d'Ale” una varietà autoctona a pasta bianca inconfondibile per i suoi aromi
- Aldo Molino
- ottobre 2013
- Martedì, 11 Marzo 2014