Il nostro cammino comincia in Val Vigezzo, una delle sette valli che si biforcano dalla Val d'Ossola e che mettono in comunicazione l'Italia con la Svizzera.
Da Malesco, si segue la strada per la Val Loana, fino a raggiungere il parcheggio a Fondo li Gabbi. Dopo aver lasciato l'auto, si attraversa il Rio Loana, e si continua per un sentiero che si dirige verso il fondo valle, dove inizia una rapida salita nel bosco. Superati i resti delle antiche fornaci a quota 1340 mt., si prosegue sulla mulattiera e si giunge, dapprima all'Alpe Cortenuovo, e poi all'Alpe Scaredi, a quota 1841 mt., qui si trova un edificio comunale ristrutturato dal Parco nazionale Val Grande, usufruibile come bivacco.
Oltrepassando la porta di confine dell'Alpe Scaredi, si intraprende la discesa dentro il parco, su una via che brilla di purezza violenta: adesso la vista si spalanca, oltre le nuvole, su un orizzonte immenso.
Le tracce da seguire sono meno evidenti rispetto prima, ma lo stesso percepibili e permettono di avere una visione sconfinata su vette di incomparabile bellezza, su cui è impossibile non restare affascinati.
Il sentiero continua poi lungo un comodo sentiero fino a raggiungere un ponte di fondovalle che precede il grande prato di 'In la Piana'.
Lungo il tragitto, nei mesi primaverili, è facile incontrare pozze d'acqua color smeraldo, da dove, tra rupi irregolari e magnifiche scendono cascate cristalline. L'acqua che precipita giù dalle rocce in un flusso costante è retaggio dell'inverno passato e ci ricorda ancora il calore della neve.
La Val Grande
La Val Grande oggi è un luogo ormai dimenticato dalla civiltà, non vi sono più strade, né abitazioni o insediamenti. Non molto tempo fa però questo territorio era molto diverso e lo si deduce ancora da alcuni casolari, ormai completamente in rovina, che si ritrovano lungo il percorso.
Queste zone furono abitate dall'uomo per oltre cinque secoli, soprattutto nel Novecento vissero un periodo di massima antropizzazione. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, invece, vari pastori e boscaioli iniziarono ad abbandonare la valle. Da allora la natura riprese il sopravvento, tanto che nell'arco di mezzo secolo, le montagne sono tornate selvagge come all'origine del mondo.
E' importante ricordare che la Val Grande fu spettatrice di crudeli rastrellamenti durante la Resistenza, dove vennero uccisi centinaia di partigiani che proprio in questi argini avevano trovato riparo. Dall'11 giugno al 1 luglio del 1944, si verificarono atti di feroce violenza da parte dei reparti speciali antiguerriglia delle SS con torture, fucilazioni di civili e partigiani. Alla fine del rastrellamento si calcolarono circa 300 partigiani uccisi, 208 baite incendiate, 50 case distrutte.
L'eco di questi tristi episodi, ancora impressi nella memoria delle popolazioni locali, sono stati fonte di ispirazione per lo scrittore novarese Luca Ottolenghi, che ha pubblicato lo scorso anno, per Iemme Edizioni, il bel romanzo: "Questa terra".
Un territorio raccontato nel romanzo 'Questa terra'
Il libro ha un intreccio avvincente che si snoda, secondo uno schema classico, lungo tre diverse generazioni: il periodo della resistenza partigiana, gli anni di piombo e i giorni del G8 di Genova.
Il protagonista è Francesco Bassano, un ragazzo che, dopo un lutto familiare, parte dalla città in cui vive per raggiungere lo zio materno, stabilitosi da anni in mezzo ai boschi. Proprio qui scoprirà di essere il nipote di un partigiano che si era rifugiato nella valle durante la Resistenza. Frank, chiamato così dagli amici, seguendo il richiamo della "Grande Foresta", insieme a un altro ragazzo conosciuto nel posto, si immergerà nella natura più selvaggia, dove troverà le giuste intuizioni per scoprire i segreti della sua famiglia, e per cogliere la parte più autentica di se stesso.
I colori e le visioni della montagna si mescolano abilmente, tra passato e presente, in una storia ricca di colpi di scena, permettendo al lettore di vivere, con grande partecipazione e coinvolgimento, alcune vicende del protagonista, dello zio e del nonno.
Il racconto si avvale di una deliziosa narrazione, che a tratti diverte grazie ad alcune scene rocambolesche e spassose, rivelandoci un mondo alpino silvestre, armonioso e primitivo, dove è ancora possibile ritrovare la nostra vera personalità, affidandoci a una spiritualità naturalistica.
"Questa terra" si è classificato al primo posto nella sezione dei romanzi, nel concorso "Illumina" indetto dalla SIAE e dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. E' un libro assolutamente da leggere, non solo perché ci aiuta a ricordare alcuni momenti storici che non andrebbero mai dimenticati, ma anche perché è in grado di mettere radici dentro di noi, spronandoci a una maggiore connessione con la nostra Madre Terra, dove regna una natura incontaminata.