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Gipeto, nuovo spazzino

Definito spregiativamente "Avvoltoio degli agnelli" era incolpato della perdita del bestiame in montagna e addirittura di rapire pastorelli al pascolo. Calunnia quanto mai infondata, poiché si tratta in un necrofago specializzato, cioè di un consumatore alla fine della catena alimentare. 

  • Testo e foto di Luca Giunti
  • Domenica, 10 Maggio 2020
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Gipeto in volo.  Gipeto in volo.


La storia del gipeto (Gypaetus barbatus) è esemplificativa del nostro rapporto con gli animali e il mondo naturale, nel bene e nel male. Anzi, prima nel male e poi nel bene. Diffuso sulle Alpi, sui Pirenei e su altre catene montuose, è stato accusato di essere la reincarnazione del Diavolo. L'aspetto non lo aiuta: occhi gialli cerchiati di rosso, barbetta caprigna, corpo enorme e colorato dal bronzo degli adulti al nero sporco dei giovani. Definito spregiativamente "Avvoltoio degli agnelli" era incolpato della perdita del bestiame in montagna e addirittura di rapire pastorelli al pascolo (una delle memorabili copertine disegnate della Domenica del Corriere ha contribuito non poco a questa leggenda). Calunnia quanto mai infondata, poiché si tratta in un necrofago specializzato, cioè di un consumatore alla fine della catena alimentare – alla fine, non in cima come i predatori – che si nutre di carcasse di animali morti per altre cause. Più ancora dei suoi cugini grifoni – che prediligono la carne – questo accipitride ricerca le ossa che talvolta lascia cadere da grandi altezze sulle rocce in modo da spezzarle ed estrarne il sostanzioso midollo.

A causa della cattiva reputazione è stato attivamente cacciato e sterminato sulle Alpi agli inizi del 1900. A partire dai successivi anni '70 un progetto internazionale iniziato in Austria ha coinvolto tutte le nazioni europee per diffonderlo nuovamente. Il centro di referenza italiano è presso il Parco delle Alpi Marittime e il monitoraggio coinvolge tutte le aree protette piemontesi. Un convegno nazionale avrebbe dovuto tenersi a marzo a Salbertrand ma è stato rinviato a causa del virus. Oggi, finalmente, non è infrequente vedere i gipeti improvvisamente sbucare dietro una cresta, sollevati come alianti dalle correnti termiche ascensionali che sanno sfruttare benissimo, con appena 6/8 chili distribuiti su un'apertura alare che tocca i 3 metri.

Chi è Luca Giunti*

Nato a Genova, dal 1987 abita a Susa dove lavora come guardiaparco per l'Ente di gestione delle Aree protette delle Alpi Cozie. Sposato, ha due figli ormai universitari.

Laureatosi in Scienze Naturali all'Università di Torino, dal 2018 è nell'Albo italiano dei direttori dei Parchi nazionali istituito presso il Ministero dell'Ambiente. Partecipa ai Progetti Life+ dell'Unione Europea (tra i quali il Life Wolf Alps) e collabora con l'Università e Politecnico di Torino per i quali tiene corsi di fotografia naturalistica, lezioni su ricerche naturali ed ecologiche, educazione ambientale e sulle Valutazioni di Impatto Ambientale.

Collabora con numerose testate giornalistiche , ha pubblicato articoli scientifici su riviste nazionali e internazionali e alcuni libri, soprattutto fotografici.

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